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Automobiline - Rossana Zago

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wyjkz31
view post Posted on 23/2/2013, 15:23




Allaccia l’orologio e sistema una grinza del copriletto; è in anticipo di due minuti e ne approfitta per riporre i calzini asciutti. Davanti allo specchio dell’ingresso controlla il nodo alla cravatta, abbottona il cardigan, lucida con uno straccio le scarpe già lucide, raccoglie chiavi e portafoglio ed esce. Controlla l’ora.
C’è un bambino seduto sul pianerottolo che gioca con le automobiline. Lo ignora. Giovanni non ha niente contro i bambini: gli sono indifferenti, come il resto del genere umano.
Dall’ascensore non proviene nessun rumore ma la luce di “occupato” non si spegne: qualcuno avrà dimenticato la porta aperta.
«Mi piacciono le Ferrari» Giovanni finge di non aver sentito le parole del bambino e scavalca le automobiline per raggiungere le scale. «Anche a te piacevano quando eri un bambino?»
«Non ricordo.»

Quando rientra, a sera, il bambino gioca ancora sul pianerottolo. Giovanni registra la sua presenza come fa con la pianta finta e il portaombrelli, infila la chiave nella serratura.
«Vivi solo?» il bambino gli ha tirato la manica del cardigan facendogli perdere la presa sulle chiavi. Giovanni si gira, irritato, a incontrare un viso pallido cui la luce elettrica conferisce un’aria malsana.
«Sì, vai a casa adesso.» La voce esce gentile senza volere, il bambino annuisce, raccoglie le automobiline e, prima di allontanarsi, dice: «Potrei farti compagnia, se vuoi.»
Giovanni non risponde, entra in casa, chiude la porta e vi si appoggia con la schiena: l’incontro con il bambino lo ha turbato e non capisce perché.
La tensione lo accompagna per tutta la sera e gli impone di fare un doppio giro nell’appartamento per controllare che ogni cosa sia al proprio posto. Una volta a letto, però, il sonno lo raggiunge, improvviso, e con lui un incubo che non faceva più ormai da anni.

I modellini di Ferrari sono pronti e il bambino li guida lungo il percorso immaginario che si snoda fra i disegni astratti del tappeto. Riconosce come sue le piccole mani che maneggiano le automobiline, tuttavia Giovanni non è in quel corpo debole. Fuori è buio e il bambino dovrebbe essere già a letto, ma nessuno è venuto a controllare cosa sta facendo.

Si sveglia. L’oscurità è tale da fargli temere di essere diventato cieco. Annaspa in cerca dell’interruttore della lampada da camera, si mette seduto e scuote la testa.
I rigidi rituali che dovevano proteggerlo sono stati sgominati da un unico brandello di sogno dall’apparenza innocua. Si alza, apre l’armadio e scaraventa sul pavimento, alla rinfusa, cappotti, giacche, camicie e maglioni; poi è la volta dei cassetti e al cumulo si aggiungono lenzuola e biancheria intima.
La luce del giorno lo trova rannicchiato nella cuccia improvvisata durante la notte.
Controlla l’ansia nell’unico modo che conosce e, quando esce di casa, nell’appartamento regna il consueto ordine rigido e meticoloso.
«Anch’io mi chiamo Giovanni!» È la stanchezza a rendere inquietante una semplice affermazione e a indurre Giovanni a cercare spiegazioni fantasiose prima di realizzare che il bambino ha solo letto il nome scritto sul campanello. Replica con un “ciao” a mezza voce e usa le scale per non dover attendere l’ascensore.

Infrange le abitudini concedendosi un aperitivo al bar prima di rientrare; indugia davanti al bicchiere vuoto fin quando è possibile, poi ordina di nuovo. L’alcool lo ha rilassato e pensa con piacere che, a quell’ora tarda, il bambino sarà tornato a casa sua.
Il piccolo Giovanni, invece, lo sta aspettando seduto su un gradino, le automobiline riposte dentro una scatola.
Non riesce a ignorarlo come vorrebbe e, quando il bambino si avvicina, lo saluta per primo.
Il ragazzino si dondola avanti e indietro, la scatola stretta al petto. «Potrei farti compagnia, se vuoi.»
È la stessa proposta del giorno precedente e Giovanni è pronto a dirgli di smetterla di importunarlo in quel modo, quando intravede un livido sul polso e un altro che occhieggia dalla maglia con il collo a barchetta.
«Torna a casa» borbotta in risposta, poi si rifugia nel suo appartamento: ci possono essere molte spiegazioni ragionevoli e quel bambino nemmeno lo conosce.

Giovanni sente dei rumori, non saprebbe descriverli, ma li riconosce e gli mettono paura. Il piccolo si concentra nel gioco e le automobiline sfrecciano avanti e indietro in una gara in cui il traguardo non esiste. I passi dell’uomo che si avvicina sono pesanti: vuole essere sentito. Giovanni chiama per avvisare il bambino ma, per quanto si sforzi, dalla bocca aperta non esce alcun suono.

Si sveglia e giace rannicchiato nel letto. Non riesce a muoversi, può solo ascoltare per cercare di cogliere il rumore di passi evasi dal sogno. Una reazione che viene dalle profondità della mente e su cui Giovanni sa di non avere controllo.

Non si è rasato quel mattino, per la prima volta da non sa quanti anni. Il pensiero del bambino che lo aspetta sul pianerottolo, perché ormai è certo che stia aspettando lui, lo spaventa. Deve fare qualcosa ma non vuole, non sa cosa fare.
La domanda che aspettava lo accoglie al rientro a casa: «Potrei farti compagnia, se vuoi.»
Una giornata non è stata sufficiente per decidere la risposta che sfugge dalle labbra senza essere stata pensata: «Va bene.» Il piccolo Giovanni mette una mano sul cuore e promette di tornare più tardi.

Attende. Allinea senza necessità i quadri appesi al muro, impila le scatolette di carne in scatola a gruppi di tre, suddivide la biancheria sporca in base al colore e alle temperature di lavaggio. Non vuole ammettere di aver sbagliato a lasciar andare così il bambino e cerca di non pensare ai nuovi lividi che aveva scorto alla base del collo. Dovrà attendere se vuole fare qualcosa, non può bussare alle porte degli altri appartamenti chiedendo se abita lì un bimbo di nome Giovanni; e se anche lo trovasse, cosa potrebbe dire ai genitori?
Ha paura di riprendere il sogno fatto il giorno precedente e passa la notte seduto in poltrona, in uno zapping svogliato fra immagini prive di senso.

Il bambino deve fuggire: se il padre lo raggiunge gli farà male. Giovanni non ha voce e non ha corpo e fra qualche istante assisterà a una scena di angoscia e terrore già sognata e già vissuta troppe volte.
Vorrebbe svegliarsi ma non può fare niente per interrompere l’incubo che, però, prende una direzione diversa dal consueto.
Il bambino socchiude la porta della camera e sguscia nella penombra un attimo prima che la mano adulta si posi sulla maniglia. Adesso Giovanni è il protagonista del sogno e riconosce se stesso, bambino, mentre apre la porta di casa ed esce sul pianerottolo. La porta dell’appartamento di fronte è accostata; Giovanni si avvicina, entra e avanza nel lungo corridoio inframmezzato da porte: sbircia nelle stanze, cercando la signora abbondante, sorridente, con gli occhi tristi, che regala sempre caramelle. Trova invece il marito: un uomo piccolo, stizzoso e con gli occhi cattivi. «Torna a casa; i tuoi saranno in pensiero per te» gli dice l’uomo sottovoce e senza calore.
Giovanni non vuole obbedire. «Tua moglie dorme?» sussurra.
«Sì.»
«E tu non vai a letto?» Non è educato essere così curiosi, ma sta cercando un modo per trattenersi in quella casa.
L’uomo aggrotta le sopracciglia, pensieroso. «No, ho ancora qualcosa da fare prima di andare a letto.»
«Potrei farti compagnia, se vuoi» chiede disperato.
«No.» La risposta è secca e inappellabile.
Giovanni arretra di un paio di passi lungo il corridoio e, anziché uscire come entrambi si aspettavano, s’infila in una delle stanze buie.
«Dove vai? Piccolo ficcanaso che non sei altro!» la voce strozzata precede di un soffio il clic dell’interruttore. La mano agguanta Giovanni per la spalla, mentre la luce al neon sfarfalla sul pavimento in ceramica, sul lavello, sugli elettrodomestici e sul corpo steso a terra. La signora abbondante non sorride più.
Giovanni si divincola in silenzio, morde la mano che gli tappa la bocca e, con una gomitata fortunosa, centra i genitali dell’uomo che si piega in due per il dolore e abbandona la preda.
L’assassino blocca l’uscita e a Giovanni non resta che arretrare, spaventato, fino alla porta finestra aperta sull'afa della notte estiva. Esce sul terrazzo e indietreggia fino alla ringhiera; sale sulle casse poggiate a terra e si sporge all’esterno in un vano tentativo di trovare una via di fuga nel vuoto dei cinque piani che lo separano da terra.
L’assassino si lancia verso di lui per spingerlo di sotto ma Giovanni si accuccia aggrappandosi alla ringhiera e l’uomo, sbilanciato dal movimento e dal suo stesso peso, oscilla all’esterno. Giovanni afferra il piede che cerca un appoggio al suolo e lo solleva fino a quando il precario equilibrio è compromesso e il corpo precipita nel vuoto.
Giovanni, di nuovo spettatore, guarda se stesso bambino piangere seduto sulle casse.
«Ho mantenuto la mia promessa, visto?» Giovanni del pianerottolo, comparso in quel momento, abbraccia il bimbo e gli asciuga le lacrime con un fazzolettino di lino bianco. I due omonimi si prendono per mano e rientrano in cucina, salutano la signora morta ed escono dall’appartamento chiudendo la porta.
Insieme rientrano in casa, insieme tornano nella cameretta dove le macchinine giacciono calpestate sul tappeto. Il padre di Giovanni ha lacerato il ventre dell’orsetto di peluche e pezzi di gommapiuma giallastra frammisti a pagine di quaderno strappate ingombrano il pavimento.
L’uomo non mostra sorpresa per la presenza dell’altro Giovanni, fissa soddisfatto il suo bersaglio di nuovo a portata di mano e sfila la cintura.
«Basta così» il bambino del pianerottolo si mette davanti a Giovanni e l’uomo si ferma, indeciso, e come una belva che non osa sfidare l’autorità del domatore si lascia disarmare e condurre via.


Sveglio. Fissa le ombre proiettate dallo schermo del televisore che danzano sulle pareti. È accaduto veramente. Ora lo sa, lo ricorda dopo tanto tempo.
Spalanca la porta di casa e sale le scale fino all’ultimo piano; poi scende fermandosi ad ascoltare davanti a ogni porta, pronto a intervenire, ma nessun rumore sospetto interrompe il silenzio della notte.
Giovanni del pianerottolo non ricompare la mattina dopo e a nulla servono le ricerche e le domande rivolte agli altri inquilini del palazzo: nessuno conosce un bambino con quel nome che ama giocare con le automobiline.

Edited by wyjkz31 - 8/4/2013, 18:16
 
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Lavella
view post Posted on 23/2/2013, 16:08




Che meraviglia, è travolgente, lo leggi d'un fiato e ti lascia senza respiro. Sai che una volta mi è successa una cosa simile? Ho avuto un incidente con l'auto, un brutto incidente, subito dopo non ero capace di ricostruire la dinamica dell'accaduto ma l'ho fatto molte notti più avanti, nel sonno. E' terribile quando nei sogni riemergono i ricordi, dopo ti senti svuotato, distrutto. La mente a volte è diabolica, rimuove temporanemente e poi ti risbatte tutto infaccia quando meno te lo aspetti. Sei stata brava!
 
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view post Posted on 23/2/2013, 18:33

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Il sogno come rivelatore di una verità insabbiata, sepolta dalla mente.
Una realtà drammatica che il sogno rivelatore riporta a galla.
Grande Wykz! Come sempre!
 
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bluninja636
view post Posted on 23/2/2013, 18:39




wyjkz, complimenti, bel lavoro. Storia avvincente che viaggia tra sogno, realtà e ricordi sepolti dal tempo e dal dolore.
Mi è piaciuto, complimenti.
 
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Lupoalfa
view post Posted on 23/2/2013, 19:27




Rossana, è un racconto bellissimo che non dà tregua. Mi ha colpito nel profondo, con quella commistione tra sogno e realtà, ma cos'è la realtà?
Mentre lo leggevo, mi venivano alla mente alcune scene di "Shining", il film di Kubrik, quelle in cui nel corridoio dell'albergo c'è un bambino che avanza con un piccolo triciclo.
Brava, davvero!
:) :) :)
 
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bluninja636
view post Posted on 23/2/2013, 20:46




Pallina rossa!!!
 
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wyjkz31
view post Posted on 23/2/2013, 21:27




Grazie a tutti per i bei commenti.

A dire il vero avevo paura che non si capisse niente blush

@bluninja636
CITAZIONE
Pallina rossa!!!

??
 
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bluninja636
view post Posted on 23/2/2013, 21:33




Mi riferivo alla scena citata da Lupoalfa in "Shining" :lol:
 
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gioberta
view post Posted on 24/2/2013, 08:06




Racconto che si legge di corsa ma, ti dirò, non mi ha molto convinta. Giovanni bambino fugge dal padre, come mai? Per quale motivo il bambino è vittima di violenza? Si tratta di abusi? Sembra di sì, da come insisti sulla frase "Vuoi un po' di compagnia" . Poi Giovanni bambino si ritrova in casa del vicino assassino, che se ne sta con la porta socchiusa. In un sogno ci può stare ma tu dici che tutto è accaduto veramente. Che vicino sbadato! date
 
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francescadelogu77
view post Posted on 24/2/2013, 09:16




Mi stavo un pò perdendo ma poi ho riacchiappato il filo e devo dire che mi è piaciuto parecchio. :)
Scritto molto bene e soprattutto "vissuto" durante la scrittura (e questa, del vivere lo scritto, è una delle
qualità più importanti per uno scrittore, a parer mio)
In bocca al lupo :)
 
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Davide Schito
view post Posted on 24/2/2013, 09:25




Nel complesso è un buon racconto, ci sono solo 2 cose che non mi convincono:
- l'uso del tempo presente in tutto il racconto: secondo me rallenta e appiattisce l'azione, io avrei utilizzato due tempi diversi per il sogno e la realtà (il presente solo per il sogno per esempio).
- a un certo punto ci sono un po' troppi Giovanni e mi sono perso...3 forse sono troppi da far comparire sulla stessa scena contemporaneamente...
 
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wyjkz31
view post Posted on 24/2/2013, 15:44




CITAZIONE (gioberta @ 24/2/2013, 08:06) 
Racconto che si legge di corsa ma, ti dirò, non mi ha molto convinta. Giovanni bambino fugge dal padre, come mai? Per quale motivo il bambino è vittima di violenza? Si tratta di abusi? Sembra di sì, da come insisti sulla frase "Vuoi un po' di compagnia" . Poi Giovanni bambino si ritrova in casa del vicino assassino, che se ne sta con la porta socchiusa. In un sogno ci può stare ma tu dici che tutto è accaduto veramente. Che vicino sbadato! date

Prima di tutto grazie per il tuo commento.

Vediamo se riesco a chiarire i tuoi dubbi.
Per quale motivo il bambino è vittima di violenza? Perchè ha un padre violento ti basta come risposta? C'è un qualche motivo - spiegabile - per le violenze dei genitori sui bambini? Se c'è io non lo conosco. Comunque Giovanni subisce violenza fisica (vedi il papà che si sfila la cintura) e non abusi sessuali. Quel "vuoi un po' di compagnia" nelle intenzioni voleva essere fuorviante, ma doveva chiarirsi quando Giovanni incontra l'assassino e gli dice la stessa frase. La frase ripetuta "vuoi un po' di compagnia" è quella che fa scattare la molla dei ricordi e da cui Giovanni adulto ricostruisce quello che gli è accaduto.

La porta di casa mia non chiude bene e mi è capitato più volte di lasciarla aperta e accorgermene addirittura il giorno successivo. Non ho fatto altro che mettere un bell'assassino dentro il mio appartamento (speriamo che alla mia dolce metà non venga in mente di sfruttare l'idea).
 
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wyjkz31
view post Posted on 24/2/2013, 16:10




@francescadelogu77
Grazie per il commento.
CITAZIONE
soprattutto "vissuto" durante la scrittura

Mi fa moltissimo piacere che tu abbia visto questa cosa.

@Davide Schito

Grazie anche a te per il commento.

Ti dico come, almeno per il momento, ho risolto la scelta dei tempi verbali. Penso a quale tempo usare, comincio a scrivere in quel tempo e non ci penso più: se dopo qualche riga il tempo rimane lo stesso continuo così, altrimenti cambio la prima scelta. Perciò la mia risposta sui tempi verbali è che non sarei riuscita a scriverlo diversamente. Ok, dilettanti allo sbaraglio...

3 Giovanni. Quella parte di sogno io l'ho immaginata con il Giovanni adulto che vede se stesso bambino con il suo omonimo e ho cercato di descriverla in questo modo, potrei ridurre i Giovanni a due se ad altri crea un problema di lettura. Aspetterò di leggere gli altri commenti prima di decidere.
 
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bibina74
view post Posted on 24/2/2013, 16:13




Molto bello e ben scritto, davvero un bel pezzo. Bravissima.
sonia
 
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¤Ombra Bianca¤
view post Posted on 24/2/2013, 17:45




Mi ha toccato vecchi ricordi questo tuo racconto e mi ha emozionata e fatta tremare allo stesso tempo. I miei più sinceri complimenti, sei riuscita ad affrontare l'argomento con estrema delicatezza lasciando il lettore tra realtà, visioni, incubi e sogni. Davvero un ottimo scritto, brava :)
 
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38 replies since 23/2/2013, 15:23   369 views
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