| IL REGNO DI GORGON
Maria Celeste, dopo innumerevoli insistenze da parte di Gerolamo e Annamaria, una coppia di giovani sposi che aveva conosciuto al circolo culturale francese, aveva deciso di partecipare alla festa di compleanno di Marilena, una splendida ragazza latino-americana che faceva da badante alla madre di Annamaria. Qualche giorno prima della festa, Maria Celeste ricevette l’invito ufficiale: “La signoria vostra, “Maria Celeste”, è invitata Venerdì 13 novembre, all’anniversario di Marilena, che si terrà alla villa Pagodonica a Nichelino. L’orario d’inizio della cerimonia è previsto per le ore undici e trenta di sera. La preghiamo di osservare la massima puntualità, in quanto già nei primi momenti si verificheranno importanti eventi…” Poi c’era una nota in calce alla lettera “Si prega, se possibile, di vestirsi di nero”. Maria Celeste rimase molto perplessa del contenuto della lettera, ma conoscendo i suoi amici e reputandoli dei tipi piuttosto strani, pensò semplicemente che volessero dare una certa rilevanza alla cerimonia. Venerdì 13 Maria Celeste si preparò adeguatamente: pettinò i capelli biondi in modo che scendessero in morbide onde sulle spalle, sottolineò gli occhi azzurri con la matita blu, si truccò e, alle undici e venticinque esatte scese dal taxi che l’aveva condotta alla villa. Salì qualche gradino e si trovò in un ampio salone, dove già parecchi invitati, tutti vestiti rigorosamente di nero, stavano facendo onore alla padrona di casa e alla festeggiata. Questa era una bellissima giovane, con l’incarnato olivastro e i capelli neri lisci che le scendevano fino ai fianchi. Indossava un vestito di raso nero che la fasciava come un guanto, e il trucco, sapientemente dosato, le conferiva un aspetto da modella. Al suo ingresso, Maria Celeste fu accolta da Annamaria e, dopo qualche minuto si ritrovò con un calice di Veuve Cliquot ghiacciato in mano «Hai trovato nebbia?». «Parecchia, anche se dal taxi non si vede tanto bene…». «Sei stata fortunata; Dario e Gertrude mi hanno appena telefonato che, a causa della nebbia fitta, sono stati coinvolti in un incidente, per fortuna senza grosse conseguenze; ma l’auto è distrutta e loro sono dovuti andare al pronto soccorso per farsi medicare. Stasera quindi non saranno dei nostri…».
La serata si svolse alternando momenti di divertimento a momenti di noia. Ma Maria Celeste aveva una certa esperienza di quel tipo di feste e se lo aspettava.
Ora la nebbia era così fitta che non si vedeva a due passi. Quando era uscita dalla villa, verso le due di notte, Maria Celeste aveva cercato un taxi ma, probabilmente a causa della nebbia, non ne aveva trovato neanche uno. Così aveva deciso di andare a piedi, visto che casa sua non era poi così lontana. Pessima scelta: la nebbia non consentiva nessuna visibilità e lei si era persa. Non riusciva più a capire quale direzione prendere; per qualche minuto aveva seguito il bordo di un marciapiede, ma adesso questo era terminato e non aveva più alcun riferimento. Ad un certo punto fu presa dal panico: non riusciva più ad andare né avanti, né indietro e aveva l’impressione di girare in tondo… era disperata e l’impulso era quello di sedersi in mezzo alla strada, quando le parve di udire una voce: «Vieni avanti…». Non era sicura di avere capito bene ma, nello stato in cui si trovava, si aggrappò a quella possibilità, se pur remota. Avanzò di qualche passo… «Ancora, vieni, vieni, avanza…». Ora le pareva che la voce fosse più nitida «Avanti, avanti, piega leggermente a destra… così, bene… ora allunga la mano… così, brava». Maria Celeste aveva steso il braccio sinistro e si sentì prendere la mano con una stretta vigorosa «Chi sei?» chiese incuriosita. «Ora lo saprai… avanza ancora di qualche passo… così…». A Maria Celeste, all’improvviso girò la testa e le si annebbiò completamente la vista. Subito pensò a un effetto dell’alcol: aveva bevuto parecchi calici di champagne, ma poi si rese conto di essere stata presa in braccio da qualcuno e trasportata da qualche parte. Svenne…
Al suo risveglio si ritrovò in una stanza illuminata con delle candele. Lei era seduta in una poltrona di pelle scura e, nella poltrona di fronte a lei, sedeva una figura spaventosa: aveva i capelli scuri che scendevano in grosse trecce fino al collo. Gli occhi luminosissimi, erano di un colore rossastro, e sul viso, cadaverico e completamente butterato, spiccavano delle labbra colore sangue. Indossava un completo nero, piuttosto antiquato e non portava scarpe: Maria Celeste gli osservò le estremità inferiori e si rese conto con raccapriccio che erano piedi di capra. «Benvenuta nel regno di Gorgon» disse il diabolico personaggio. «Non so se per te l’essere arrivata qui tra noi rappresenti una fortuna o una sfortuna. Tutto dipende dal mio padrone e dal suo umore: purtroppo lui ama le donne dai capelli neri e dagli occhi corvini… speriamo che il tuo aspetto non lo irriti troppo». «Senta signor tal dei tali. Io non ho nessuna intenzione di incontrare né il tuo padrone, né chicchessia. Stavo andando verso casa e sono stata bloccata dalla nebbia; ma ora me ne vado da qui e riprendo la strada di casa…» così dettò Maria Celeste fece per alzarsi dalla poltrona, ma si dovette rendere conto che la cosa le era impossibile: qualsiasi sforzo era vano; non riusciva a muoversi di un millimetro. «Il mio nome è Illinor; come vedi non puoi fare alcun movimento se non con il mio permesso. Per questa tua insofferenza meriti una piccola punizione» e così dicendo le toccò il polso con due dita. Si udì uno sfrigolio e subito si sentì un odore di carne bruciata e, dove era stata toccata, si formarono immediatamente due impronte rosse. La donna avrebbe voluto urlare, ma il grido le si strozzò in gola e dovette rimanere seduta dov’era con il polso che le bruciava in maniera insopportabile. I due rimasero un po’ senza parlare; Maria Celeste aveva sete ma non osava chiedere più niente. Moriva letteralmente di paura. Ma Illinor, che aveva letto nel suo pensiero, fece schioccare le dita e subito entrò nella stanza un nano con un vassoio sul quale c’erano una brocca d’acqua e un bicchiere. La donna bevve e si calmò un poco. Ma quella tranquillità non durò a lungo. Illinor le si avvicinò con sguardo maligno «Il nostro padrone e signore ci sta chiamando e non è bene farlo attendere». Così detto si alzò e la precedette per un corridoio buio e stretto; dalle pareti trasudava un liquido che a prima vista pareva acqua, ma la donna non ne era sicura, tanto più che all’interno del corridoio si diffondeva un forte odore di carne bruciata. Dopo aver aperto e attraversato varie stanze, Illinor giunse davanti a una porta di vetro affumicato; notando che la donna cercava di guardare attraverso, le disse: «Noi rimarremo da questa parte; il nostro signore è invisibile e a nessuno è dato di vederlo, pena la morte». Illinor premette un pulsante e dopo qualche istante si udì una voce metallica: «Benvenuta nel regno di Gorgon. Illinor, spiegale chi sono questi personaggi». «Sono degli esseri soprannaturali metà uomo e metà capra» disse Illinor, e poi proseguì: «Discendono da un gruppo di diavoli che in tempi remoti si ribellò a Lucifero. Si nutrono di carne umana abbrustolita…». “Ecco cos’era quell’odore pestilenziale che si sentiva nei corridoi” pensò Maria Celeste. «Sì, l’odore che sentivi era quello delle vergini che ogni giorno vengono sacrificate; e ora tu farai la stessa fine…». Maria Celeste avrebbe voluto fuggire, urlare, fare qualcosa per mettersi in salvo, ma non riusciva a emettere neppure un filo di voce e, quando tentò di scappare, Illinor la afferrò per un braccio; non aveva ancora finito di toccarla che l’arto si era bruciato e, dopo qualche istante, era rimasto solo un moncherino di carne bruciacchiata e la donna cadde a terra priva di sensi.
Si svegliò agitatissima e tutta sudata nel suo letto, ma sentiva ancora un forte odore di carne bruciata. Si alzò barcollando confusa e andò in cucina. Aveva dimenticato l’arrosto nel forno e quello si era completamente carbonizzato. Spense il forno e spalancò la finestra. Per sua fortuna la cucina non aveva preso fuoco. Si versò un bicchiere d’acqua fresca e lo bevve in poche sorsate, poi andò nel bagno a guardarsi allo specchio: i lunghi capelli biondi erano completamente bagnati e appiccicati alle spalle, gli occhi, normalmente di un bell’azzurro cupo erano iniettati di sangue e sul polso si vedevano chiaramente due segni rossi, proprio dove l’aveva toccata Illinor…
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