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L'Ultimo Valzer del Mondo di Sotto - Moretti Federico

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Moretti Federico
view post Posted on 17/3/2013, 19:54




Scivolata via, come un sogno. I pochi elementi che ancora facevano presa sulla sua memoria erano destinati all’obliante e caleidoscopico crogiolo in cui l’alba trascina le ultime tracce dei ricordi lontani. Ma non era un ricordo, non un’impalpabile reminescenza bensì, per l’appunto, un sogno. Il dubbio si baloccava delle sue percezioni, era tutto troppo intenso per essere onirico e troppo labile e sfuggente per appartenere al passato.
La diciassettesima notte d’ottobre era prossima. La prima accompagnata da quella strana sensazione agrodolce. Quella nostalgia appiccicosa che intorpidisce e si insinua nelle ossa, che prende la mano e guida per una città che credevi tua, che eri convinto di conoscere.
Conduce per vie nuove di cui non si sospetta l’esistenza o che non esistono affatto e di colpo sei uno straniero del mondo.
Gary O’Hara, era questo il suo nome o non lo era? Nemmeno lui ne era sicuro.
Gary O’Hara, non ancora trentenne, ascoltava ipnotizzato il suono dei propri stivali, inseguendo con lo sguardo la rossa luce di un sole che tramontava troppo in fretta scorrere fugace, come sangue, tra le screpolature del marciapiede. Pareva ansioso, il sole, di lasciare libero il cammino al ben più nobile plasma di sua sorella, l’argentea Selene.
Qualcosa era scattato nella testa di Gary O’Hara, un qualcosa privo di senso, la squisita monotonia della sua vita si era spezzata aprendo un baratro là dove, appena il giorno prima, batteva il suo cuore.
Quasi due settimane erano trascorse da quando era accaduto quel fatto. Un piccolo gesto da parte di una persona sconosciuta a cui in qualche modo Gary riconduceva ogni sua sensazione odierna e ogni vagabondaggio compiuto in quello che aveva battezzato, novello Vespucci, il suo “Mondo di Sotto”.


Era stato durante una fredda mattinata autunnale come mille altre: il solito bar, lungo, stretto e dipinto d’un bianco accecante, il solito caffè liscio con una bustina di zucchero di canna bevuto tutto in un singolo sorso. Azioni meccaniche, eseguite con precisione chirurgica e senza indugio alcuno. Era pronto ad affrontare un’altra giornata quando qualcosa lo trattenne, buttò un’occhiata all’orologio e si rese conto di avere ancora una decina di minuti a disposizione.
Questo non era mai capitato.
La porta del locale si aprì nell’esatto momento in cui si alzò per usufruire dei servizi, voltò la testa intravedendo dei lunghi riccioli femminili d’un piacevole nero. Si sentì osservato.
Quando uscì dal bagno rivide gli stessi ricci fuori dal bar, attraverso la vetrata, e stavolta fu la loro proprietaria a voltarsi, scoprendo un profilo netto ma armonioso e fissandolo per un istante con un intenso occhio scuro.
“E’ tutto qui”
Fu questo il suo unico pensiero. Tornò al tavolo per recuperare il cappotto quando notò un rettangolino di carta ammiccargli accanto alla tazzina vuota.
Sopra, un numero.
Dieci cifre nere disegnate con un tratto morbido e tondeggiante tipicamente femminile.
Sorrise, infilando quel biglietto nel portafogli.
Avrebbe potuto telefonare in qualsiasi momento della giornata, ma preferì attendere di essere a casa. Come un bambino si fionda sotto l’albero la mattina di Natale si gettò sul telefono. Le dita si strinsero nervose attorno alla cornetta quando dall’altro capo giunse un flebile sussurro:
- Raggiungimi.
Ancora, dopo un attimo di silenzio:
- Conosci il cammino.
Lui non disse nulla, non rispose, non ne ebbe il tempo. Senza pensare uscì sul pianerottolo e discese le scale in balia di nuove sensazioni e piacevoli inquietudini.
Conosceva il cammino.
Le strade erano buie e deserte, riconoscibili a fatica senza il viavai di gente che soleva calcarle ad ogni ora del giorno. Le vie prive di vita mutavano, complici le ombre, in mute e possenti navate di cattedrale, i balconi trasfiguravano in severi matronei e i lampioni si facevano archi rampanti. I comignoli furono guglie e l’empireo un maestoso affresco raffigurante tutte le meraviglie a cui l’uomo, invano, agogna da tempi immemori.
Gary imboccò una serie infinita di percorsi, via via più stretti, quasi catacombe a cielo aperto. Camminò fino a smarrirsi.
Fu in quel momento che, confuso e disorientato, trovò ciò che cercava.
Non la vide chiaramente, ma sentì la sua mano afferrare la propria trascinandolo a sé, sottili braccia stringerlo, morbide labbra sfiorarlo desiderose di un bacio e poi di nuovo il buio più nero accoglierlo tra le sue grinfie, mentre qualcuno in lontananza chiamava il suo nome.
A questo punto la strada tornò grigia e spoglia e lo riaccompagnò verso casa.


Il breve viaggio di quella prima notte fece sbocciare in lui un profondo e sincero amore per una donna di cui non conosceva nulla se non pochi e delicati frammenti.
Ogni volta, il viaggio, si faceva sempre più profondo nelle astratte viscere della città e ogni volta quella donna mostrava qualcosa di sé: sorrisi melanconici, lembi di pelle, ciocche di capelli, sguardi fugaci; tutti dettagli che privavano Gary della facoltà di muoversi e di emettere suono alcuno. Nel “Mondo di Sotto” era una marionetta, il cui libero arbitrio andava conquistato un filo alla volta, notte dopo notte.
E notte dopo notte le sue percezioni si espansero, si rese conto di potersi muovere liberamente, si sentì come un bambino che trema sulle gambe durante i primi passi. I suoi sensi si stavano abituando alle rarefatte atmosfere di quel regno sepolto che prendeva vita al suo passaggio. Le stanze, che stanze non erano, si susseguivano una dopo l’altra, ampie, vuote e colme di addii, ma lui non era mai solo. Lei era sempre lì. Distante e vicina, algida e passionale, lei c’era.
Gli venne concesso il dono della parola, avrebbe voluto sapere tutto di lei ma si accontentò di porre una sola domanda:
- Qual è il tuo nome?
La risposta, che non ci è concesso conoscere, suonò per lui come il canto della sirena suona al marinaio esausto, vellutata e sublime. Era un nome carico di promesse. Un nome quasi privo di volto, ma gli bastava.
Non si pose mai il quesito razionale di chi fosse quella donna, cosa realmente accadesse dopo l’imbrunire, forse qualcuno si stava prendendo gioco di lui, entità che non sarebbe mai riuscito a concepire, forse uno scherzo del fato che tutti ci controlla come pedine sulla scacchiera della vita o forse, più semplicemente, si trattava di amore nella sua forma più perfetta.

In fondo, due parole sarebbero bastate a definire tutto quanto.


Venne il sedici ottobre.
Gary viveva la sua vita diurna senza spinta, in modo apatico e atarassico, sentiva di esistere solo in funzione della sua cattedrale, il suo “Mondo di Sotto”, ed anche quella notte si perse per crepuscolari mulattiere e dedali eburnei. Si trovò circondato da evanescenti figure danzanti, dentro le quali ardeva una labile fiammella bluastra.
- Un fuoco eterno.
Ebbe tempo appena sufficiente per riconoscere la sua voce e subito rimase rapito in un torpido e sonnolento valzer.
La luna si gonfiò, rendendo ancora più eclatante la completa eclisse che subì quando, guardata dalla coppia, si emozionò al pari di un comune essere umano.
Era un pessimo ballerino, anzi, non lo sapeva. Non aveva mai ballato in vita sua.
La mano dell’amata lo guidò con accortezza lungo la pista da ballo e le movenze gli nacquero spontanee.
- Vorrei vederti. - disse lui.
- Mi vedi.
- Non come vorrei.
- Anche se potessi vedere il mio viso, ci sarebbero mille altre cose che ti resterebbero nascoste.
- Io non voglio spiegazioni.
- E cosa vuoi?
Le pose entrambe le mani sui fianchi e chinò il volto sul suo.
- Vorrei restare sotto questa luna piena - l’eclisse cessò e tutto si fece argenteo - senza inferni o dolori, senza pene da scontare.
- Danzare? Finché non resterà altro che cenere e polvere di ogni cosa?
- Finché le nostre vite non saranno appassite, scomparse sotto una lenta pioggia di sogni.
Lei alzò il capo.
Gary la vide e la baciò.
In fondo, due parole sarebbero bastate a definire tutto quanto.
- Ti amo.

Le dissero assieme.


La notte del diciassette ottobre il cielo non sarebbe rimasto limpido.
Minacciose nuvole non aspettavano altro che le stelle si alzassero per ghermirle senza pietà.
Gary O’Hara, forse era questo il suo nome, forse no, ma dopotutto non ne era sicuro nemmeno lui al momento. Gary O’Hara si sentiva smarrito e vuoto: Gary si sentiva incompleto.
Non sapeva spiegarsi il perché di quella assurda ed irrefrenabile voglia di stare fuori casa ad aspettare che il sole calasse e la luna si facesse alta sulla città.
Camminò per le vecchie vie divorato da una crescente malinconia a cui non sapeva dare una ragione. Cercò di perdersi, spinto da qualche recondito desiderio sepolto nei meandri della sua mente, ma la città gli era orrendamente nota.
Le prime gocce iniziarono a farsi sentire, tamburellandogli su testa e spalle.
C’era qualcosa di malsano in quella pioggia, si sentiva oppresso e obnubilato da quell’acqua che percepiva sporca e virulenta.
Alzò gli occhi verso l’alto.
- Niente stelle.
Il cielo era pesante, d’un grigio antracite, vorace e striato di nero.
Lontano com'era da casa si trovò presto coinvolto in un violento temporale. Per alcuni minuti trovò riparo sotto un balcone nella speranza che il tempo migliorasse.
Abbandonò presto questa speranza: si infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e si preparò ad affrontare l’acquazzone.
Corse per una decina di metri, fino al lampione più vicino, quando le sue dita toccarono quello che sembrava un piccolo rettangolo di carta. Lo tirò fuori e gli diede un’occhiata.
Per qualche istante, prima che la pioggia le cancellasse per sempre, scorse le prime cifre di un numero telefonico.
Gary sentì una fitta trapassargli il cuore e si inginocchiò in mezzo alla strada.
Pianse, pianse come non aveva mai fatto in vita sua. Pianse senza saperne il motivo, pianse come se la persona che amava gli fosse stata portata via.

Qualcuno, in lontananza, sussurrava un nome. Un nome tanto familiare quanto sconosciuto.
Quel nome si perse in mezzo ai lampi, scivolando tra gli impetuosi torrenti di lacrime e pioggia di una città spietata, per giungere in quel luogo dove vanno a rifugiarsi i sogni che con disperata passione non si rassegnano a perire nei recessi della notte morente.

Edited by Moretti Federico - 18/3/2013, 11:04
 
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wyjkz31
view post Posted on 17/3/2013, 22:29




Atmosfera onirica di sicuro (bella) e anche un po' barocca (troppo per i miei gusti).

Non sono sicura di aver ben compreso la storia ma forse non è importante: vedo il tuo racconto più come un discorso sull'amore e in questo senso mi è piaciuto

Ti segnalo un paio di cose
CITAZIONE
Il dubbio si baloccava delle sue percezioni:

con?

CITAZIONE
La luna si gonfiò sopra le loro teste rendendo ancora più eclatante la completa eclisse che subì quando, guardata dalla coppia, si emozionò al pari di un comune essere umano.
La sua luce divenne scarlatta. qua non ci ho capito proprio niente!
Era un pessimo ballerino, anzi, non lo sapeva. Non aveva mai ballato in vita sua. Era un pessimo ballerino, anzi, non sapeva ballare. Non lo aveva mai fatto in vita sua. [color=green]Che ne dici?

CITAZIONE
Abbandonò presto questa speranza: si infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e si preparò ad affrontare l’acquazzone.
Corse per una decina di metri, fino al lampione più vicino, quando, in fondo ad una di esse qua mi sono inceppata nella lettura perchè non riuscivo a capire a che "esse" ti riferivi, le sue dita toccarono quello che sembrava un piccolo rettangolo di carta. Lo tirò fuori e gli diede un’occhiata.
 
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view post Posted on 17/3/2013, 22:39
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Non credo di aver capito appieno, come wyjkz3, l'intreccio pur avendolo letto un paio di volte, a volte mi è sembrato che fosse l'estratto di qualcosa di più grande; questo però non mi disturba affatto perchè ho particolarmente apprezzato il tuo stile, soprattutto nelle parti in cui ti "rivolgi" al lettore. Il tuo "barocchismo" (se così si può chiamare) lo apprezzo anche l'attenzione su qualche termine anzichè un altro o un aggettivo più ricercato.
Complimenti smartass
 
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Moretti Federico
view post Posted on 18/3/2013, 01:31




Ringrazio entrambi sia per i complimenti ma soprattutto per le critiche e le annotazioni. Allora, per rispondere a wyjkz3:
Il dubbio si baloccava delle sue percezioni, in effetti qui andrebbe meglio una virgola visto che la frase è riferita al periodo d'apertura. Il dubbio si baloccava delle sue percezioni con l'incertezza se l'esperienza vissuta appartenesse al sogno o alla realtà.

La sua luce divenne scarlatta in effetti va tagliato...

La frase inerente al ballerino non la posso cambiare perché scritta seguendo il tuo suggerimento perde il significato che desideravo attribuirle. Mi spiego: Il protagonista non ha mai ballato in vita sua, quindi non ha idea delle proprie capacità di ballo e il fatto di essere un pessimo ballerino è solo una sua supposizione. Capisci?

Nell'ultima segnalazione in effetti va fatto un taglio per dare più scioltezza alla frase.

Sono contento che sia trasparita la parte onirica del racconto comunque.
 
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¤Ombra Bianca¤
view post Posted on 18/3/2013, 02:32




Ciao e ancora benvenuto Federico!!!
Mi ha presa molto il tuo racconto, alcuni pezzi mi hanno rapita e mi è piaciuto parecchio. Alcune frasi non sono state di immediata comprensione, ma nel complesso lo trovo proprio un bel lavoro, complimenti!
Aggiungo qui sotto (sono una rompi scatole, lo so!) alcuni suggerimenti personali e qualche refuso che ho notato ;)


CITAZIONE
I pochi elementi(,) che ancora facevano presa sulla sua memoria(,) erano destinati all’obliante e caleidoscopico crogiolo in cui l’alba trascina le ultime tracce dei ricordi lontani.

Personalmente ho trovato la frase un po' lunga, aggiungerei magari fra virgole “che ancora facevano presa sulla memoria”.

CITAZIONE
Un piccolo gesto da parte di una persona sconosciuta a cui in qualche modo Gary riconduceva ogni sua sensazione odierna ed ogni vagabondaggio compiuto in quello che aveva battezzato, novello Vespucci, il suo “Mondo di Sotto”.

Qui c'è una “d” eufonica. Trovo un po' lunghetta la frase, magari qualche virgola in più la renderebbe più fluida, ma è solo un mio parere!

CITAZIONE
Come un bambino si fionda sotto l’albero la mattina di Natale si fiondò sul telefono.

Ripetizione del verbo, non so se voluta, magari un sinonimo ci starebbe bene :)

CITAZIONE
Non la vide chiaramente, ma sentì la sua mano afferrare la propria trascinandolo a sé, sottili braccia stringerlo, morbide labbra sfiorarlo desiderose di un bacio e poi di nuovo il buio più nero accoglierlo tra le sue grinfie(,) mentre qualcuno in lontananza chiamava il suo nome.

Forse una virgola a "grinfie" darebbe un po' di “fiato” alla lettura, rendendola più scorrevole.

CITAZIONE
Gary viveva la sua vita diurna senza spinta, in modo apatico ed atarassico, sentiva di esistere solo in funzione della sua cattedrale, il suo “Mondo di Sotto”, ed anche quella notte si perse per crepuscolari mulattiere e dedali eburnei.

Anche qui una “d” eufonica, credo suoni meglio senza ^_^

CITAZIONE
Ebbe tempo appena sufficiente per riconoscere la sua voce e subito rimase rapito in un torpido e sonnolento walzer.

Refuso di “valzer”.

CITAZIONE
La luna si gonfiò sopra le loro teste rendendo ancora più eclatante la completa eclisse che subì quando, guardata dalla coppia, si emozionò al pari di un comune essere umano.

Qua la frase non la trovo di immediata comprensione per quanto suoni molto poetica e l'immagine generale mi ha colpita. Magari sistemandola un po' meglio (opinione personale) renderebbe di più l'idea, dando più “effetto” al concetto che volevi esprimere.
Ad esempio “sopra le loro teste” credo appesantisca solo la frase, visto che subito dopo inserisci “guarda dalla coppia”.

CITAZIONE
Non sapeva spiegarsi il perché di quella assurda ed irrefrenabile voglia di stare fuori casa ad aspettare che il sole calasse e la luna si facesse alta sulla città.

E...

CITAZIONE
C’era qualcosa di malsano in quella pioggia, si sentiva oppresso ed obnubilato da quell’acqua che percepiva sporca e virulenta.

In entrambe le frasi c'è una “d” eufonica.

CITAZIONE
Per qualche istante, prima che la pioggia le cancellasse per sempre, scorse le prime cifre di un numero telefonico. Il tratto era morbido e femminile.

Secondo me “Il tratto era morbido e femminile” penso si possa omettere. Se non ho capito male il foglietto è lo stesso che lui riceve all'inizio al bar, lì era ripetuta la stessa frase. Quindi non credo sia indispensabile aggiungerlo nuovamente.

Ok, chiedo scusa in anticipo per quanto mi sono dilungata...
In ogni caso ancora complimenti per questo sogno d'amore, l'atmosfera è davvero piacevole!
In bocca al lupo!
 
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Lavella
view post Posted on 18/3/2013, 10:13




Sicuramente attinente al tema del concorso la tua storia non risulta di facile comprensione. Anch'io come quelli che mi hanno preceduta ho dovuto rileggerla più volte per comprenderla. L'ho apprezzata molto per lo stile ricercato per il quale ti faccio i complimenti. Ti do il benvenuto in questo forum e ti mando un grosso in bocca allupo!
 
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view post Posted on 18/3/2013, 11:05

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E' una storia che parla di un amore perduto.
Non l'ho compresa bene. Il mondo di sotto è il mondo dei sogni?
Come ha perduto l'amore il protagonista?
Mi piace molto il tuo stile, che sa di antico, aulico, misterioso e accattivante.
 
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Moretti Federico
view post Posted on 18/3/2013, 11:17




So bene che la storia non è di facile comprensione, avendo un ché di autobiografico forse è stato presuntuoso da parte mia pretendere che qualcuno al di fuori di me la comprendesse appieno.
E' un collage di pezzi della mia vita mescolato ad alcuni sogni. Scrissi l'incipit due anni fa, quando una ragazza mi lasciò il suo numero accanto alla tazzina del caffè in quel di Bergamo alta e il finale l'altra notte... dopo esser stato lasciato dalla mia fidanzata.
Diciamo che l'idea del mondo di sotto nasce dall'incapacità di accettare quello che è successo, lo vedo come una sorta di ultimo rifugio prima di svegliarsi e precipitare nella grigia realtà.
Il nome del racconto è tratto da una canzone di David Bryan, tastierista dei Bon Jovi e autore di musical, intitolata appunto Netherworld Waltz.
 
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view post Posted on 18/3/2013, 12:28

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Grazie per i chiarimenti.
Bella l'idea del mondo di sotto come rifugio.
Anche se il racconto non è di immediata comprensione, comunque lo stile c'è!
Il tuo modo di scrivere mi piace molto.
In bocca al lupo!!!!
 
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Davide Schito
view post Posted on 18/3/2013, 13:18




Scrivi molte bene, bravo! Un po' lontano dai miei gusti forse ma se questo è lo stile nel quale ti riconosci è giusto che lo porti avanti. O magari è solo lo stile che hai adottato per questo racconto...io per esempio a seconda del periodo, del racconto, del tema o del genere amo cambiare anche completamente stile di scrittura. Quindi mi piacerebbe leggere qualcos'altro per verificare se, oltre che bravo, sei anche duttile.
Io la storia l'ho capita, nonostante lo stile a volte forse eccessivamente carico le emozioni traspaiono (esiste come parola?) eccome. Si vede quando qualcosa viene scritto attingendo dal profondo e dall'intimo, non c'è niente da fare.

Per quanto riguarda eventuali correzioni, ho notato delle d eufoniche (che però si prestano allo stile generale) che non ti segnalo.
C'è poi una ripetizione qui (non so se voluta o no, in ogni caso non mi piace):
CITAZIONE
Gary O’Hara si sentiva smarrito e vuoto: Gary si sentiva incompleto.

E qui le virgole sono di troppo:
CITAZIONE
Ogni volta, il viaggio, si faceva sempre più profondo nelle astratte viscere della città e ogni volta quella donna mostrava qualcosa di sé

Ciao!
 
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Moretti Federico
view post Posted on 18/3/2013, 16:16




Invero questo è un esperimento, lo stile è così barocco e, a tratti, pesante per rendere l'idea di quell'intorpidimento tipico del sogno. Posterò altri racconti magari, in modo da mostrare il mio stile consueto.
Ringrazio per le critiche e i complimenti
 
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¤Ombra Bianca¤
view post Posted on 18/3/2013, 16:19




Spero di leggere presto qualcos'altro di tuo!
A presto e ancora in bocca al lupo per il concorso! ;)
 
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Esterella
view post Posted on 20/3/2013, 10:25




L'atmosfera onirica è resa molto bene. Mi ha affascinato l'incontro tra i due giovani. Lei che lascia il numero ecc... Ho trovato un po' pesante lo stile, ma è solo un parere personale. Complimenti per il racconto. ;)
 
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daniloc78
view post Posted on 20/3/2013, 17:28




Il racconto è certamente catalogabile come "onirico" ed è piuttosto appassionante anche se lo stile così ampolloso non mi piace granché (ma questo rientra nel gusto personale). L'idea di fondo è interessante e il fatto che al termine della lettura si rimanga per qualche minuto a guardare il vuoto per cercare di capire è, a pare mio, un fatto positivo.
 
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bluninja636
view post Posted on 20/3/2013, 18:26




Ciao, ho trovato il tuo racconto interessante, purtroppo non ho il tempo materiale per rileggerlo e approfondirlo meglio, ma lo farò con più calma appena possibile.
Credo che Abaluth sia una fucina di talenti e se ne aggiungono sempre di nuovi, complimenti e in bocca "ai lupi"! ;)
 
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32 replies since 17/3/2013, 19:54   411 views
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