IL PICCOLO DONO DI NATALE
Fiocchi di neve cadevano leggeri ricoprendo la terra di un soffice e candido manto. Fare pupazzi e tirarsi palle di neve erano i passatempi preferiti dai bambini in quei freddi giorni invernali.
Non per Marco, che se ne stava a guardarli sopra a uno dei tre scalini della corta gradinata della scuola. Gli occhi sgranati verso i suoi compagni che correvano, saltavano e ruzzolavano come macchioline di colore che tingono un foglio bianco...
Uno dei bambini vedendolo triste e in disparte, gli lanciò una palla di neve con grande arte.
Marco si alzò in piedi di scatto e saltò sulla neve come un gatto.
Rincorse la fonte di quel dispetto e in un baleno gli sferrò un pugno nel petto.
I due si azzuffarono sulla terra ghiacciata e ben presto terminò la giornata.
Marco ritornò triste, sapeva di averla combinata, perché aveva la giacca tutta bagnata.
Se ne tornò poi a casa stanco e malconcio, il suo volto solcato da un bagnato broncio.
Bruno non ricordava un inverno così rigido da molti anni. Ai lati delle sue malconce scarpe, la neve si accumulava per poi, dopo un passo, ricadere sulla strada di grossa ghiaia. Ogni dieci falcate si fermava per riscaldare le mani alitandoci dentro. Il suo volto era coperto da una spessa sciarpa di lana, tutta rammendata, di colore marrone che gli scendeva fin sopra le spalle a loro volta protette solo da un misero maglione. Preso da un gelido brivido, ogni tanto si scuoteva, altre volte batteva il piede, per ripristinare la circolazione nelle umide e fredde dita. Mentre le mani riposte nelle tasche dei pantaloni proteggevano dal gelo quello che per Bruno era un vero tesoro. Non vedeva l'ora di ritornare a casa, dove ad aspettarlo non vi era il calore di un focolare ma quello di un abbraccio. Fiocchi di neve cadevano come macigni sulle spalle, rendendo pesante e lento il suo passo.
Serenella scosse la testa mentre i suoi occhi erano fissi su una bolletta. «Quest'anno non ce la faremo» sussurrarono le sue tiepide labbra. Poi una lacrima scese e percorse tutta la sua gota fino a infrangersi nella rima labiale. Ci pensò la nonna a consolarla. Le calde parole riscaldarono l'aria e un po' il cuore della donna. Poi la vecchietta ritornò davanti al focolare a rammendare il gomito di una piccola giacchetta. Ogni tanto si fermava, la mente persa tra sfumati ricordi mentre l'occhio ritornava a fissare laddove un tempo ardeva una fiamma.
La porta si spalancò e uno sbuffo d'aria gelida si mescolò con il tepore della cucina. La ventata tolse di mano la carta a Serenella mentre la nonna si chiuse ancor più nel suo scialle. Entrambe però con gli occhi pieni di speranza mirarono l'uomo nell'uscio.
Marco corse saltellando a testa bassa come un canguro, ma si scontrò con un soffice muro.
Il bambino in una pozzanghera finì e una grossa risata udì.
Allora Marco sollevò lo sguardo, verso la causa del suo prematuro traguardo.
Un omone col bianco barbone gli si poneva davanti, grosso come lui, non ne aveva visti tanti.
Indossava un lungo ed elegantissimo cappotto, mentre in testa svettava un cilindro color vino cotto.
Il sonoro ridacchiare di : «Oh! Oh! Oh!» Lasciò il posto a un frastornato, «Ohibò!»
Bruno vide in lontananza la soffusa luce della sua casa. Era quasi buio e la speranza di quell'abbraccio di conforto ormai stava per realizzarsi. Si sfregò le mani quasi intirizzite dal freddo, regalando alla pelle quel grado o due in più, che sarebbe subito svanito nello scrollarsi la neve di dosso. Era l'immagine stessa del freddo. Aprì la porta di casa e con lui entrò anche un gelido soffio; quest'ultimo strappò dalle delicate mani di donna un foglio, come un bambino cominciò a giocarci trastullandolo per la stanza, facendolo poi adagiare a terra. Gli occhi dell'uomo, in più occasioni, incontrarono gli sguardi di sua moglie e di sua madre, mentre si toglieva lentamente la grossa sciarpa.
Le due donne cercarono in lui una risposta.
Serenella immobile, con le mani aperte vuote del foglio appena rubato dal vento, fu la prima a parlare vedendo suo marito rincasare: «Ciao pà, com'è andata?»
Marco osservò il suo cencioso giaccone, sgocciolare come un bagnato balcone.
Dalla bianca barba una voce uscì, soffocando l'inizio di un pianto: «Mi rincresce e mi scuso tanto!...»
«...Come posso riparare a tale danno?» Marco rispose: «Non fa niente, ormai è fatto, il malanno!»
Allora il buon vecchione si tolse il cappellone.
Lo porse a Marco e le sue labbra si fecero ad arco.
Strizzando l'occhio disse al bambino: «Infilaci il braccio e pesca un regalino!»
Il braccio ci infilò l'infante ma il fondo del cappello, non toccò il birbante.
Bruno scosse la testa. La nonna allora si alzò mostrando all'uomo e a Serenella la piccola giacca che aveva finito di cucire. Bruno ricambiò con un sorriso. Serenella invece abbracciò suo marito.
Il calore di quell'abbraccio Bruno l'aveva desiderato fin dal mattino, quando era partito con un morbido cuscino di piume d'oca, in cerca di lavoro. Una mattina come tante altre, ma quel giorno Bruno aveva promesso alla sua famiglia che non sarebbe tornato a mani vuote.
Serenella non si staccò da Bruno, sentiva il corpo dell'uomo freddo e non l'avrebbe lasciato fino a quando la sua temperatura non avrebbe raggiunto la stessa del suo esile corpo. Il freddo non fu l'unica cosa che la donna volle sconfiggere: strinse Bruno ancora più forte, perché volle rendere meno amara anche la delusione per la vana ricerca di un lavoro. Poi gli sussurrò a un orecchio: «Con quel poco filo che avevamo, tua mamma ha fatto proprio un ottimo lavoro. Domani Marco riavrà la sua giacca e tu la tua.» I due poi sorrisero. Bruno si staccò da Serenella, il suo volto riacquistò il colore rosa di una cute calda, mentre i battiti del suo cuore riuscirono a spazzare via il veleno della delusione di un mancato impiego.
L'uomo esclamò: «Che giorno è oggi?!»
Un coro di voci riscaldò la tiepida cucina. «E' il 24 dicembre, la vigilia di Natale!»
Marco si alzò in punta di piedi: «Qui non c'è niente, non vedi?!»
Le bianche sopracciglia l'omone corrugò e all'orecchio del bambino bisbigliò.
«Se cercherai col tuo cuore, forse tirerai fuori un trattore!»
Marco lo ascoltò e qualcosa allora col dito toccò.
Afferrò l'oggetto dentro al cappello ed estrasse il braccio, proprio sul più bello!
Non poté credere ai suoi occhi, visto che quella era fortuna per pochi.
Una macchinina in legno fiammante, aveva dinanzi il suo volto raggiante.
L'uomo aggiunse a tanto stupore: "Ora è tua, nel mio cappello faceva troppo rumore!"
«E' di un legno buono, per il malanno che ti ho procurato, questo è il mio dono.»
Marco salutò e ringraziò il buon anziano, porgendogli e stringendogli la mano.
Si diresse poi a casa contento, correndo veloce più del vento.
Bruno infilò la mano nella tasca dei pantaloni. «Ho qui un pensierino per il nostro Marco e, per noi!» Serenella si accorse che suo marito teneva in mano un pacchetto avvolto con della carta di giornale stropicciata. Spinta dalla curiosità, anche la nonna si diresse da Bruno. «Venite, Venite!» Esclamò l'uomo, mentre con fare delicato scartava il piccolo pacco dal suo involucro. Al suo interno era celata una fetta di panettone, ancora morbida, farcita con tanti canditi e uvetta. Alla nonna nel vedere tale leccornia si riempì la bocca di saliva e deglutì sonoramente. Serenella invece accarezzò le spalle dell'uomo. «Non è tutto!» Bruno infilò anche l'altra mano nella tasca, estraendo un altro pacchetto uguale al precedente, contenente anch'esso una formosa fetta di panettone.
La nonna sgranò gli occhi e quasi si soffocò inalando l'abbondante saliva prodotta dal suo palato.
Serenella prese le due fette gialle e soffici di panettone, ricche di canditi e uvetta e le appoggiò su un piatto di porcellana bianca, riponendolo al centro della tavola in frassino. Non buttò la carta di giornale anzi: la stirò per benino addobbando il tavolone di un'improvvisata tovaglia. Dal cassettone del comò sfilò un coltello e tagliò a metà le due fette di dolce. Ora ad arricchire la quasi spoglia tavola vi erano quattro bei pezzi di panettone. La donna poi estrasse dal forno quella che sembrò essere un'oca anche se per grandezza era più simile a una faraona. «Povera Gina, ma sei stata una brava oca! Di te resteranno solo le piume dentro al cuscino.» La nonna invece, ansiosa di appoggiare la propria dentiera su quelle gialle fette di panettone esclamò: «Ma quello screanzato di mio nipote che fine ha fatto?!» Proprio allora Marco spalancò la porta di casa. «Mamma, papà, nonna, eccomi! Scusatemi per il ritardo ma non crederete alle vostre orecchie per quello che vi sto per raccontare!» Una legnata gli arrivò sulla testa, facendo subito risalire un pronunciato bernoccolo.
La nonna, vedendolo rientrare con il giaccone tutto sporco e bagnato, aveva preso il manico della scopa e gli aveva sferrato una bastonata proprio in fronte.
«Villano di un monello!» l'apostrofò la nonna che poi disse: «Guardati, hai il giaccone fradicio! Sai benissimo che non avevamo più legna, non si asciugherà mai per domani...Il tuo babbo è tornato a casa quasi congelato e gli piglierà un'influenza, se anche domani andrà in cerca di lavoro senza giacca!»
Due goccioloni cristallini e salati presero il posto degli occhi di Marco, mentre un broncio fu la maschera del suo volto.
Marco singhiozzando si rivolse verso le figure che più di tutte gli davano conforto e amore. «Mamma, papà, guardate!» Esibendo la fiammante macchinina. «So che dovevo stare attento a non bagnarmi né tanto meno sporcarmi, ma non è colpa mia!» Poi piangendo porse il giocattolo alla nonna.
«Prendi nonna, l'uomo che me l'ha data ha detto che è un legno buono, speriamo basti per asciugare il giaccone di papà!»
La nonna tolse la macchinina dalle mani di Marco, che ebbe qualche esitazione nel sciogliere la presa, poi l'infante con lo sguardo scortò il giocattolo fino al suo patibolo: il focolare.
Il broncio si trasformò in un sonoro pianto echeggiando in tutta la cucina.
La mamma lo prese in braccio. «Guarda Marco, cos'ha portato a casa, papà!»
Gli occhi del bambino allora cessarono di sgrondare lacrime, che visione paradisiaca quei quattro pezzi di panettone gialli, soffici e ripieni di tanti canditi e uvetta!
Uno spettacolo che fece dimenticare a Marco l'amarezza della separazione dalla sua macchinina.
Il brontolio dello stomaco volle dire solo una cosa: era giunto il momento per sedersi a tavola.
«Nonna, non vieni?» chiese Bruno.
La nonna pareva che non lo ascoltasse: per lei era più importante accendere il fuoco che avrebbe asciugato il giaccone e non di meno le sue ossa. «Chiamatemi per il dolce!» Nel pronunciare la parola "dolce" a momenti la dentiera, abbondantemente lubrificata dalla saliva, gli sfuggì di bocca. La vecchia appoggiò la macchinina proprio al centro del freddo focolare. Raccolse la bolletta da terra e la sistemò sotto al giocattolo. Cominciò poi a tastare il polsino della maglia che indossava. Lo srotolò con parsimonia e ne estrasse un esile e un po' sciupato fiammifero.
«Bene vecchio mio, non mi fregare ora!» mentre pronunciava queste parole, strofinò il cerino contro la pietra del focolare. Scric! Chiara, calda era la fiammella che la donna ci tenne anche un po' sopra le mani, poi indirizzò l'esile lingua di fuoco verso un angolo della carta.
Marco osservò attento in un cantone della tavola ogni movimento della nonna. Aveva quasi sperato che quel fiammifero non si accendesse e nel vederlo brillare un nodo gli si formò in gola.
Allora Bruno vedendolo distratto gli disse: «Marco, ti prometto che se troverò un lavoro, avrai un intero garage di macchinine!» Il Bambino sospirò.
La parte sotto del camino ora era viva. Il fuoco aveva risvegliato dal lungo sonno quella parte di casa e ora un confortevole calore avvolgeva la cucina e i panni fradici.
Proprio un ottimo legno, pensava la nonna mentre unendosi al banchetto.
Una cena semplice, povera, ma ricca di valore che la stessa miseria non era riuscita a scalfire.
Don! Il primo rintocco delle campane che sancivano la mezzanotte. Serenella era in piedi e in mano teneva il piatto di porcellana bianca sbeccato in un breve tratto della sua circonferenza dove al suo centro padroneggiavano come piramidi i quattro pezzi di panettone.
La nonna ingaggiò una silenziosa gara di sguardi con Marco, i suoi occhi rimbalzavano di continuo dal dolce al bambino e viceversa. Lo stesso si può dire di Marco con la nonna.
Il dodicesimo rintocco fu accompagnato dai quattro con un: «Buon Natale!» Lo stesso focolare volle farsi sentire per ringraziare la famiglia della sua rinascita. Approfittò di quell'attimo di silenzio dopo il dodicesimo rintocco, per lanciare una brace preceduta da uno scoppiettio e seguita da un tintinnio.
La nonna fu l'unica che se ne curò, vedendo ancora la bragia rotolare davanti alla bocca del camino. «Diamine di una macchinina! Avrà avuto al suo interno sicuramente qualche vite o qualche pezzo di ferro!» Si alzò per andare a raccogliere il pezzo di metallo, che aveva ormai finito la sua corsa. Lo sfiorò con un dito per sincerarsi che non scottasse e lo osservò. Lo portò vicino agli occhi, scrutandolo; nel mentre, un altro scoppiettio interruppe la vecchietta dal suo esaminare, che con uno scatto della testa schivò la nuova brace fuoriuscita dal fuoco. Seguiva il percorso della bragia, aguzzando la vista, finché questa si arrestò cozzando contro le scarpe di Bruno. Anche l'uomo la raccolse da terra.
«Eh? Questa pare proprio una moneta d'oro!» Esclamò il capo famiglia.
Un altro scoppiettio e un altro ancora! Tin, tin, tin! La casa si riempì di vivaci scoppiettii e tintinnii.
Serenella per poco non fece cadere il bianco piatto per terra, mentre Marco corse vicino al camino cercando di afferrare al volo quelle gradite e benevoli braci che uscivano dalla sua macchinina.
Continuavano a saltellare fuori lasciandosi dietro una scia di luce che era come una lunga coda di fuoco. Sembravano piccole stelle cadenti che rimbalzavano sul pavimento emanando quell'allegro tintinnio.
Poi a un tratto la fiamma si affievolì, spegnendosi.
I quattro cominciarono a raccogliere le monete da terra che ora erano sparse qua e là per tutta la cucina.
«Me l'aveva detto quell'omone col barbone bianco, che la macchinina era fatta con un legno buono! Guardate quante monetine ci ha regalato!» Gridava Marco.
«Un legno magico, il migliore in assoluto!» Esclamarono compiaciuti gli altri tre ridendo.
Da quella magica notte di Natale, la vita di Bruno, Serenella, Marco e della nonnina cambiò.
Non vissero più di stenti e nella povertà.
Bruno e Serenella comprarono una concessionaria di auto e come promesso a Marco riempirono il garage di vetture di tutti i tipi, poco dopo fondarono un marchio di auto da corsa dal colore rosso fiammante. Marco, di conseguenza, divenne un pilota di Formula 1 e vi assicuro che era un fenomeno a guidare quei bolidi! La nonna?...La nonna prese il premio No-bel' (premio nonno bello) inventando una pasta adesiva per dentiere e ci ricavò anche parecchi soldi!
Sebbene i numerosi impegni che comportò il cambio di vita, non ci fu vigilia di Natale che i quattro non passarono insieme. La sera, prima di strapazzare l'enorme tacchino predisposto per la cena, si radunavano attorno al caldo focolare volgendo lo sguardo verso l'alto, per ringraziare un angelo col pancione e il barbone bianco.
Edited by Atropos - 8/12/2012, 09:22