| Il Conte Italo e la Valle Incantata.
“Giulio, Giulio!” il Conte Italo chiamava di continuo, a voce sempre più alta, il suo fido domestico. Giulio non era il suo vero nome, lui era indiano, ma il Conte non aveva mai voluto imparare Girijanandan, troppo difficile. E poi: “Giulio è una gran bel nome, dovresti esserne felice” gli ripeteva sempre. Girijanandan, o Giulio per semplificare, era un uomo buono e soddisfaceva ogni desiderio del suo vecchio e bisbetico padrone. La mattina lo aiutava ad alzarsi dal letto, dato che l’artrosi lo sfiancava sempre più; lo accompagnava alla stanza da bagno, gli preparava la colazione, spalancava le finestre e iniziava a pulire per bene ogni angolo della villa. I due uomini non erano più tanto giovani, non avevano figli ed erano rimasti vedovi oltre vent’anni prima. Vivevano soli, Giulio e Italo, avvolti nella quotidianità di lamenti e sceneggiate del vecchio burbero e nello splendore decadente di un paesaggio perlopiù nebbioso, ma affascinante. La villa del Conte si trovava infatti al centro di Valle Acquapazza, che tutti i cittadini del paese di San Gallo del Gargarozzo chiamavano “Valle Incantata”, in onore alle cure che la moglie del Conte vi prestava quand’era ancora in vita. In questo luogo magico di terra e mare, uccelli selvatici e pesci variopinti si trovavano tutti i tipi di arbusti e fiori, alberi da frutta e animaletti curiosi come tassi, faine, volpi e lepri. Purtroppo il suo attuale proprietario non nutriva più alcun interesse nella cura della flora tipica del luogo e l’aveva lasciata moltiplicarsi in modo selvaggio e disordinato, tanto che l’intrico di cespugli e rovi era diventato quasi inestricabile. Un giorno di primavera qualcuno suonò al campanello del grande cancello in ferro battuto che conduceva all’entrata della villa: drin drin! “Chi può essere?” pensò Giulio. “Chi sta suonando al mio campanello?” tuonò il Conte Italo. “Giulio, vai a vedere chi è al cancello!” Il servitore si diresse curioso verso l’entrata della villa: non esisteva alcun modo di aprire dall’interno in quanto nessuno suonava alla porta del Conte da almeno vent’anni. Lentamente arrivò al cancello e guardò al di là delle inferriate: niente. “Che abbiano suonato davvero, o che me lo sia immaginato? No, ha sentito anche il Conte, mi ha mandato fuori a vedere: qualcuno è stato!” pensò il servitore. Giulio si sporse un po’ di più e vide dei piedi: “Chi sei?” disse a voce alta, intimorito. I piedi si mossero e spuntò una testa di capelli dorati e arruffati come frumento maturo appena raccolto dal campo. Giulio si mise a ridere: “E tu chi saresti?” Il giovanotto biondo dall’aspetto trascurato ma simpatico si mise in piedi, fece una giravolta, un bell’inchino e si presentò: “Ciao Girijanandan, io mi chiamo Attilio e sono un giardiniere magico!” e fece un altro inchino spalancando la bocca in un bel sorriso. Giulio lo squadrò ancora: “Come fai a sapere il mio nome?” “Ho tirato a indovinare” rispose subito il giovane con un sorriso astuto, guardandolo di sottecchi. Gli spiegò che stava cercando lavoro e che aveva saputo della splendida Valle che circondava la villa: quanto gli sarebbe piaciuto ammirarla almeno una volta! Lavorarci, poi, sarebbe stato un sogno… Giulio lo guardò e gli occhi schietti del ragazzo lo convinsero a presentarlo al Conte. Lo accompagnò alla porta della villa dove il vecchio Italo aspettava tutto adirato questo intruso che aveva osato disturbarlo. “Conte Italo, buongiorno” e Attilio si profuse nel più elegante degli inchini. “Come sai il mio nome?” “Come mai mi fate tutti la stessa domanda?” Giulio e il Conte si guardarono: chi era questo personaggio strano e un po’ sbruffone? “Carissimi ospiti, sono felice di essere qui con voi e spero che acconsentirete alla mia visita alla Valle Incantata. Potrei esservi di grande aiuto.” Il Conte divenne rosso in viso come una mela matura e iniziò a urlare e sbraitare che quella era casa sua, la Valle non era Incantata e quel piccolo furfante non poteva permettersi, non voleva nessun altro intorno a lui se non Giulio e… Svenne. Di colpo, puff! I due uomini lo circondarono immediatamente, lo rialzarono e lo fecero stendere sul divano; Giulio tutto preoccupato corse a preparargli un tè nero bollente aspettando il suo risveglio. Non sapeva se chiamare o meno il medico: il Conte odiava i dottori e lui non voleva fargli venire un altro attacco di rabbia appena sveglio. Il vecchio Italo si riprese dopo pochi minuti senza ricordarsi niente di quanto era appena successo. Bevve il tè, mangiò i biscotti alla cannella che tanto gli piacevano e uscì nel patio per godersi un po’ della brezza primaverile. In lontananza, tra la folta vegetazione della sua Valle, vide delle luci multicolori. Sbatté gli occhi più volte per capire se era un’allucinazione, ma no no! Era reale, delle luci multicolori si alzavano dagli alberi e si proiettavano nel cielo. Il Conte chiamò Giulio e insieme si diressero verso il centro dei bagliori: il giovane giardiniere magico stava potando alcuni arbusti con una forbice dorata che proiettava per metri e metri i suoi colori brillanti. Non appena il ragazzo tagliava, un nuovo ramo ricresceva, ma molto diverso dal precedente: alto, folto, con dei boccioli di fiori che in pochi attimi si aprivano e irradiavano nel cielo nuance splendenti. In pochi minuti la Valle divenne davvero Incantata e iniziò ad attirare tutti gli abitanti del paese: chi si ammassava ai cancelli, chi si avvicinava dal mare con la sua imbarcazione da pesca, chi cercava di ammirare dall’alto del campanile della chiesa la provenienza di quelle luci e la folta vegetazione brillante che si stagliava nel cielo. Il Conte Italo restò a bocca aperta, estasiato da quello spettacolo e commosso fino alle lacrime. Non aveva mai visto una bellezza simile: gli venne in mente l’amata moglie morta in giovane età che amava passare il tempo curando le piante della Valle, e le loro risate, le loro serate a teatro, la loro vita insieme. I suoi occhi pieni di lacrime si voltarono poi verso i bambini che fuori dal cancello della villa, nelle barche che dondolavano nel mare e sopra il campanile della chiesa, ridevano e ammiravano l’incanto: decise che era ingiusto tenere per sé quello spettacolo e aprì i cancelli della Valle Incantata a tutti gli abitanti del paese e delle città vicine. La voce si sparse rapidamente e da ogni dove giovani e anziani venivano a vedere quella meraviglia; il Conte intratteneva tutti, raccontava loro la storia della proprietà, di come il suo bisnonno l’avesse acquistata per pochi spiccioli oltre cento anni prima e si rese conto di quanto fosse stato triste non averla aperta ai visitatori tanto tempo prima. Giulio da parte sua sfornava biscotti per tutti i bambini che ogni giorno giungevano in visita, preparava tè e latte caldo, succo di frutta e sorrisi: non aveva avuto figli, ma amava i bambini e si sentiva un po’ lo zio di tutti loro. Ogni mattina i due abitanti della casa si svegliavano pieni di vita e di energia, l’artrosi del Conte era quasi sparita e con lei anche la malinconia: amavano passare i giorni circondati da tutte queste persone e speravano che l’atmosfera magica che li aveva avvolti continuasse per sempre. Ormai anche il giovane Attilio abitava con loro, portando allegria e gioia con le sue canzoncine e filastrocche, i suoi passi di danza e le piroette.
“Oh! Sono già arrivati i bambini? Mi devo essere appisolato!” il Conte Italo si alzò di colpo dal divano. Giulio gli si fece vicino tutto trafelato: “Quali bambini? Conte, si sente bene? Forse stava sognando?” Un sogno? Si avvicinò alla finestra, ma non c’era nessuna luce, nessun incanto. “Dov’è il giardiniere magico?” chiese a Giulio. “Si è seduto qui fuori, ha visto che si è agitato molto dopo aver parlato con lui ed è rimasto ad aspettare che si riprendesse.” Italo uscì più veloce che poté, corse incontro al giovane Attilio e lo abbracciò, dicendogli che lo avrebbe ospitato per tutto il tempo che avesse voluto e che poteva iniziare quando voleva a far risplendere la sua bella Valle fino a renderla davvero Incantata. Da quel giorno i cancelli della Villa restarono sempre aperti: gli abitanti del paese si avvicinarono prima con cautela, poi entrarono e iniziarono a far visita al vecchio Conte ogni giorno. I bambini venivano a giocare e aiutavano Attilio a curare i cespugli, gli alberi e le aiuole mentre Giulio preparava loro dolcetti e bevande fresche. I due abitanti della casa erano rinati, il sogno del Conte lo aveva fatto rappacificare col mondo e Girijanandan, che Italo aveva finalmente iniziato a chiamare col suo nome, aveva ritrovato una nuova giovinezza e un vecchio amico. Attilio, giardiniere magico, si preparò a partire: li salutò con la mano, fece un sorriso, una giravolta e un inchino e si diresse verso altre città, pronto a portare un po’ di sogni e incanto a chiunque ne avesse bisogno.
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