| Tanto tempo fa, nel regno dei monti Uralli, la Regina diede alla luce una splendida bambina. Il Re festeggiò l'evento organizzando banchetti e musiche per le strade del paese e tutti non fecero altro che parlare per settimane della nuova arrivata. Clotilde crescendo diventava ogni giorno più bella, ma tanto più il suo aspetto esteriore era attraente, tanto meno il suo intelletto si sviluppava. A dire il vero era proprio stupidotta, ma essendo la figlia del Re nessuno osava mancarle di rispetto. Non le piaceva studiare e nemmeno fare i compiti: passava le giornate a bighellonare nel bosco e a raccogliere fiori. La madre era disperata. Il sovrano, dal canto suo, avrebbe voluto sistemarla con un matrimonio di convenienza, in modo che le traballanti finanze del regno potessero risollevarsi, e poco gli importava che la figlia non fosse particolarmente intelligente. A nulla però era servito organizzare nel castello feste e balli a cui partecipavano i principi dei regni vicini; poiché anche se in un primo momento erano attirati dalla bellezza della ragazza, appena costei apriva bocca la sua ignoranza allontanava tutti quanti. Dopo lunghe ricerche tra gli scapoli blasonati, finalmente il sovrano trovò lo sposo adatto per sua figlia: il Duca di Bellis, un uomo brutto e vecchio ma decisamente ricco. Quando fece consegnare la missiva al Duca offrendogli Clotilde in sposa, a costui parve di sognare. Aveva capito l'intento del Re, ma in fondo lui era anziano e non avrebbe avuto senso possedere tutte quelle ricchezze senza poterle condividere con qualcuno prima di morire, inoltre la fanciulla era davvero molto avvenente. Il Duca accettò la proposta e fece recapitare al sovrano un anello di fidanzamento per la figlia: la pietra era grandissima e alla luce brillava come fosse il sole, ma nonostante questo Clotilde non era entusiasta, perché avrebbe voluto sposare un bel Principe e non un Duca decrepito. La mattina seguente, come di consueto, la ragazza si recò al lago a raccogliere dei fiori e per non rovinare l'anello lo sfilò riponendolo nel corpetto del vestito. Si trastullava vicino all'acqua perché lì gli arbusti erano più rigogliosi, ma a un tratto una voce la fece sussultare. “Ciao, cra... come ti chiami?” Si guardò intorno, ma non vide nessuno allora continuò a estirpare piantine. “Ehi, sono qui, cra... non mi vedi?” La ragazza spaventata guardò verso il lago e un enorme rospo verdognolo la stava fissando con gli occhi sbarrati e le gote gonfie. “Oh mio Dio, ma tu parli?” “Certo mia cara. Cra. Ti vedo tutti i giorni raccogliere fiori, ma non ho mai avuto il coraggio di avvicinarmi. Cra.” Rispose l'animale in visibile imbarazzo. “E cosa avrebbe da dire un orribile essere come te a una meravigliosa ragazza come me?” “Be' il mio aspetto non è sempre stato così: una strega cattiva mi ha fatto un incantesimo e da Principe mi ha trasformato in rospo. Cra. Per liberarmi occorrerebbe l'aiuto di un'avvenente fanciulla. Cra.” Clotilde, attirata dall'idea che sotto quel viscido animale potesse nascondersi un magnifico Principe, era incuriosita e voleva saperne di più. “E sentiamo... cosa dovrei fare per liberarti dall'incantesimo?” “Dovresti baciarmi. Cra.” Clotilde fece una smorfia di ribrezzo, ma poi ci pensò meglio: in fondo si trattava di un solo bacio e se il rospo fosse diventato un bellissimo principe lei l'avrebbe sposato e non sarebbe stata costretta a sopportare il vecchio Duca per il resto della sua vita. “E va bene. Mi hai convinta... avvicinati.” Il rospo pazzo di gioia fece un balzo verso la ragazza e attese con ansia il bacio, che durò parecchio. Dopo qualche minuto Clotilde si staccò e fissò l'animale. “Be'? Come mai non ti trasformi? Io ti ho baciato a lungo proprio per essere sicura di riuscire a rompere l'incantesimo.” “Che ci vuoi fare? Cra. Queste cose a volte funzionano, altre volte no. Pazienza, sarà per la prossima occasione. Cra.” Il rospo, ridacchiando per la stupidità della ragazza che credeva ancora a simili favolette, si tuffò nell'acqua e scomparve. Clotilde rimase dubbiosa per un po' e continuò ancora a chiedersi in cosa avesse sbagliato, ma alla fine se ne fece una ragione e non ci pensò più. Tirò fuori l'anello d'oro dal corpetto, lo lustrò bene con il tulle del vestito e se lo infilò al dito soddisfatta. In fondo tutto è bene quel che finisce bene: il Duca era brutto e vecchio, ma anche pieno di soldi... e con questa prospettiva riprese la strada del ritorno fischiettando allegramente.
Edited by bibina74 - 25/11/2012, 18:48
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