| Tabacco e Venere
Ce l’ho fatta! Dopo innumerevoli tentativi, posso annunciare al mondo che ho smesso di fumare. Un mese duro, senza neppure una tirata. Le volte precedenti che ci ho provato, più che smettere di fumare, smettevo di comprare le sigarette e ci dovevano pensare gli amici irriducibili a rifornirmi quando mi vedevano in crisi acuta di astinenza. Per compensare il senso di vuoto che sentivo nei polmoni e nello stomaco, ingurgitavo caramelle e cioccolatini, senza tuttavia ottenere grossi risultati. In quella condizione di mezzo-fumatore non avevo mai resistito per più di una settimana. Questa invece è la volta buona. Proprio trenta giorni fa ho regalato a un collega di lavoro il pacchetto ammezzato di Marlboro insieme all’accendino con lo scudetto viola e ora sto molto meglio. Mi è passata la tosse fastidiosa da fumo, non mi puzza l’alito, le dita hanno perso la colorazione marrone che marchia il fumatore, ma, quello che più conta, la mia autostima è salita alle stelle. Festeggio l’evento insieme a mia moglie, che non crede mai in quello che faccio. Malgrado il suo scetticismo, stappo una bottiglia di spumante e do fuoco con un accendino a una candelina che illumina la torta alla crema. Vado a letto soddisfatto, con la coscienza a posto, e mi addormento di schianto. Come tutte le notti, si materializza dal nulla il faccino d’angelo di Anna col suo dentino scheggiato e, come tutte le notti, ci baciamo e facciamo l’amore. Distesi su una spiaggia deserta, appagati, osserviamo le stelle. Mentre alzo il braccio per indicarle la più luminosa, nel buio quasi totale, i miei occhi sono feriti da una spia rossa inconfondibile: la punta di una sigaretta accesa che penzola tra l’indice e il medio della mia mano destra. Io e Anna stiamo fumando la classica sigaretta dopo l’amore. Mi do dello scemo, del coglione. Ma come? Proprio ora che ce l’avevo quasi fatta… Apro gli occhi e tiro un sospiro di sollievo. Nonostante sogni Anna tutte le notti, non ho ancora realizzato che, quando sono insieme a lei, sto solo sognando. Stamani, al risveglio, non provo la solita delusione di tutte le mattine, perché le luci del mattino non si sono portate via solo Anna, ma anche quella maledetta sigaretta. Mi alzo con una leggera irritazione alla gola, di sicuro il primo sintomo del virus dell’influenza che mi aggredisce tutti gli anni alle soglie dell’inverno. La notte successiva, io e Anna, invece che sulla spiaggia, siamo distesi su un prato e, invece di fumare una sigaretta, ne fumiamo due: una prima dell’amore e una dopo l’amore. Mi lascio trascinare dagli eventi, senza nessun rimorso. Al risveglio la solita tosse, ancora più insistente, e l’alito che puzza di fumo. Me lo sento in bocca e non se ne va neppure col dentifricio al sapore di menta. Se ne accorge anche mia moglie mentre siamo seduti al tavolo per la colazione. Sembra che non aspetti altro: «Lo sapevo che non ce l’avresti fatta neppure questa volta.» «Ti sbagli, non ho fumato nemmeno una sigaretta.» «Sarà, però mi sembri tornato quello di un mese fa.» Dopo una settimana sfrenata di fumo e amori notturni con Anna, oltre alla tosse e all’alito cattivo, due dita della mano destra hanno ripreso il colore del tabacco. Non ci sono più dubbi: le mie notti stanno lasciando il segno. Io non ho mai creduto che delle semplici suggestioni possano avere influenza sul corpo e, se qualcuno osa parlarmi di malattie psicosomatiche, mi si alza il sopracciglio sinistro, il riflesso snob di uno che la sa lunga. Adesso, però, ho difficoltà a trovare una spiegazione razionale a quello che mi sta succedendo. Accendo il computer per cercare in rete qualcuno che mi possa aiutare a capire. Trovo il numero di un ambulatorio specializzato per il trattamento riabilitativo contro la dipendenza da tabacco. Nel pomeriggio mi ritrovo davanti a due giovani medici, un uomo e una donna, pronti ad ascoltarmi. «Non so da dove cominciare, perché il mio caso è incomprensibile. Non fumo da più di un mese, ma è come se non avessi mai smesso. Da una settimana mi è tornata la tosse, mi puzza il fiato e le mie dita si sono ridipinte di marrone.» «Deve avere pazienza, può darsi che il suo corpo stia risputando fuori tutto il tabacco che lei si è fumato negli anni precedenti» mi interrompe il medico uomo. «Ho pensato anch’io la stessa cosa, però questo processo è cominciato da quando di notte sogno di fumare, mi capite? Lo so che è difficile da credere, ma è proprio così: la notte fumo e il giorno ne sconto le conseguenze.» Il dottore sgrana gli occhi, penserà che io sia pazzo, mentre la dottoressa – esile come un fuscello, bionda, nasino all'insù, sulla targhetta leggo che si chiama Alice - aggrotta le sopracciglia e spara la sua risposta: «Il direttore del dipartimento di Biochimica dell’Università di Harvard in Massachusetts, dove ho svolto la mia tesi di dottorato, aveva uno slogan: nel campo della Biochimica l’impossibile non esiste. Detto da lui, un illustre Premio Nobel, bisogna crederci. Il suo caso, caro signore, lo definirei unico, ma la scienza trova sempre la spiegazione giusta. Se quello che ci sta raccontando è la verità, e io ci credo, nel suo organismo sono attivi gli stessi enzimi che si trovano nelle piante di tabacco, che sono capaci di trasformare le sostanze del terreno nelle molecole presenti nelle foglie. Prendiamo la nicotina, la molecola che genera la dipendenza del fumatore. È un insieme di atomi di carbonio, idrogeno e azoto, elementi che non si trovano solo nel terreno, ma anche nel corpo umano. In conclusione, se ci sono gli enzimi giusti, la nicotina può essere sintetizzata anche dal nostro organismo. Quello che sta succedendo a lei.» «Quindi i sogni non hanno nessuna responsabilità.» «No, non è affatto così. È tutto concatenato. Sono proprio i sogni a stimolare il suo cervello, che poi trasmette alle ghiandole l’ordine di secernere gli enzimi di cui le ho parlato prima.» «Cosa mi consiglia di fare?» «Semplice! Lei deve smettere di fumare anche nei sogni.» Esco scombussolato dal colloquio. Non mi piace la diagnosi e neppure la terapia. Il sogno della notte successiva si trasforma in un incubo. Appena dico ad Anna che ho deciso di smettere di fumare, il faccino d’angelo perde la consueta dolcezza e il dentino scheggiato, che mi ha sempre fatto impazzire, diventa aguzzo come il canino di una tigre. «Così tu mi lasceresti fumare da sola, come una puttana in attesa di clienti?» non l’avevo mai sentita pronunciare una parola così volgare. «Quando un uomo vuole smettere di fumare, è perché glielo ha chiesto una donna. Ormai ti conosco bene: lo fai perché te l’ha ordinato tua moglie.» Anna è gelosissima di mia moglie, un sentimento che ha sempre confinato all’interno del suo cuore. Ma questa notte no: si volta e sfuma nel buio. È trascorso un altro mese. Non ho più fumato né di giorno né di notte. La tosse mi è passata, non puzzo, le dita hanno ripreso il colorito rosa. Tutto bene, ma Anna continua a sfuggirmi. Ora che non fumo, non vuole più fare l’amore con me. Una crisi di astinenza mille volte più insopportabile di quella da tabacco. Passo notti agitate, vagando nel buio senza incontrare nessuno che mi ascolti. La mattina il lenzuolo è una palla informe e il cuscino lo ritrovo ai piedi del letto. Altro festeggiamento, questa volta con due candeline, ma senza il clima allegro della prima festa. Bevo un po’ di spumante, anche se non ne ho voglia, e vado a letto presto. È notte, ma splendono le luci. Immersa in un disegno colorato da fiori, farfalle e uccelli variopinti, Anna si avvicina sorridente e mi sussurra all’orecchio parole dolci, come quelle di una volta: «Non mi importa se non ti va più di fumare. Ho voglia di fare l’amore con te.» Quando una donna mi prende così, fanculo a tutto il mondo! Fumiamo sigarette prima, durante e dopo l’amore. Bellissimo, anche durante. La mattina dopo, scendo dal tabaccaio sotto casa. Mi scruta con lo sguardo tipico della persona che sa come gira il mondo e dove si concludono le storie. «Un pacchetto di Marlboro e l’accendino con lo scudetto viola.»
Edited by Lupoalfa - 9/3/2013, 17:48
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