Fuoco di ghiaccio
Sono le 5.45 del 14 Gennaio e fa un freddo cane. Sto per salire a bordo del "Pitagora", il traghetto di cui sono comandante e con cui devo perlustrare il porto come ogni mattina. Ma oggi, oltre a questo dannatissimo freddo c'è anche una nebbia irreale. Assurda, irreale e fitta. Talmente tanto fitta che quando mi accingo ad attraversare la passerella che mi porta a bordo, intravedo a malapena Joy, il mio secondo. Il Pitagora, 45 metri di attrezzi vari, sonde, radar, ancore e tutti gli arnesi possibili ed immaginabili per operare in una zona costiera che stamane è pervasa da quella dannata nebbia che sembra calata per complicare le cose. Quando sono a bordo, vado subito sulla plancia per osservare la situazione che è così tetra, ma così affascinante. C'è solo un grigiore plumbeo da tutte le parti, mentre la luce dell'alba che si sta avvicinando è solo un velo misterioso e sinistro che rende tutto greve ed opprimente. Almeno questa mattina.
«Mi sembri più nervoso del solito» è Joy che mi ha raggiunto alle spalle e mi giro verso di lui. Un metro e novanta , ventisette anni e buono. Buono come il pane. Mi ha sempre obbedito ciecamente e io l'ho sempre rispettato come se fosse un fratello, anzi, molto di più. «No, Joy, il fatto è che stamane mi sento un mostruoso peso sullo stomaco. È come un vulcano che debba eruttare tutto l'odio ed il livore che nutro per lei. Fuoco e ghiaccio, vita e morte sono per me la stessa cosa: io la odio e tu sai perché. » «Capisco » riprende Joy abbozzando un timidissimo e discreto sorriso. « È in casa adesso? Sempre se non sono indiscreto. » Ed io: « No, non sei indiscreto, e per la verità quando mi sono svegliato lei non c'era come una delle tante volte .Tutte queste situazioni che si trascinano da mesi e mesi. Saprai anche , Joy, che stiamo per divorziare.» E lui : «Me ne hanno parlato i colleghi e non vorrei che ti sembrasse che...» «Ma figurati, riprendo io, quando c'è di mezzo una donna che ti combina giochi di questo stampo c'è ben poco da fare.»
Ma mi devo interrompere perché sento il rombo di una jeep: sono gli altri dell'equipaggio che stanno arrivando e dopo essere scesi vengono subito a bordo. «Salpiamo» ordino io , e poco dopo si inizia a udire un sordo rumore di fondo, mentre le ancore vengono levate e ci accingiamo lentamente a percorrere la traiettoria segnata dal radar poiché ad occhio nudo sarebbe impossibile muoversi. La luminosità lentamente inizia ad aumentare e rende tutte le sagome sinistre ed opprimenti. In tutti questi minuti io sono sempre rimasto in piedi sul ponte, mentre Joy si è allontanato verso la cabina di comando. Passano ancora altri minuti, credo siano pochi, ma non so come mai stamane sembrino un'eternità angosciante e senza fine: sembrerebbe che stia per essere rivelato qualcosa che è sempre stato nascosto. Sembrerebbe che quel sinistro vulcano di fuoco e di ghiaccio stia per eruttare nel mio cuore pieno di risentimento.
E mentre il freddo mi sta frustando con un sadismo efferrato, mi domando cos'altro ci sia da rivelare che non sia mai stato palesato prima , oltre al fatto che io venga sentimentalmente tradito da una donna che ha trasformato le notti e le albe in una torre di babele vergognosa e scandalosa. Mi balena per la testa un pensiero opprimente : "Ma guarda un'po' se quella mi deve combinare una cosa del genere." «Prendi un'po' di cioccolata calda?» È di nuovo Joy a qualche metro da me: «No, grazie, niente colazione.» «Okay» ribatte lui ed aggiunge: «Mai vista una nebbia del genere , navighiamo solo da pochi minuti, e sembra che siano passati secoli.» E ancora si rivolge a me e io mi giro di nuovo verso di lui : «Non vorrei che ti arrabbiassi, ma se domani sei sempre in queste condizioni morali, se vuoi imbarchiamo su qualche donna, lo sai com' è la situazione qui dai moli.» «Ma no, Joy, dai, cosa vuoi che me ne faccia.» « Capisco » ribatte Joy, e si dirige di nuovo in cabina dove ci sono anche gli altri sei.
Io sono rimasto sempre fuori, e intanto è praticamente giorno, ma la nebbia persiste in un modo semplicemente osceno e lugubre. Si intravedono appena le sagome delle altre imbarcazioni più distanti e nulla più. Non ero mai stato così fermo all'esterno per tutto quel tempo. Improvvisamente, Ray, un timoniere abilissimo, esce di corsa per venirmi incontro: «Stiamo per incrociarci con un'altro traghetto, l'abbiamo visto sul radar.» Poi detto questo rientra in cabina . Dovrei rientrare anch'io, ma non so perché continuo a restare lì. Passa qualche istante e dalla nebbia lentamente incomincia a evidenziarsi una sagoma nera che è quella dell'altro traghetto. Andiamo pianissimo, noi e loro. E man mano che l'altra imbarcaziane si avvicina, percepisco un vocio sul ponte di quel traghetto, vocio nel quale spicca una voce di donna.
Resto sempre fermo con le mani in tasca mentre la nostra imbarcazione passa a pochissimi metri dall'altra. Le sagome diventano sempre più chiare e il vocio sempre più nitido, mentre la nebbia, anche se è praticamente giorno regna sovrana. Continua l'incrocio a passo d'uomo, mentre io mi interseco visivamente con quel gruppetto dell'altra imbarcazione che poi in realtà è composto da due persone: e le vedo quasi chiaramente. L'uomo mi sembra di conoscerlo, dovrebbe essere un capitano di corvetta. Non riesco ancora a distinguere bene la donna che sta ridendo con lui, ma a questo punto ci stiamo intersecando a pochissimi metri ed adesso riesco a vederla bene in volto quella maledetta donna che quando mi sono svegliato non ho più trovato nel letto . Siamo quasi di fronte, tiro fuori le mani dalla tasca, le protendo verso l'alto, poiché lei mi ha visto e riconosciuto e le urlo con le lacrime agli occhi mentre quel terrificante vulcano che vive in me inizia a eruttare il fuoco del risentimento e il ghiaccio bruciante di un amore tradito: «Tu sei una prostituta, sei solo una miserabile prostituta!»
E lei sorride agitando la manina, mentre quella schifosa scena viene lentamente eclissata dalla romanzesca nebbia di stamane. Passano forse venti secondi, l'altro traghetto è sparito nel grigiore e sento che alle mie spalle c'è qualcuno. Sono i miei uomini che tranne il pilota rimasto in cabina, sono usciti, poiché hanno assistito a quella irreale vergogna. Tra di loro c'è Joy con il termo della cioccolata calda in mano che mi dice: «Si, però adesso la bevi una cioccolata calda, vero comandante? Perché se non bevi noi non ti vogliamo più come comandante.» Così dicendo mi porge il tappo del thermo con dentro quella cioccolata e un altro mi osserva con amicizia sfiorandomi il braccio. Prendo la cioccolata e ci guardiamo in giro: ci sono le sagome dei pontili di attracco che lentamente scorrono davanti a noi e intanto la nebbia persiste ancora come una remota maledizione.
Edited by The Royal - 13/3/2015, 01:59