| LA TORRE
C'era una volta, in un paese lontano, un re. Contro la sua volontà egli aveva avuto due figlie. Contro la sua volontà perché, in effetti, avrebbe preferito avere un erede maschio, si era sempre immaginato di far crescere il ragazzo, insegnandogli tutto il necessario per farlo divenire in futuro un ottimo re, migliore di quanto fosse stato egli stesso, ed era stato un buon re per il suo popolo. Nonostante la delusione le due figlie costituirono una immensa gioia per lui e per la regina, ed egli era orgoglioso di vederle crescere sagge e serie, pensando che anche loro sarebbero state delle buone regine per il suo paese se avessero scelto dei buoni compagni che le aiutassero nel loro futuro incarico. Purtroppo il regno era spesso oggetto di aggressioni dai paesi confinanti, egli cominciò a temere per la sorte delle sue figlie, lui e la moglie si preoccupavano vedendo in ogni attività un pericolo imminente, spesso si svegliavano nel cuore della notte con la paura di non trovarle più e correvano per controllare i loro letti. Invece di diminuire, con il passare degli anni, i loro timori aumentavano costantemente, così alla fine decisero di far costruire ai lati del castello due altissime torri, una di fronte all'altra, in cui far vivere al sicuro le loro figlie. Cominciò così la costruzione parallela delle due torri, ogni giorno i lavori venivano mostrati al re, ma egli chiedeva che continuassero ancora, perché nessuna scala avrebbe mai dovuto raggiungere le loro finestre. E la costruzione sarebbe continuata ancora se la regina non gli avesse fatto notare che loro sarebbero dovuti salire ogni giorno in entrambe le torri per stare con le figlie e che non erano più così giovani da poter salire tanto in alto. Così si stabilì che l'altezza era sufficiente. Le stanze che furono costruite in cima alle due torri erano molto belle, contenevano tutto quello che una persona potesse desiderare, una biblioteca completa di libri di ogni disciplina, una stanza piena i giochi, perché in fondo erano ancora delle bambine, e una stanza piena di dolci e di ogni pietanza fosse richiesta, oltre al letto e a un armadio pieno i vestiti. Le due torri non erano molto lontane l'una dall'altra, in modo che le due sorelle potessero parlare tranquillamente l'una con l'altra. E infatti, la mattina la prima cosa che facevano era andare alla finestra e aspettare che anche l'altra si svegliasse. Il loro non era un isolamento perché insegnanti di storia, matematica, buone maniere, musica e ballo e di ogni altra cosa, compresa economia, potesse essere utile a una futura regina, si recavano nelle loro stanze, solo che dopo essere saliti per tutte quelle scale, passavano una buona mezz'ora sul divano cercando di riprendersi. Quando non erano impegnate nei loro studi, passavano il tempo alla finestra inventano giochi che potessero fare a distanza. Poiché non mancava niente loro, si sentivano felici. Crescendo però incominciarono ad accantonare i giochi, ma continuarono a passare il loro tempo libero alle finestre raccontandosi quello che succedeva sotto di loro. Potevano infatti vedere gran parte del loro paese, vedevano le cose più belle: la notte, la città illuminata, gli alberi con tutti i loro abitanti, gli uccelli che volavano alla loro altezza e che utilizzavano i bordi delle torri per costruirvi i loro nidi, e che loro con molta pazienza cercavano di addomesticare, lasciando delle mollichine e cercando di avvicinarsi ad essi, ma senza ottenere grandi risultati, si arrivava a vedere il mare, sul quale ogni tanto scivolava qualche nave. Ogni tanto si ripromettevano di non addormentarsi per aspettare l'alba, e cercavano di tenersi sveglie a vicenda, ma il più delle volte crollavano, addormentandosi alla finestra e svegliandosi poi quando il sole era già alto. Il re poteva compiacersi della sua idea perché in effetti lassù erano inaccessibili, al sicuro da ogni pericolo, così in quegli anni aveva potuto dedicarsi all'amministrazione del suo regno senza essere distratto da altre preoccupazioni. Certo, le figlie crescevano e poteva porsi il problema del loro futuro, della scelta di uno sposo, difficile da fare da lassù, ma in suo soccorso venne una sorta di leggenda che si era creata sulle sue figlie. Senza che lui l'avesse mai pensato, tutti erano convinti che l'uomo che fosse riuscito a scalare le due torri avrebbe avuto in sposa le due principesse, a questo si aggiungevano anche le decantazioni delle due principesse, anche se nessuno le aveva più viste da quando erano due bambine, o meglio tutto il paese poteva ben vederle ma così da lontano che si poteva distinguere ben poco. Si vedeva infatti da una torre sbucare la testolina bruna e attenta di una e dall'altra solo i lunghi capelli biondi della seconda, che spesso sventolavano dalla finestra. Comunque non si dubitava che fossero bellissime, oltre che colte, eleganti, piene di grazia e di virtù. Inoltre erano principesse e future regine e molti furono attratti dalla sfida di scalare le torri. I pretendenti si dividevano quindi nel partito della bionda e in quello della bruna, mentre il re vigilava su questi uomini, pronto ad intervenire al momento opportuno. In realtà non erano molti quelli che provavano l'arrampicata, poiché giunti alle sue basi, guardando in alto disperavano all'idea di raggiungere la cima, quindi tornavano indietro rassegnati. Anche perché mancavano punti d'appiglio cui aggrapparsi nel percorso. La vita delle due principesse trascorreva serena, ogni giorno ammiravano il lieto mettersi in moto della vita del paese, le comitive di giovani che si riunivano e scherzavano insieme, gli uomini addetti ai più diversi lavori, i pranzi in famiglia, le feste con musica e danze. Spalancavano gli occhi e ammiravano tutti quei divertimenti che a loro non erano consentiti, nonostante ciò non si sentivano tristi, sapevano che loro erano le principesse di quel regno e che la loro vita era necessariamente diversa da quella degli altri, inoltre non avevano mai partecipato a quel genere di vita e di conseguenza non ne sentivano la nostalgia, lo apprezzavano al contrario come un gaio spettacolo cui assistere. Un giorno passò davanti al castello un giovane, che rimase colpito dai lunghi capelli biondi della principessa e sapendo che l'unico modo per ammirarla era arrampicarsi, decise di provarci. Cominciò a fare dei cenni da basso alla ragazza, ai quali all'inizio lei sorrise, ma in seguito non sapeva cosa rispondere, poiché, dopo aver iniziato la sua salita ed essere caduto un paio di volte, non pareva intenzionato ad arrendersi, per giunta non faceva che rivolgerle delle domande e farle dei complimenti, benché non dovesse vederla molto bene. Intimorita dall'audacia che non sapeva come ricambiare, la principessa spesso si allontanava dalla finestra, senza rispondere alle sue domande, fingendosi impegnata in altre attività. A furia di provarci il giovane cominciava a salire lungo la torre, mentre la ragazza da una parte avrebbe voluto guardare come si comportava quel ragazzo, ed era curiosa di sapere cosa le avrebbe detto o fatto, ma dall'altra non sapeva come comportarsi con lui, essendo questa una cosa su cui non aveva mai riflettuto. E se fosse arrivato alla sua finestra cosa avrebbe dovuto fare? Spesso lui le chiedeva di affacciarsi e avrebbe voluto vederla, ma lei al contrario indietreggiava all'interno della stanza, facendogli a volte dire dalla cuoca che era impegnata, o altre non rispondendogli nulla. Quando si decise ad avvicinarsi alla finestra vide che lui era salito per un buon tratto, aveva le dita insanguinate e lei si sentì in colpa per averlo ignorato fino a quel momento, ma lui vedendola finalmente ed essendo molto stanco, le disse solo che rinunciava e si lasciò scivolare giù. All'inizio la principessa fu molto sorpresa, si arrabbiò, si rattristò, poi si sentì sollevata perché così avrebbe avuto modo di riflettere su quello che era il comportamento più adatto, pensando che forse sarebbe potuto tornare ancora, in seguito però le vennero altri dubbi, si chiese perché avesse rinunciato, forse vedendola più da vicino, lui l'aveva trovata brutta, cominciò quindi a guardarsi con molta più attenzione allo specchio, convincendosi di non essere molto attraente e rattristandosi. Non avendo termini di paragone con altre ragazze giovani, oltre alla sorella, con cui confrontarsi, cominciò a guardare con crescente attenzione dalla torre le ragazze che giravano per la città, studiandone gli atteggiamenti e indumenti, anche se non poteva sentirne le parole. Nel frattempo, presa da queste riflessioni e da questi nuovi interessi non si era accorta di un giovane che era solito passare dal castello e fermarsi nei pressi della torre della sorella. Questo giovane all'inizio parve disinteressato: camminava, si fermava, guardava in alto, ma allo stesso tempo sembrava impegnato a fare altro, parlava con altra gente, sembrava non interessarsi molto alla torre e alla sua scalata e dapprima anche la principessa bruna non lo considerava come uno dei suoi pretendenti, invece di cimentarsi subito nella scalata, cominciò a far pervenire delle poesie alle sue stanze tramite una cameriera, poi a recitarle e prima di risalire la torre la principessa era già innamorata di lui, ragione per cui quando finalmente lui provò ad arrampicarsi, la bruna principessa lo guardava combattuta tra la curiosità, la gioia, la paura, ma quando lo vide cominciare a cedere, quando le sue mani cominciarono a sanguinare e il volto a contrarsi per lo sforzo, non ebbe dubbi, tirò fuori tutte le lenzuola, le tovaglie e le tende che trovava e gliele lanciò giù, in modo che nei momenti di stanchezza avrebbe avuto un appoggio accanto. Grazie proprio a quella corda il giovane riuscì a completare la salita e raggiungere la principessa, che lo accettò come sposo e furono così accolti e festeggiati da tutto il regno. La sorella aveva assistito a questa avventura provando strani sentimenti, si era emozionata, si era commossa, ed ora era felice per la sorella più fortunata, ma pensava che lei non avrebbe mai tirato giù una fune non conoscendo quell'uomo, come avrebbe potuto essere così certa di volere che la raggiungesse da aiutarlo a farlo? Allo stesso tempo si rendeva conto che in passato era stata lei ad aver torto, se ne avesse avuto il coraggio forse anche lei ora sarebbe felice e innamorata, eppure non aveva avuto il desiderio di farlo, mentre si immaginava che sarebbe dovuto accadere in modo spontaneo. E ora si trovava ormai unica abitante di quelle stanze nel cielo, da una parte si sentiva molto più sola, non vedeva più la sorella ogni mattina al lato opposto della finestra, e non darle la buonanotte prima di addormentarsi, non dividere la stessa situazione la rendeva molto più triste. Ora era l'unica che tutti guardavano da laggiù. Ma allo stesso tempo la felicità raggiunta dalla sorella la faceva sperare che anche per lei le cose sarebbero andate allo stesso modo. Cominciò così a guardare con molta più attenzione i radi scalatori, scrutandoli e cercando motivi per approvarli o per scartarli, ma nessuno le sembrava adatto a lei, non provava nessun desiderio di aiutarli a salire, né qualcuno di loro provava a raggiungerla in modo diverso o le mandava lettere o recitava poesie, qualcuno declamava che l'avrebbe raggiunta, le faceva complimenti improbabili, visto che non poteva vedere davvero quanto fosse bella e sembravano più interessati a raggiungere un obiettivo che a trovare l'amore. A parte questi tentativi, il suo tempo era sempre più immerso nella vita della città e dei suoi abitanti, alcuni ormai li conosceva bene, sapeva quali movimenti compivano, guardava il parco dove si incontravano i fidanzati, li guardava passeggiare, litigare, far pace, rincorrersi, dall'alto poteva vedere anche quali coppie secondo lei andavano bene e quali non erano destinate a resistere, poteva immaginare l'incontro di persone sconosciute, ma che secondo lei erano fatte l'una per l'altra, vedeva le feste in cui giovani e vecchi ballavano tutti insieme. Dopo mesi di tale attività subentrò una certa frustrazione, nello stare sempre lì rinchiusa ad aspettare, le sembrava di non vivere neanche, di essere come un povero animaletto intrappolato, diffidava del suo stesso concetto di amore, che forse non avrebbe mai trovato, imprecava contro i genitori che l'avevano costretta ad una vita così, privandola della libertà, aveva tutto, non le mancavano le cose più belle, aveva la luce, la musica, i colori, una vita più felice di chiunque altro, eppure vuota, finta, a che le servivano tutti i suoi vestiti se nessuno li vedeva, che importava pettinarsi e farsi bella? Così a volte si gettava disperata a piangere, per terra, o si scagliava contro la porta della sua prigione, altre volte si ritrovava a ballare da sola, sentendo la musica venire dalle feste, roteando da una colonna all'altra della stanza fingendole cavalieri, ma senza sentire mai il calore di un abbraccio su di sé. Ma mentre il desiderio sembrava consumarla si accorgeva anche che il mondo non era fatto tutto di cose belle come le era sembrato all'inizio, la vita era fatta anche di infelicità, come aveva visto dalla sua finestra, quando vide una coppia litigare aspramente, spingersi, gridare, finché un giorno non vide l'uomo andar via di casa e la donna disperata gettarglisi ai piedi, afferrarlo alle caviglie pur di trattenerlo, senza tuttavia riuscire a fermarlo, restando distesa per terra, scossa da singhiozzi che non riusciva a fermare. Pensò che non aveva mai visto una scena più angosciante. E vide anche bambini soli, sperduti, camminare per la città, fermandosi a guardare nelle vetrine di negozi cose che non avrebbero mai comprato, vide donne lavorare per tutto il giorno per tornare a casa la sera senza più forza e mettersi a lavorare a casa, o uomini soli riempire le loro giornate con il liquore in un bar. Guardando con attenzione vide cose a cui non aveva mai pensato e si chiese dove fosse la felicità nella vita di quelle persone, rifletté che la sua era sempre la vita di una privilegiata, era sciocco e ingrato allora piangere e disperarsi. Però non poteva negare che il suo cuore era afflitto, come se ogni giorno si svuotasse di qualcosa. Inoltre quello che aveva visto le aveva fatto capire che l'amore, la felicità, non durano per sempre, che si può anche amare e non essere ricambiati, che si può essere abbandonati, che la gioia può cedere facilmente il posto al dolore. Mentre prima guardava ai suoi pretendenti e al suo destino come a un gioco spensierato, ora li osservava con sospetto. La felicità non è garantita, ma è un dono che può esserci portato via in ogni momento. Tutto questo si scontrava col suo desiderio di amore che viceversa cresceva sempre di più, e a volte la lasciava senza forze sul letto senza più la voglia di vestirsi e guardare fuori. Desiderava anche lei amare qualcuno, ma si augurava che nessuno arrivasse alla sua finestra. Un giorno passava ai piedi della torre un giovane che non aveva mai visto, si fermò lì sotto e fissò il suo volto alla finestra, non disse niente, restò a guardarla. Turbata da quello sguardo, rientrò, si guardò allo specchio e vide le sue guance bruciare, sciolse i capelli e tornò alla finestra e lo trovò ancora lì fermo nella stessa posizione, restò ancora alcuni minuti, ma poi si voltò e andò via. Lei pensò di essersi innamorata perché lui era senza dubbio l'uomo più bello che lei avesse mai visto e perché nei suoi occhi c'era qualcosa che lei non aveva mai visto prima. Tutti i giorni aspettò che quell'uomo tornasse, sperando che salisse sulla torre e promettendo a se stessa che questa volta lei lo avrebbe aiutato, ma non lo rivide più passare sotto il castello né altrove, tutti i suoi pensieri erano rivolti a lui, pur non avendolo mai sentito parlare era certa che nessun altro uomo avrebbe potuto renderla felice. Si tormentò pensando a quello che avrebbe potuto fare, ma lui non aveva fatto nessun gesto che lei avrebbe potuto incoraggiare, sarebbe stato troppo anche per una donna più disinvolta di lei, invitarlo a provare l'arrampicata, ma per la timida, insicura, malinconica principessa era impensabile, né le sembrava adeguato lasciar cadere un fazzoletto perché lui tentasse una scalata incerta e pericolosa per riportarglielo. Passarono mesi e anni senza che lui tornasse e lei sapesse cosa aveva significato quello sguardo, ma lei si convinse che non aveva guardato nemmeno lei, probabilmente era un costruttore di torri e stava studiando l'edificio e capì che non l'avrebbe più visto. Continua a guardare dalla sua torre, guarda gli uomini che le si presentano e non le piacciono mai e che non aiuta, segnala i casi più bisognosi perché i suoi genitori li aiutino, non esclude che arrivi l'uomo giusto, ma non saprà mai cosa sarebbe successo se alla vista di quell'uomo che solamente le sciolse il cuore avesse avuto più coraggio, si fosse precipitata giù per le scale per inseguirlo, perché, in fondo, la vera prigione è quella che noi ci costruiamo attorno con le nostre paure.
LA TORRE
C'era una volta, in un paese lontano, un re. Contro la sua volontà egli aveva avuto due figlie. Contro la sua volontà perché, in effetti, avrebbe preferito avere un erede maschio, si era sempre immaginato di far crescere il ragazzo, insegnandogli tutto il necessario per farlo divenire in futuro un ottimo re, migliore di quanto fosse stato egli stesso, ed era stato un buon re per il suo popolo. Nonostante la delusione le due figlie costituirono una immensa gioia per lui e per la regina, ed egli era orgoglioso di vederle crescere sagge e serie, pensando che anche loro sarebbero state delle buone regine per il suo paese se avessero scelto dei buoni compagni che le aiutassero nel loro futuro incarico. Inoltre, poiché il regno era spesso oggetto di aggressioni dai paesi confinanti, egli cominciò a temere per la sorte delle sue figlie, lui e la moglie si preoccupavano vedendo in ogni attività un pericolo imminente, spesso si svegliavano nel cuore della notte con la paura di non trovarle più e correvano per controllare i loro letti. Invece di diminuire, con il passare degli anni, i loro timori aumentavano costantemente, così alla fine decisero di far costruire ai lati del castello due altissime torri, una di fronte all'altra, in cui far vivere al sicuro le loro figlie. Cominciò così la costruzione parallela delle due torri, ogni giorno i lavori venivano mostrati al re, ma egli chiedeva che continuassero ancora, perché nessuna scala avrebbe mai dovuto raggiungere le loro finestre. E la costruzione sarebbe continuata ancora se la regina non gli avesse fatto notare che loro sarebbero dovuti salire ogni giorno in entrambe le torri per stare con le figlie e che non erano più così giovani da poter salire tanto in alto. Così si stabilì che l'altezza era sufficiente. Le stanze che furono costruite in cima alle due torri erano molto belle, contenevano tutto quello che una persona potesse desiderare, una biblioteca completa di libri di ogni disciplina, una stanza piena i giochi, perché in fondo erano ancora delle bambine, e una stanza piena di dolci e di ogni pietanza fosse richiesta, oltre al letto e a un armadio pieno i vestiti. Le due torri non erano molto lontane l'una dall'altra, in modo che le due sorelle potessero parlare tranquillamente l'una con l'altra. E infatti, la mattina la prima cosa che facevano era andare alla finestra e aspettare che anche l'altra si svegliasse. Il loro non era un isolamento perché insegnanti di storia, matematica, buone maniere, musica e ballo e di ogni altra cosa, compresa economia, potesse essere utile a una futura regina, si recavano nelle loro stanze, solo che dopo essere saliti per tutte quelle scale, passavano una buona mezz'ora sul divano cercando di riprendersi. Quando non erano impegnate nei loro studi, passavano il tempo alla finestra inventano giochi che potessero fare a distanza. Poiché non mancava niente loro, si sentivano felici. Crescendo però incominciarono ad accantonare i giochi, ma continuarono a passare il loro tempo libero alle finestre raccontandosi quello che succedeva sotto di loro. Potevano infatti vedere gran parte del loro paese, vedevano le cose più belle: la notte, la città illuminata, gli alberi con tutti i loro abitanti, gli uccelli che volavano alla loro altezza e che utilizzavano i bordi delle torri per costruirvi i loro nidi, e che loro con molta pazienza cercavano di addomesticare, lasciando delle mollichine e cercando di avvicinarsi ad essi, ma senza ottenere grandi risultati, si arrivava a vedere il mare, sul quale ogni tanto scivolava qualche nave. Ogni tanto si ripromettevano di non addormentarsi per aspettare l'alba, e cercavano di tenersi sveglie a vicenda, ma il più delle volte crollavano, addormentandosi alla finestra e svegliandosi poi quando il sole era già alto. Il re poteva compiacersi della sua idea perché in effetti lassù erano inaccessibili, al sicuro da ogni pericolo, così in quegli anni aveva potuto dedicarsi all'amministrazione del suo regno senza essere distratto da altre preoccupazioni. Certo, le figlie crescevano e poteva porsi il problema del loro futuro, della scelta di uno sposo, difficile da fare da lassù, ma in suo soccorso venne una sorta di leggenda che si era creata sulle sue figlie. Senza che lui l'avesse mai pensato, tutti erano convinti che l'uomo che fosse riuscito a scalare le due torri avrebbe avuto in sposa le due principesse, a questo si aggiungevano anche le decantazioni delle due principesse, anche se nessuno le aveva più viste da quando erano due bambine, o meglio tutto il paese poteva ben vederle ma così da lontano che si poteva distinguere ben poco. Si vedeva infatti da una torre sbucare la testolina bruna e attenta di una e dall'altra solo i lunghi capelli biondi della seconda, che spesso sventolavano dalla finestra. Comunque non si dubitava che fossero bellissime, oltre che colte, eleganti, piene di grazia e di virtù. Inoltre erano principesse e future regine e molti furono attratti dalla sfida di scalare le torri. I pretendenti si dividevano quindi nel partito della bionda e in quello della bruna, mentre il re vigilava su questi uomini, pronto ad intervenire al momento opportuno. In realtà non erano molti quelli che provavano l'arrampicata, poiché giunti alle sue basi, guardando in alto disperavano all'idea di raggiungere la cima, quindi tornavano indietro rassegnati. Anche perché mancavano punti d'appiglio cui aggrapparsi nel percorso. La vita delle due principesse trascorreva serena, ogni giorno ammiravano il lieto mettersi in moto della vita del paese, le comitive di giovani che si riunivano e scherzavano insieme, gli uomini addetti ai più diversi lavori, i pranzi in famiglia, le feste con musica e danze. Spalancavano gli occhi e ammiravano tutti quei divertimenti che a loro non erano consentiti, nonostante ciò non si sentivano tristi per questo, sapevano che loro erano le principesse di quel regno e che la loro vita era necessariamente diversa da quella degli altri, inoltre non avevano mai partecipato a quel genere di vita e di conseguenza non ne sentivano la nostalgia, lo apprezzavano al contrario come un gaio spettacolo cui assistere. Un giorno passò davanti al castello un giovane, che rimase colpito dai lunghi capelli biondi della principessa e sapendo che l'unico modo per ammirarla era arrampicarsi, decise di provarci. Cominciò a fare dei cenni da basso alla ragazza, ai quali all'inizio lei sorrise, ma ai quali in seguito non sapeva cosa rispondere, poiché, dopo aver iniziato la sua salita ed essere caduto un paio di volte, non pareva intenzionato ad arrendersi, per giunta non faceva che rivolgerle delle domande e farle dei complimenti, benché non dovesse vederla molto bene. Intimorita dall'audacia che non sapeva come ricambiare, la principessa spesso si allontanava dalla finestra, senza rispondere alle sue domande, fingendosi impegnata in altre attività. A furia di provarci il giovane cominciava a salire lungo la torre, mentre la ragazza da una parte avrebbe voluto guardare come si comportava quel ragazzo, ed era curiosa di sapere cosa le avrebbe detto o fatto, ma dall'altra non sapeva come comportarsi con lui, essendo questa una cosa su cui non aveva mai riflettuto. E se fosse arrivato alla sua finestra cosa avrebbe dovuto fare? Spesso lui le chiedeva di affacciarsi e avrebbe voluto vederla, ma lei al contrario indietreggiava all'interno della stanza, facendogli a volte dire dalla cuoca che era impegnata, o altre non rispondendogli nulla. Quando si decise ad avvicinarsi alla finestra vide che lui era salito per un buon tratto, aveva le dita insanguinate e lei si sentì in colpa per averlo ignorato fino a quel momento, ma lui vedendola finalmente ed essendo molto stanco, le disse solo che rinunciava e si lasciò scivolare giù. All'inizio la principessa fu molto sorpresa, si arrabbiò, si rattristò, poi si sentì sollevata perché così avrebbe avuto modo di riflettere su quello che era il comportamento più adatto, pensando che forse sarebbe potuto tornare ancora, in seguito però le vennero altri dubbi, si chiese perché avesse rinunciato, forse vedendola più da vicino, lui l'aveva trovata brutta, cominciò quindi a guardarsi con molta più attenzione allo specchio, convincendosi di non essere molto attraente e rattristandosi. Non avendo termini di paragone con altre ragazze giovani, oltre alla sorella, con cui confrontarsi, cominciò a guardare con crescente attenzione dalla torre le ragazze che giravano per la città, studiandone gli atteggiamenti e indumenti, anche se non poteva sentirne le parole. Nel frattempo, presa da queste riflessioni e da questi nuovi interessi non si era accorta di un giovane che era solito passare dal castello e fermarsi nei pressi della torre della sorella. Questo giovane all'inizio parve disinteressato: camminava, si fermava, guardava in alto, ma allo stesso tempo sembrava impegnato a fare altro, parlava con altra gente, sembrava non interessarsi molto alla torre e alla sua scalata e dapprima anche la principessa bruna non lo considerava come uno dei suoi pretendenti, invece di cimentarsi subito nella scalata, cominciò a far pervenire delle poesie alle sue stanze tramite una cameriera, poi a recitarle e prima di risalire la torre la principessa era già innamorata di lui, ragione per cui quando finalmente lui diede ad arrampicarsi, la bruna principessa la guardava combattuta tra la curiosità, la gioia, la paura, la suspense, ma quando lo vide cominciare a cedere, quando le sue mani cominciarono a sanguinare e il volto a contrarsi per lo sforzo, non ebbe dubbi, tirò fuori tutte le lenzuola, le tovaglie e le tende che trovava e gliele lanciò giù, in modo che nei momenti di stanchezza avrebbe avuto un solido appoggio accanto. Grazie proprio a quella corda il giovane riuscì a completare la salita e raggiungere la principessa, che lo accettò come sposo e furono così accolti e festeggiati da tutto il regno. La sorella aveva assistito a questa avventura provando strani sentimenti, si era emozionata, si era commossa, ed ora era felice per la sorella più fortunata, ma pensava che lei non avrebbe mai tirato giù una fune non conoscendo quell'uomo come avrebbe potuto essere così certa di volere che la raggiungesse da aiutarlo a farlo! Allo stesso tempo si rendeva conto che in passato allora era stata lei ad aver torto, se ne avesse avuto il coraggio forse anche lei ora sarebbe felice e innamorata, eppure non aveva avuto il desiderio di farlo, mentre si immaginava che sarebbe dovuto accadere in modo spontaneo. E ora si trovava ormai unica abitante di quelle stanze nel cielo, da una parte si sentiva molto più sola, non vedeva più la sorella ogni mattina al lato opposto della finestra, e non darle la buonanotte prima di addormentarsi, non dividere la stessa situazione la rendeva molto più triste. Ora era l'unica che tutti guardavano da laggiù. Ma allo stesso tempo la felicità raggiunta dalla sorella la faceva ben sperare che anche per lei le cose sarebbero andate allo stesso modo. Cominciò così a guardare con molta più attenzione i radi scalatori, scrutandoli e cercando motivi per approvarli o per scartarli, ma nessuno le sembrava adatto a lei, non provava nessun desiderio di aiutarli a salire, né qualcuno di loro provava a raggiungerla in modo diverso o le mandava lettere o recitava poesie, qualcuno declamava che l'avrebbe raggiunta, le faceva complimenti improbabili, visto che non poteva vedere davvero quanto fosse bella e sembravano più interessati a raggiungere un obiettivo che a trovare l'amore. A parte questi tentativi, il suo tempo era sempre più immerso nella vita della città e dei suoi abitanti, alcuni ormai li conosceva bene, sapeva quali movimenti compivano, guardava il parco dove si incontravano i fidanzati, li guardava passeggiare, litigare, far pace, rincorrersi, dall'alto poteva vedere anche quali coppie secondo lei andavano bene e quali non erano destinate a resistere, poteva immaginare l'incontro di persone sconosciute, ma che secondo lei erano fatte l'una per l'altra, vedeva le feste in cui giovani e vecchi ballavano tutti insieme. Dopo mesi di tale attività subentrò una certa frustrazione, nello stare sempre lì rinchiusa ad aspettare, le sembrava di non vivere neanche, di essere come un povero animaletto intrappolato, diffidava del suo stesso concetto di amore, che forse non avrebbe mai trovato, imprecava contro i genitori che l'avevano costretta ad una vita così, privandola della libertà, aveva tutto, non le mancavano le cose più belle, aveva la luce, la musica, i colori, una vita più felice di chiunque altro, eppure vuota, finta, a che le servivano tutti i suoi vestiti se nessuno li vedeva, che importava pettinarsi e farsi bella, così a volte si gettava disperata a piangere, per terra, o si scagliava contro la porta della sua prigione, a volte si ritrovava a ballare da sola, sentendo la musica venire dalle feste, roteando da una colonna all'altra della stanza fingendole cavalieri, ma senza sentire mai il calore di un abbraccio su di sé. Ma mentre il desiderio sembrava consumarla si accorgeva anche che il mondo non era fatto tutto di cose belle come le era sembrato all'inizio, la vita era fatta anche di infelicità, come aveva visto dalla sua finestra, quando vide una coppia litigare aspramente, spingersi, gridare, finché un giorno non vide l'uomo andar via di casa e la donna disperata gettarglisi ai piedi, afferrarlo alle caviglie pur di trattenerlo, senza tuttavia riuscire a fermarlo, restando distesa per terra, scossa dai singhiozzi che non riusciva a fermare. Pensò che non aveva mai visto una scena più angosciante. Ma vide anche bambini soli, sperduti, camminare per la città, fermandosi a guardare nelle vetrine di negozi cose che non avrebbero mai comprato, vide donne lavorare per tutto il giorno per tornare a casa la sera senza più forza e mettersi a lavorare a casa, o uomini soli riempire le loro giornate con il liquore in un bar, guardando con attenzione vide cose a cui non aveva mai pensato e si chiese dove fosse la felicità nella vita di quelle persone, rifletté che la sua era sempre la vita di una privilegiata, era sciocco e ingrato allora soffrire tanto e piangere e disperarsi. Ma d'altra parte non poteva negare che il suo cuore era afflitto, come se ogni giorno si svuotasse di qualcosa. Inoltre quello che aveva visto le aveva fatto capire che l'amore, la felicità, non durano per sempre, che si può anche amare e non essere ricambiati, che si può essere abbandonati, che la gioia può cedere facilmente il posto al dolore. Mentre prima guardava ai suoi pretendenti e al suo stesso destino come a un gioco spensierato, ora li osservava con sospetto. La felicità non è garantita, ma è un dono che può esserci portato via in ogni momento. Tutto questo si scontrava col suo desiderio di amore che viceversa cresceva sempre di più, e a volte la lasciava senza forze sul letto senza più la voglia di vestirsi e guardare fuori. Desiderava che anche lei amasse qualcuno, ma si augurava che nessuno arrivasse alla sua finestra. Un giorno passava ai piedi della torre un giovane che non aveva mai visto, si fermò lì sotto e fissò il suo volto alla finestra, non disse niente, restò a guardarla, turbata da quello sguardo rientrò, si guardò allo specchio e vide le sue guance bruciare, sciolse i capelli e tornò alla finestra e lo trovò ancora lì fermo nella stessa posizione, restò ancora alcuni minuti, ma poi si voltò e andò via. Lei pensò di essersi innamorata perché lui era senza dubbio l'uomo più bello che lei avesse mai visto e perché nei suoi occhi c'era qualcosa che lei non aveva mai visto prima. Tutti i giorni aspettò che quell'uomo tornasse, sperando che salisse sulla torre e promettendo a se stessa che questa volta lei lo avrebbe aiutato, ma non lo rivide più passare sotto il castello né altrove, tutti i suoi pensieri erano rivolti a lui, pur non avendolo mai sentito parlare era certa che nessun altro uomo avrebbe potuto renderla felice. Si tormentò pensando a quello che avrebbe potuto fare, ma lui non aveva fatto nessun gesto che lei avrebbe potuto incoraggiare, sarebbe stato troppo anche per una donna più disinvolta di lei, invitarlo a provare l'arrampicata, ma per la timida, insicura, malinconica principessa era impensabile, né le sembrava adeguato lasciar cadere un fazzoletto perché lui tentasse una scalata incerta e pericolosa per riportarglielo. Passarono mesi e anni senza che lui tornasse e lei sapesse cosa aveva significato quello sguardo, ma lei si convinse che non aveva guardato nemmeno lei, probabilmente era un costruttore di torri e stava studiando l'edificio e capì che non l'avrebbe più visto. Continua a guardare dalla sua torre, guarda gli uomini che le si presentano e non le piacciono mai e che non aiuta, segnala i casi più bisognosi perché i suoi genitori li aiutino, non esclude che arrivi l'uomo giusto, ma non saprà mai cosa sarebbe successo se alla vista di quell'uomo che solamente le sciolse il cuore avesse avuto più coraggio, si fosse precipitata giù per le scale per inseguirlo, perché, in fondo, la vera prigione è quella che noi costruiamo attorno a noi stessi con le nostre paure.
Edited by ritavaleria - 25/11/2012, 20:07
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