Abaluth - Scrivere, leggere, arte e cultura

Marco e Lorenzo - vivonic, ai miei cuginetti F. e F.

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view post Posted on 26/11/2012, 01:36
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E il sole tramontò e si offuscò dietro la valle. E, in un castello, vivevano due bambini: Marco e Lorenzo.
Tanti anni or sono, in una piccola città attorno al nulla, era stata costruita un’enorme fortezza. Dovete sapere che questo edificio aveva ben venti piani! Se pensate che un palazzo dei tempi nostri ne ha cinque, immaginate quanto doveva essere imponente. Ed era così largo, ma così largo, che se un bambino usciva fuori e si metteva in un punto qualsiasi del muro, non riusciva a vederne la fine in nessuna direzione.
Un bambino, sì. Difatti questa reggia non era residenza di principi o re: era un orfanotrofio. Lì venivano portati tutti i bambini che avevano perso i genitori e – badate bene – anche quelli che li avevano fatti disperare, per punizione.
Quanti bambini vivessero nel castello non lo sapeva nessuno: ogni settimana, difatti, da tutte le città vicine arrivava un vecchio treno sferragliante che portava sempre qualche nuovo ospite.
Non si stava male, comunque. I piccoli avevano a disposizione tante stanze per giocare, anche se molti non si erano mai mossi dal primo piano per paura di perdersi all’interno del castello. Ma questo era un problema dei più pavidi, non credete?
Tutti avevano un comodo letto di paglia dove riposare la notte. Accanto a esso, un otre di legno pieno d’acqua per lavarsi il viso al mattino, e un martelletto. Eh sì, nelle serate d’inverno, capitava che l’acqua si congelasse nottetempo e quindi si rendeva necessario avere un attrezzo per rompere il velo di ghiaccio in superficie e arrivare all’acqua, all’alba.
E poi si mangiava bene. Il pasto quotidiano veniva servito nella stanza più grande del castello – o forse la più grande del primo piano, non so – e per tutti c’era zuppa a volontà. Capitava, è vero, che alcuni giorni non c’era pane duro a sufficienza, e quindi essa risultasse un po’ più liquida, ma ai bambini piaceva tanto lo stesso, visto che non ne rimaneva mai nemmeno una goccia.
Insomma, dicevo, si viveva bene. Immaginate tutto questo spazio soltanto per dei bambini e per pochi educatori: suor Nerina e padre Gaetano che vivevano sempre al castello, e la signora Maddalena, addetta alle pulizie, che veniva tutti i giorni per riassettare le stanze più frequentate.

Marco e Lorenzo erano due fratellini di otto anni. I loro genitori non c’erano più e lo zio, che non poteva prendersi cura di entrambi, aveva deciso di non separarli e li aveva accompagnati personalmente presso il castello di padre Gaetano, che aveva fama di essere luogo ben idoneo a educare e far crescere due bambini della loro età.
I due si erano trovati, però, inspiegabilmente a disagio. Non avevano fatto amicizia e se ne stavano sempre in disparte, tanto che quasi tutti gli altri orfanelli ignoravano come si chiamassero, visto che non avevano mai rivolto loro la parola.
Come ogni notte, pure quella in cui successero gli avvenimenti qui narrati, Marco e Lorenzo stavano dormendo nella stessa stanza, la più piccola. Sceglievano quella perché era così piccola, ma così piccola che a stento c’era posto per un bambino solo. In realtà era uno sgabuzzino per le scope, ma a loro piaceva immaginare che fosse la casa dove vivevano da soli, e così si rintanavano lì dentro tutte le notti, per stare appartati e vicini, con buona pace di suor Nerina che ormai non cercava neanche più di convincerli a tornare nello stanzone insieme agli altri.
Marco si svegliò di scatto, ansimando. Nel buio dello sgabuzzino, gli sembrò di vedere qualcuno. Trattenne il fiato per qualche secondo, poi trovò un cerino per accendere la candela che teneva a portata di mano: nello stanzino non c’era nessuno, soltanto il fratellino che continuava a dormire.
Provò a chiudere gli occhi nuovamente, ma non riusciva a riprendere sonno. Allora cercò un altro cerino e lo accese. Forse destato dalla luce, o forse dal rumore che produceva Marco agitandosi nel suo pagliericcio, anche Lorenzo aprì gli occhi.
“Che cosa succede? Perché hai acceso la candela?” domandò al fratello.
“Non so. Mi era sembrato che ci fosse qualcuno…”
“Qui dentro? Chi vuoi che ci venga? Chiudi gli occhi e dormi” concluse quasi scocciato, riaddormentandosi all’istante.
Ancora una volta provò a girarsi e riprendere sonno, ma una brutta sensazione gli ronzava in mente. Così, per la terza volta, accese un cerino. Lorenzo non c’era più.
Davanti a Marco, tutta vestita di nero come sempre ma con un cappello a punta al posto del velo bianco, suor Nerina lo guardava in piedi con gli occhi spalancati, le unghie lunghe e affilate, la veste logora e sporca di polvere e con ai piedi un paio di zoccoli. In mano teneva una ramazza.
Marco non ebbe neanche la forza di urlare dallo spavento, prima che la monaca dicesse, ridendo: “Ah ah ah! Magia magia, Lorenzo non c’è più. Se lo vuoi rivedere, prima che il sole sorga devi trovare lo scheletro di mastro Vito, rimasto da qualche parte all’interno del castello. Solo così potrai rivedere Lorenzo. Coraggio, hai solo quaranta stanze dove cercarlo. Quaranta stanze… a piano! Ah ah ah! Corri, il tempo passa” concluse la megera, e svanì nel nulla.
Marco si riebbe quasi subito. Uscì dallo sgabuzzino e si precipitò nella stanza di padre Gaetano. Bussò all’impazzata, ma nessuno rispondeva. Allora si fece coraggio ed entrò lo stesso. All’interno, però, non c’era nessuno.
Sgomento, corse nello stanzone dove dormivano tutti. Avrebbe raccontato la faccenda agli altri bambini, e loro lo avrebbero aiutato di sicuro. Entrò, ma neanche lì c’era nessuno, e in più la candela stava quasi per consumarsi del tutto.
Iniziò a piangere, seduto per terra. Quando i singhiozzi furono finiti, si rialzò e andò in cerca di un altro lume. Lo trovò in cucina, insieme a dei fiammiferi. Prese tutto e cominciò ad avventurarsi per le stanze del castello, capendo che non poteva fare altro che cercare di capire dove fossero finiti tutti quanti.
Le scale di congiunzione tra un piano e l’altro gli facevano davvero paura. Non s’era mai avvicinato a esse, e ora invece era costretto addirittura a salirle.
Mentre rifletteva su quanto fosse saggio assecondare la minaccia di suor Nerina la strega, ecco che dietro di lui sentì dei passi. Si girò e vide padre Gaetano che avanzava verso di lui.
“Padre, padre, suor Nerina ha rapito mio fratello” disse singhiozzando.
“Ah sì? E ora ce lo mangiamo. Ah ah ah” rispose truce quell’individuo. Una volta che si fu avvicinato alla luce, Marco lo vide bene: era un orco con la testa enorme, anche se somigliava molto a padre Gaetano. Aveva le orecchie a punta, gigantesche; la mandibola destra spostata un bel po’ verso sinistra, e due denti gli fuoriuscivano dalla mascella; pochi capelli in testa, un occhio guercio e tantissimi peli sulle braccia che stavano per afferrarlo.
Marco emise un urlo mozzato e salì su per le scale senza nemmeno voltarsi. Quando fu arrivato al quinto piano, si guardò indietro e si accorse che l’orco non l’aveva seguito.

Aveva saltato quattro piani di ricerche, ma qualcosa gli suggeriva, dentro di sé, che se doveva trovare Lorenzo gli conveniva guadagnare tempo e cercarlo ai piani superiori. Non aveva idea di quante ore mancassero all’alba; di sicuro aveva dormito poco, ma non poteva essere certo che questo corrispondesse all’esser passato poco tempo.
Mentre pensava a tutto ciò, si sentì chiamare: “Marco! Marco!”.
Avanzò di qualche passo e riconobbe la sagoma di qualcuno che conosceva.
“Signora Maddalena – urlò piangendo – meno male che è qui! Non sa che cos’è successo…”
“Vieni qui e raccontamelo” urlò lei all’improvviso compiendo un balzo felino verso di lui. Era tutta vestita con bende bianche che la ricoprivano da capo a piedi. A Marco non occorse molto tempo per capire che la signora Maddalena era una mummia.
“Vieni da Maddalena” gridava inseguendolo, mentre lui scappava come un forsennato piangendo a dirotto. Aveva perso il conto delle rampe di scale salite e così, adesso, non sapeva neanche più a che piano si trovasse. Cominciava seriamente a credere che non avrebbe mai più rivisto l’adorato fratellino.
A questo punto, si disse, tanto vale arrivare fino all’ultimo piano, e poi farli tutti a ritroso.
Riprese a salire le scale, contando gli scalini per restare sveglio: il sonno cominciava a sopraffarlo.
Arrivò così alla fine della scalinata. Lunghissimi corridoi bui e gelidi si presentavano davanti a lui, e Marco non sapeva proprio da che parte cominciare. Avanzò titubante e vide, per terra, una ciocca di capelli. Pensò di essere arrivato nel posto giusto, si fece forza e cominciò le ricerche.
Le porte erano pesanti e cigolanti. Ogni volta che ne apriva una essa provocava un rumore sinistro terrificante, e i nervi del povero bambino erano ormai a fior di pelle. All’interno, grandissime stanze piene di oggetti strani, mobilia tarlata e panni polverosi a ricoprire cassettiere, tavole, quadri…
Dopo l’esplorazione di una stanza, e di un’altra, e di un’altra ancora e ancora, era giunto all’ultima del corridoio. Temendo di trovare il peggio visto che era l’ultima, aprì la porta con molta paura, piano piano. Subito sentì un velocissimo battito d’ali. Allora spalancò la porta di colpo e tantissimi pipistrelli neri volarono fuori dalla stanza, mentre Marco scappava via urlando di terrore.
Era tornato alle scale, ma sapeva di non aver controllato che cosa ci fosse all’interno di quell’ultima stanza. Non c’erano alternative: doveva ritornarci.

Avanzava rasente al muro, con la candela spenta per non consumarla del tutto e gli ultimi due cerini in mano, il cuore gli batteva all’impazzata. Toccò qualcosa di viscido, senza sapere che era il rettile che più lo terrorizzava in assoluto, e la candela gli cadde dalle mani per la sorpresa e la paura. Dovette accendere uno degli ultimi due fiammiferi rimasti per ritrovarla: era per terra in una pozza. Senza chiedersi che cosa fosse quel liquido, raccolse la candela e avanzò deciso; nemmeno si domandò che cosa lo avesse fatto trasalire. Il serpente non lo inseguì e se ne tornò sul muro, un po’ più in alto per non farsi disturbare nuovamente, perché al prossimo scocciatore un morso sul collo non l’avrebbe certo risparmiato nessuno!
Marco arrivò alla stanza di prima. La porta era ancora aperta, spalancata. Non un rumore proveniva dall’interno.
Entrò titubante, accese il fiammifero e vide una poltrona girata di spalle rispetto alla porta. Deglutì, intuendo che potesse esserci qualcuno seduto, e vi si avvicinò. Comodamente sopra, coi piedi appoggiati a uno sgabello, c’era un uomo che aveva smesso di essere tale da almeno cinquant’anni. Qualche lembo di pelle era ancora visibile sopra le ossa di quello scheletro certamente non conservato benissimo.
Una cordicina pendeva dal suo collo e un cartello legato a essa diceva: ‘Frantuma tutte queste ossa per far sì che tutto ciò non sia mai successo. Ricorda: hai tempo fino al sorgere del sole’.
Marco pianse ancora una volta. Provava orrore e raccapriccio soltanto all’idea di avvicinarsi a quell’essere disgustoso, figurarsi se aveva voglia di frantumargli le ossa una per una. Eppure il cartello appeso al collo dello scheletro non lasciava adito a dubbi…
Cercò nella stanza qualcosa che potesse aiutarlo: di sicuro era impensabile riuscirci a mani nude. In un angolo del pavimento, la luce della candela fece riflettere qualcosa. Marco si avvicinò e vide un martello nascosto da una moltitudine di ragnatele, con tanti di quei ragni sopra che era impossibile provare a contarli tutti.
Tra streghe, orchi, mummie, pipistrelli, scheletri e ragni (e fortuna che non s’era accorto del serpente!), le sue paure erano ora tutte concrete. Doveva superarle proprio tutte per dimostrare il proprio amore verso il fratello? A quanto pareva, sì.
Si fece coraggio ancora una volta, guardò bene dov’era il martello, chiuse gli occhi e andò diretto con le mani dove il cervello lo guidava. Rimase avvolto dalle ragnatele ma afferrò il martello e, urlando, cominciò a scuoterlo per cacciare via tutti i ragni che vi erano rimasti sopra.
Quando gli sembrò che non ci fossero più aracnidi sul martello, si pulì per bene le mani piene di ragnatele e si avvicinò allo scheletro che giaceva in poltrona. Lo guardò con gli occhi gonfi di lacrime e disse: “Spero soltanto che tu sia di plastica, come quello dell’asilo dove andavo”.
Cominciò a colpire la testa: tolta quella gli faceva tutto meno impressione. A ogni colpo che sferrava su mastro Vito, chiedeva scusa e recitava il requiem aeternam.
Marco era sfinito. Tra lacrime e sudore era fradicio, moriva di sonno e non capiva nemmeno che cosa ci facesse con un martello in mano, come un pazzo, però sapeva di dover riuscire a portare a termine la propria missione prima che il sole sorgesse.
Un raggio filtrò dalla finestra mentre il cielo schiariva.

E il sole tramontò e si offuscò dietro la valle. E, in un castello, vivevano due bambini: Marco e Lorenzo.

Edited by vivonic - 7/12/2012, 00:19
 
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view post Posted on 26/11/2012, 09:58

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Viv,
qui non siamo più a Brividi. Scherzo! Forse "Piccoli brividi", quelli per ragazzi. Quando ero bambina per tivù trasmetttevano le avventure di Mark Twain e questo racconto me lo ha ricordato un pò. Nel suo genere è bella, ben scritta, però io, è solo un parere, avrei messo un finale più allegro, che sa di vittoria del bene che prevale sul male. Magari una rivolta degli orfani e un loro riscatto. Sono solo pareri personali. Se diretta ad un pubblico di adolescenti va bene essere realisti.
Scrivi bene. In bocca al lupo!

Pat
 
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Lavella
view post Posted on 26/11/2012, 10:20




Bravo Vivonic, mi hai terrorizzata molto più che in Brividi. Considerato che la fiaba, al contrario di quanto si pensi, non è indirizzata ad un pubblico di bambini, direi che, pur se scioccante per un bimbo, questa può essere perfetta per un pubblico di adolescenti. Rispetto alla fiaba classica però non esiste la "morale". Perchè Marco subisce quest'incantesimo? Cosa ha fatto? Cosa impara in seguito a questa esperienza?
 
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sanguy
view post Posted on 26/11/2012, 14:00




CITAZIONE
E il sole tramontò e si offuscò dietro la valle. E, in un castello, vivevano due bambini: Marco e Lorenzo.

Troppe E in due frasi, sopratutto non dopo un punto.

CITAZIONE
Se pensate che un palazzo dei tempi nostri ne ha cinque, immaginate quanto doveva essere imponente

questa frase stona, si rivolge al lettore direttamente ma non stai leggendo stai scrivendo.

CITAZIONE
badate bene

Anche qui parli ...

CITAZIONE
non c’era pane duro a sufficienza,

non ci fosse pane ...

CITAZIONE
la signora Maddalena

Tanti bimbi e una sola donna delle pulizie ? Neanch superman :lol:

CITAZIONE
che aveva fama di essere luogo ben idoneo a educare e far crescere due bambini della loro età.

un orfanotrofio è un orfanotrofio, non proprio un posto da sogno e idoneo ...

AVrei dovuto continuare... lo stile è molto variabile, fra il parlato e il narrato. La storia in sè è carina ma è un non sense non molto da fiaba.
Ti consiglio di rileggere.
 
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missDFP
view post Posted on 26/11/2012, 14:39




Ciao vivonic,

non ho molto da dire sulla forma (e poi mi ripeterei perché ti è già stato segnalato cosa potrebbe non andare), ma il contenuto mi ha fatto rabbirividire.
Quindi non posso dire mi sia piaciuta: troppi mostri, troppa ambientazione horror per i miei gusti. Ma appunto sono i miei gusti, sicuramente ad altri piacerà di più.

Una piccola nota: ma le mummie sono così agili? Parli di balzo felino, io me le immagino più simili a zombie, quindi non propriamente così reattive, ma anche qui è interpretazione personale.

In bocca al lupo!

 
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Lupoalfa
view post Posted on 26/11/2012, 15:06




CITAZIONE (vivonic @ 26/11/2012, 01:36) 
Le porte erano pesanti e cigolanti. Ogni volta che ne apriva una, (mettere la virgola)essa provocava un rumore sinistro terrificante (togliere la virgola) e i nervi del povero bambino erano ormai a fior di pelle. All’interno, grandissime stanze piene di oggetti strani, mobilia tarlata e panni polverosi a ricoprire cassettiere, tavole, quadri…

Il prologo è splendido.
L'affetto tra i due fratellini (gemelli?) scioglie anche i cuori più duri. E basta questo per definire il tuo racconto una fiaba.
la storia è da brividi, con quello scheletro seduto sulla poltrona che mi ha ricordato "Psyco".
Nel finale. lasciato aperto a tutte le possibilità, io ci ho visto un futuro radioso per questi due fratellini.

Un racconto veramente bello (che è scritto bene non te lo dico nemmeno, perché è una tua dote: solo due virgole che non mi tornano).

:) :) :)
 
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Esterella
view post Posted on 26/11/2012, 18:05




Per me tutte quelle e, rappresentano un modo personale di raccontare che a dire la verità mi piace, forse proprio perchè insolito. Tutto il racconto-fiaba ha un suo fascino, trascina, emoziona e fa anche paura per cui non posso dirti altro che è scritto bene. Lo vedrei perfetto per una raccolta di "piccoli brividi". In bocca al lupo Viv.
 
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gioberta
view post Posted on 26/11/2012, 18:13




Mi sto riprendendo dallo spavento!! Mamma mia che roba!! All'inizio pensavo fosse una storia alla Dickens, con gli orfanelli malnutriti e maltrattati in un gigantesco orfanotrofio. Poi sei passato dall'ironia iniziale ( che non credo i bimbi possano capire) alla descrizione minuziosa e repellente di tutti i mostri in circolazione, descrizione che farebbe impallidire Dario Argento in persona. Infine concludi con un finale ermetico. Io, che a differenza di Lavella, sono solita raccontare le fiabe ai bambini, non credo che potrei consigliare la tua ad un pubblico di anime innocenti. Senza offesa!
Gioberta
 
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view post Posted on 26/11/2012, 18:34
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Ciao a tutti ragazzi. Ovviamente ho aspettato i primi commenti prima di dire qualcosa, che adesso esprimo. Come qualcuno di voi ha già capito, ad esempio l'amico lupo o gioberta quando afferma che i bimbi non possono capire, ho tentato di creare un doppio binario.
Mi spiego: se un bambino legge il Mein Kampf, non ci capisce nulla e tanto basta: va letto in età più adulta. Di contro, se un bambino legge (o sente) questa fiaba, non è che non capisce nulla: capisce a modo suo. Ovvero quello che un bambino deve capire.
Il bambino è felice di sapere che gli orfanelli se la passavano bene, in un grande castello con tanta zuppa tutti i giorni. L'adulto rabbrividesce capendo l'ironia.
Il bambino pensa che Marco sia riuscito nel suo intento finale, tanto che quando sorge il sole torna tutto come prima, ovvero all'inizio della storia, e tutto ciò non è mai successo. Qual miglior lieto fine? L'adulto invece pensa al mito di Sisifo e si dispera ancora di più...
Questo è il mio intento. Dai vostri commenti non credo di aver fallito, in effetti, anzi :D Resta ovvio che tutti i parlati sono strumentali alla narrazzione. sanguy non mi conosce (ciao :) ), quindi non sa quanti racconti ho penalizzato per gli inserimenti del narratore (gli amici ricorderanno senz'altro Ido di Rossana ;) ). Ma questo è un altro genere, e credo che la fiaba vada raccontata, non letta. D'altronde richiama la tradizione popolare orale, quindi se c'è un genere in cui io non voglio leggere ma voglio sentirmi raccontare è proprio questo, e io quindi ve lo racconto :D
Poi a ciascuno i propri gusti :lol:

CITAZIONE (Lavella @ 26/11/2012, 10:20) 
Bravo Vivonic, mi hai terrorizzata molto più che in Brividi. Considerato che la fiaba, al contrario di quanto si pensi, non è indirizzata ad un pubblico di bambini, direi che, pur se scioccante per un bimbo, questa può essere perfetta per un pubblico di adolescenti. Rispetto alla fiaba classica però non esiste la "morale". Perchè Marco subisce quest'incantesimo? Cosa ha fatto? Cosa impara in seguito a questa esperienza?

Hai risposto tu a Pat
C'è una frase che ho inserito apposta, a un certo punto: tra streghe, orchi (ecc ecc) tutte le sue paure erano saltate fuori (una cosa del genere).
La morale (e l'insegnamento) sarebbe proprio quella di affrontare le proprie paure per non lasciarle irrisolte. Solo che io lo faccio fare a Marco frantumando lo scheletro col martello pieno di ragnatele, invece di farlo dire a Maitre Corbeau :lol:
Vista la stima che hai dimostrato verso i miei scritti a Brividi (e mica dimentico che sei l'unica che m'ha votato :D ) mi piacerebbe sapere che cosa ne pensi, se può essere evidente a una seconda lettura, se invece si perde completamente...

CITAZIONE (Esterella @ 26/11/2012, 18:05) 
Per me tutte quelle e, rappresentano un modo personale di raccontare che a dire la verità mi piace, forse proprio perchè insolito. Tutto il racconto-fiaba ha un suo fascino, trascina, emoziona e fa anche paura per cui non posso dirti altro che è scritto bene. Lo vedrei perfetto per una raccolta di "piccoli brividi". In bocca al lupo Viv.

E qualcosa rimane tra le pagine chiare e le pagine scure, e cancello il tuo nome dalla mia facciata, e confondo i miei alibi e le tue ragioni...
Il tuo commento è stato fatto al mio Maestro nel 1975... Tu l'hai fatto a me, che posso volere di più? :wub: :wub: :wub:
 
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Lavella
view post Posted on 26/11/2012, 19:02




Si è vero ad una seconda lettura appare più chiara. Non avevo dato la giusta importanza a quella frase. Marco si autoimpone una prova per superare le sue paure. Racchiude quindi in se tutti i personaggi della fiaba classica. Rappresenta sia la strega che il bambino insomma. Un autodidatta in piena regola. Molto carino!
 
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view post Posted on 26/11/2012, 19:16
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CITAZIONE (Lavella @ 26/11/2012, 19:02) 
Si è vero ad una seconda lettura appare più chiara. Non avevo dato la giusta importanza a quella frase. Marco si autoimpone una prova per superare le sue paure. Racchiude quindi in se tutti i personaggi della fiaba classica. Rappresenta sia la strega che il bambino insomma. Un autodidatta in piena regola. Molto carino!

Ok grazie :D Almeno con te, esperimento riuscito... Vediamo che ne penseranno gli altri :unsure:
 
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view post Posted on 27/11/2012, 11:25

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La tua fiaba è chiara e lineare. Io ho recepito che alla fine, il ragazzino, frantumando lo scheletro scaccia i malefici e garantisce la libertà a sè e agli altri orfani.
Ti avevo suggerito un finale più enfatico, più gioioso ma era solo un parere personale.
Ribadisco che scrivi bene e che finora la tua fiaba è diversa dalle altre. Un tocco di originalità ci vuole.
Complimenti.
 
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view post Posted on 27/11/2012, 12:25
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CITAZIONE (patrizia benetti @ 27/11/2012, 11:25) 
La tua fiaba è chiara e lineare. Io ho recepito che alla fine, il ragazzino, frantumando lo scheletro scaccia i malefici e garantisce la libertà a sè e agli altri orfani.
Ti avevo suggerito un finale più enfatico, più gioioso ma era solo un parere personale.
Ribadisco che scrivi bene e che finora la tua fiaba è diversa dalle altre. Un tocco di originalità ci vuole.
Complimenti.

Grazie mille ancora Pat :wub:
 
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bluninja636
view post Posted on 27/11/2012, 14:40




Ciao, mi è piacito molto il tuo lavoro,ho solo un paio di precisazioni da suggerirti.
Non avevano fatto amicizia ed erano sempre sulle loro, tanto che quasi tutti gli altri orfanelli ignoravano come si chiamassero, visto che non si erano mai rivolti la parola tra di loro. (visto che non avevano mai rivolto loro parola)
Avanzando rasente al muro, con la candela spenta ...Avanzava....
Senza chiedersi che cosa fosse quel liquido, raccolse la candela e avanzò deciso, senza domandarsi nemmeno che cosa avesse toccato che lo aveva fatto trasalire.
...cosa fosse la cosa che lo aveva fatto trasalire.
Dovresti introdurre il serpente prima di dire che non lo ha inseguito.
accese il fiammifero e vide una poltrona girata di spalle verso la porta. ...e vide una poltrona girata di spalle rispetto alla porta.
Complimenti.
 
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marcoad82
view post Posted on 27/11/2012, 18:00




Ciao vivonic, trovo un po' difficile giudicare il tuo racconto, perchè da un lato è scritto bene, con un linguaggio appropriato e molto descrittivo, dall'altro, forse è troppo descrittivo, quasi al punto da lasciare in secondo piano il resto. Sono d'accordo con te sul fatto che la fiaba vada raccontata (ed è anche la scelta che ho fatto io con la mia). all'inizio ero molto preso dalla tua fiaba, con la descrizione del castello ecc, però poi coi mostri e gli spaventi vari e la sua ricerca interminabile nelle sale mi ha un po' stufato.

Non sono sicuro che sia molto fiabesca... e gli elementi horror non aiutano in questo senso.

CITAZIONE
E il sole tramontò e si offuscò dietro la valle. E, in un castello, vivevano due bambini: Marco e Lorenzo.

mi rendo conto che questo inizio anticonvenzionale sia voluto, ma 4 E di seguito stonano, e iniziare con una E... non mi piace, sembra che manchi qualcosa.

CITAZIONE
I due si erano trovati, però, inspiegabilmente a disagio. Non avevano fatto amicizia ed erano sempre sulle loro, tanto che quasi tutti gli altri orfanelli ignoravano come si chiamassero, visto che non si erano mai rivolti la parola tra di loro.

potresti troncare dopo "parola"

CITAZIONE
Come ogni notte, anche la notte che successero gli avvenimenti che andiamo a raccontare

troppe K

CITAZIONE
la mandibola destra spostata un bel po’ verso sinistra

mmm...

CITAZIONE
Penso di essere arrivato nel posto giusto, si fece forza e cominciò le ricerche.

Pensò


Il finale poi lascia un po' l'amaro in bocca...

nel complesso... ben scritta e scorrevole, con un linguaggio adatto, ma ha una trama che tradisce le aspettative e rischia il fuori tema
 
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