| Merce di scambio di Catia Carloni
EVASIONE! E' questo il grido che spesso e volentieri mi accompagna. Ma per evadere da cosa? Dal tram tram familiare; per andare poi dove? Lontano.... verso l'infinito e oltre! Per poi sentire quel senso di nostalgia da quelle guanciotte che già solo nell'orario di scuola certe volte ne sento la mancanza? No.... io ho un rimedio migliore, con la complicità di mio marito, scendo in garage accendo la macchina, quand'è estate bici e cuffie e, me ne vado a zonzo per il tempo diciamo: necessario... Questa volta è toccata alla macchina, fuori si sente l'arrivo dell'inverno: adoro l'inverno! Grossi pullover che ti avvolgono, camini fumanti con legna scoppiettante, cappelli, sciarpe, finestre con bianchi panorami: la neve cosi bianca e pura... potrei continuare all'infinito ma, eccomi arrivata. Dove? Beh nel mio posto preferito... è un campo in discesa con una bella e grande quercia messa a lato, dove d'estate vengo a prendere il sole, da sola o in compagnia (che poi non sono mai sola). Di sera mi ci siedo sotto e mi godo il panorama, le luci della mia città, i profili dei monti nell'oscurità, gli strani rumori degli animali notturni e qualche macchina che arriva e che se ne va vedendo il posto occupato... E io che me la rido... Beata l'amore, troveranno un altro posto, no! Ascolto la musica ogni tanto scelta da me, ogni tanto la radio, scrivo, leggo, ho sempre il mio kit di sopravvivenza con me; anche l'uncinetto nei casi più estremi, il découpage, le perle per i bracciali, i fogli per disegnare, a tempo di scuola le idee per il teatro, sono una mamma creativa, che lavora e che ha bisogno dei suoi spazi quando gli arrivano le “crisi”. Cosi per superarle ha trasformato la sua macchina Gilberta in un beauty case con tutto il necessario. Sta sera la voglia di disegnare ha vinto, cosi mi siedo e inizio; sono un tipo molto sognatore e romantico, le fate e gnomi sono la mia passione . Come dicevo l'aria invernale sta arrivando e le mani si fanno fredde dopo mezz'ora o poco più, già arriva il freddo e stando ferma, il freddo lo si avverte di più. Cosi mi alzo, saltello un pochino, sfregando e soffiando sulle mani, un po' di streccing un ci-quon per scaldarmi e come diceva la nostra insegnante di tai chi quando a Gennaio ci portava in riva al mare -“Se sentite freddo è perché non fate bene il qi-gong!”- Sono quelle frasi che ti rimangono in testa, forse per verità forse perché ti fanno ridere, ma ti rimangono e ti fanno anche pensare . Sta di fatto che mi sono scaldata e che è ora di tornare dai miei cuccioli; marito compreso. Guardo il disegno mi posso ritenere soddisfatta manca qualcosa, ma lo finirò nel tepore di casa, non sono fatta per soffrire... Raccolgo le mie cose inizio a metterle in macchina, mi stiro un altro po'; ed ecco qua... il foglio vola via. Ed ora?... Non è quello del disegno, quello è già al sicuro nell'album. Oh quale sarà? Via; da brava testa dura lo vado a raccogliere, alla meno peggio andrà sulla strada... Ed è proprio li che sta svolazzando. In fatti mi sto facendo tutto il campo in discesa, poi sarà una noia risalire... eccolo... preso! Torniamo a casa... che è meglio! Nel frattempo guardo cosa c'è disegnato o scritto..un appunto... Arrivata alla macchina. Mi sono fatta una bella scarpinata come si dice dalle mie parti. Saluto le ultime ombre della notte e fruscii... Un fruscio troppo vicino; una mano al collo; un sapore amarognolo... è bagnato! Le gambe, gli occhi si chiudono, i bimbi... Sento i battiti del mio cuore uno ad uno, buio; buio totale intorno a me, le gambe si stanno risvegliando, ho sete, paura, troppo paura per una che aveva da rientrare semplicemente a casa. I bimbi? Lo so che stanno bene, ma io dove sono? In che mani sono capitata? In quale parte del mondo mi trovo? Ironizzo, tremo, urlo,gli occhi si sgranano, cerco di capire, di vedere... Da una finestra dei fari di luce di macchine che passano, non sono in campagna. In paese? Quanto tempo sarà trascorso? Poco è buio ancora non è sorta l'alba . Un giorno o poche ore, se non mezz'ora ma, dove sono? Mi arrampico per vedere dalla finestra dove porta? Se riconosco qualcosa? Se passa qualcuno? Urlo è l'unica cosa che mi riesce di fare, senza risultati. Cerco qualcosa per forzare la finestra. Nulla intorno a me non c'è nulla, solo una coperta per giaciglio sporca, puzzolente, un po di paglia. Dalle mura forse sarò in una cantina, pietre grosse odore di mosto, odore di cantina abbandonata, sarò in una casa o palazzina? Perché sono qui?Chi ha voluto ciò? A chi davo fastidio standomene per i cavoli miei? La solitudine, la paura, il non ritorno, pensa positivo....ma come faccio? L'istinto è quello di prendere per il collo sto individuo e fagli scappare gli occhi dalle orbite ballando sul suo cadavere. I bimbi, Giordano,i miei genitori, i suoi! Mi staranno cercando? Quanto tempo è passato? Il non sapere, ti uccide. Che sarà di me? Ho paura? Si e molta...ma non piango, non mi riesce, non sono arrivata ancora a quella fase? Ma cosa mi viene da pensare? Si trasformerà tutto in un horror muvie? E rideremo a crepa pelle per lo scherzo subito? Ho fame! Il sole sorge ma, non viene nessuno a controllare la preda? A farla ingrassare bene bene per poi gustarla? Oh mi vogliono far spurgare come una lumaca? Il bagno? Non ci sono sanitari? Sono qui, non mi sono mossa di un passo, ho gridato, cercato di uscire dalla finestra ma, poi una mummia. Non ho fatto altro che pensare, ed ora con la luce del giorno voglio sapere dove sono... La luce mi aiuta a vedere sempre meglio. Si è una cantina! Abbandonata, non c'è molto: la coperta, la paglia, un tronco di legno come sgabello, un bel acquasantiere (e qui un brivido mi desta) senza acqua, un tavolo di plastica e ,infondo come da copione messa in un angolo una turca tenuta pulita addirittura!A sto punto mi potevano dare una coperta pulita...Sorrido ma, è solo sopravvivenza. Chi può essere? Non ci sono tracce di altre presenze passate, o ripulisce tutto o... non voglio pensare di essere la prima, neanche pensare per che cosa. Graffi sui muri? Per ora non vedo nulla. Sangue? Con tutto lo sporco e che vuoi che ci capisca! Mi affaccio dalla finestra, o per lo meno con queste sbarre faccio quel che posso, mi abbarbico tenendomici appesa, macchine solo macchine altro non vedo. La cosa che più mi spaventa è che non ho la forza di urlare, non escono parole dalla mia bocca. Raccolgo un sasso da terra e incido nome cognome e data. Giuro che se gli metto le mani addosso lo scortico vivo, io morirò ma lui non se la passerà bene. Un brivido mi passa nella schiena, mi giro, la porta non c'è! Ci sono le sbarre! Messe in secondo tempo. E dietro le sbarre, un tavolo, una birra appoggiata, una figura di uomo seduta accanto, mi guarda, solleva la birra come cenno alla salute e beve. Impietrita, inorridita, silente, l'unica cosa che faccio è quello di andare a vomitare nella turca. Mi giro verso di lui -Chi sei? Cosa vuoi?- Le mani tremano, il respiro è pesante, sudo come non ho mai sudato prima, scoppio in un pianto isterico aggrappandomi alle sbarre, scimmiotto, mi prendo a schiaffi, urlo, sollevo il tronco di legno e lo butto addosso alle sbarre. Lo guardo, lui è lì; impeccabile. Non una mossa, un cenno. -Vieni qui!Ti voglio qui!Entra!- Gli urlo ma, lui a bere la birra. Lo saprei io dove mettergliela quella birra. Lo guardo dalle sbarre: è un uomo incolto, non saprei dargli un età, sulla sessantina; portati male? Alto e robusto quello lo noto, anche se ancora non si è alzato in piedi, capelli lunghi incolti, vestito da lavoro, come un operaio: casacca blu, pantaloni blu, scarpe antinfortunistiche,senza barba, ma i capelli non fanno vedere il viso, gli cadono d'avanti. Tiro su lo sgabello, mi ci siedo, appoggio i gomiti sulle ginocchia, incrocio le dita. Lo fisso come lui fissa me, per un po', poi il borbottio del mio stomaco interrompe il silenzio -Ho fame e mi scappa da pisciare, ma se tu mi guardi non la posso fare, se non mi porti da mangiare non posso mangiare, come vedi e come già sai sono nelle tue mani!- Mi meravigliai mi uscì un discorso fermo! Ero lì, difronte al mio carceriere, non avevo paura, era umano come me! Che percentuale avrei avuto di salvarmi? Se già era riuscito ha catturarmi... con la sua mole e presa un altra volta di spalle? Cosa fare? Una, dieci, cento, mille volte echeggiava in me questa fottutissima domanda. Che fine avrei fatto? I miei bimbi? Il dubbio più atroce, dirgli che sono una madre di famiglia, l'avrebbe impietosito? E liberata? No, non voglio fargli sapere di me, non so se mi conosce, cosa lo ha spinto ha rapirmi? Preferisco la morte che il pensiero che possa toccare i miei figli o anche solo sapere della loro esistenza. Ora che fa? Si alza e se ne va! -Dove vai?- Lui neanche si volta ed esce. Urlo come un ossessa, mi aggrappo alla finestra e urlo tutto ciò che posso urlare. Macchine solo macchine, ruote di macchine neanche una gamba da afferrare per chiedere aiuto! Sto impazzendo; urlo, prendo a calci tutto, mi getto contro le sbarre, ci butto contro tutto ciò che posso, mi prendo a schiaffi, come da svegliarmi da un incubo, ma tutto rimane cosi com'è, tutto è cosi com'è... Mi butto a terra e non so per quanto piango, mi accarezzo i capelli alla ricerca di calore , di sicurezza... Non so dove sono e non so se ne uscirò viva. Penso che mi staranno cercando, che avranno trovato la macchina e che ora siano partite le ricerche ma, come faranno ha trovarmi? Sono nel nulla... Non so come ho fatto ad arrivarci, non ho urlato, non ho combattuto, sono solo sparita. Una mosca schiacciata, solo chi la schiaccia sa che c'era, dove era, e che non c'è più... Farò la stessa fine? Mi risveglio ma, quanto ho dormito? Dalla luce della finestra non si capisce, i fari delle macchine sono accesi ma, un tempo non lo riesco a stabilire. Lui è lì, su quella sedia, vestito di tutto punto i capelli legati, ora vedo il suo viso...bello, brutto? Non saprei descriverlo; ripugnante! Questa è l impressione che ho. Viene verso le sbarre, le apre. Come una furia mi getto addosso a lui, inutilmente, mi dà un ceffone che mi butta a terra; è la fine! Mi prende per un braccio , mi porta in un altra stanza...è un bagno. Mi leva i vestiti di dosso, mi ribello ma, un altro ceffone mi toglie la vista per un attimo... Mi mette nella doccia e mi fa lavare. Una bambola sono come una bambola per giocare, finito di lavarmi, mi asciuga,mi mette una crema, mi annusa. Nausea solo nausea sto provando, il mio cervello si è spento, non voglio ricordi, non voglio capire, non voglio e basta. Inerme di fronte ha questa situazione solo l'indifferenza può aiutarmi. Con quanta cura mi asciuga i capelli, non so neanche se sto di fronte ad uno specchio, tanto è il desiderio di non starci. Mi solleva, mi prende in braccio e mi porta in un altra stanza, ogni volta penso che è la fine, il momento giusto, per mettere fine ha questo inferno. Mi siede sul letto e continua ad annusarmi. Scoppio a piangere. Il terrore mi blocca le parole, penso al peggio che ci possa essere per una donna. Invece si gira, apre l'armadio, tira fuori un vestito, con una scatola di scarpe. Prego solo Iddio di svegliarmi. Il gioco continua, cosi mi ritrovo: vestita , pettinata, come Barbie vicino al suo Ken. Vorrei sapere dove stiamo andando ma, dopo due sonori ceffoni, conto solo di trovare un burrone, o una macchina per buttarmici sotto o una via d'uscita. La stretta della sua mano è terrificante intorno al mio polso. Saliamo delle scale interne e ci troviamo all'uscita, mi giro per sapere dove ero stata rinchiusa: una casa. Ma non siamo usciti dalla parte della strada ma, da un altro lato. Camminiamo. Mi guardo intorno per poter fuggire. Gli tiro un calcio alla caviglia e un morso al polso ma, ecco che mi ribecco un altro ceffone, sto per cadere, mi riprende al volo e mi dice scuotendomi- Se ti sporchi è peggio!- Urlo come non ho mai urlato prima. Gli conficco un tacco in un piede, mi tolgo l'altra e gliel'ho pianto in un occhio, il sangue mi schizza addosso. Posso affermare quanto questo mi faccia godere. Libera! Corro, corro senza guardare indietro, corro come non ho mai corso, corro seguendo l'istinto. Lui è dietro di me? Non lo so, non ho tempo di pensare voglio solo trovare la strada. Di macchine ne ho viste passare tante, ho la speranza davanti e non me la farò scappare. Non ho potuto difendermi dall'inizio, chiunque si può sconfiggere se preso alle spalle, non mi sento forte mi sento veloce come il vento. Ho il terrore dietro di me, e d'avanti la morte o la libertà, so solo di poter correre e lo faccio nel miglior modo possibile. Le mie forze e preghiere sono state accolte. Ecco la strada, non ci posso credere, sento scorrere la felicità in me come una boccata d'aria fresca. Le macchine dove sono? Corro continuo a fare ciò che mi ha salvato: correre. Ne ho viste passare tante, eccone una! Mi strappo un pezzo del vestito già lacero per la folle corsa, lo sbandiero saltando sul ciglio della strada urlando aiuto. I fari si avvicinano. Mi risveglio nel letto di uno ospedale con accanto i miei figli, Giordano e i dottori che mi spiegano che sono stata investita da un auto con dei ragazzi in preda hai fumi dell'alcol ma, che per fortuna hanno chiamato i soccorsi altrimenti non si sa che fine avrei fatto. Avuto le spiegazioni dai dottori, vennero i carabinieri che dissero che era stata fatta la denuncia della mia scomparsa, il ritrovamento della macchina e che avrei fatto denuncia e steso il verbale per poter avviare le pratiche, o forse prima i carabinieri e poi i dottori? Non ricordo molto bene, ho solo stampato il sorriso dei miei figli, la premura con cui Giordano si occupava del tutto, il profumo delle lenzuola, le mura candide dell'ospedale, la tranquillità che tornava in me, sapere di aver vissuto un grosso spavento ma nessuna violenza. Il mio cervello si sta riattivando. Di certo non inseguo più fogli svolazzanti per la strada e forse l'unico rifugio verde per evadere d'ora in poi si chiama giardino di casa. Ma, cosa voleva da me quel tipo? Dentro di me penso che forse ero la vittima di qualche setta satanica, un gioco di una mente malata, non che rispecchiassi qualche caratteristica ma, solo che ero una preda facile. Una donna da sola di notte, sicuramente spiata per un periodo, magari non spiava solo me, spiava il posto in generale, posto frequentato da diverse persone sia di notte che di giorno. In totale manco da tre giorni: uno di rapimento, uno di coma o svenimento e uno che mi sono svegliata nel letto di questo ospedale, in tre giorni ho fatto abbastanza.... Con i carabinieri che vorrebbero subito stendere il verbale, senza successo fra l'altro perché come gli ha risposto Giordano di tutto punto lo faranno domani, è più importante che mi riposi. E cosi sto facendo. E' passata anche la cena ma, la fame ancora non è in me, di sonno ne ho tanto, mi riesce meglio dormire, saranno anche tutti i calmanti che mi hanno somministrato, cosi mi accoccolo nelle lenzuola. Passi, passi intorno a me, apro gli occhi, vedo Giordano, gli sorrido, lui risponde al mio sorriso -Riposati, sono passato per vedere come stavi? - Ma non voglio di dormire, gli vorrei raccontare tutto, ancora nessuno sa cos'ho vissuto. Sto per parlare quando mi mette le mani intorno al collo stringendomele forti -Sai quanto mi costa il tuo atto di coraggio? Ti avevo venduta, eri stata pagata anche bene. Avrei fatto credere che era una fuga passionale la tua, nessuno si sarebbe chiesto nulla, una coppia perfetta la nostra ma, con una crepa, tu innamorata di un altro...un finale anonimo. No invece no, il tuo atto di vita estrema! Ed ora loro rivogliono i loro soldi e qualcosa di più dato che hai cecato uno di loro. I soldi non li ho più, ci ho pagato i creditori, sai quelli che ti danno i soldi per pagare i debiti di gioco?- L'incubo ancora non era sparito, venduta da mio marito, per un attimo nulla ebbe più un significato, ero pronta a morire, se non fu per l'idea a chi avrei lasciato i miei figli? Allungai la mano e afferrai il campanello che era sotto il cuscino, l'istinto mi aveva detto di tenerlo lì ,cosi mentre lui mi stringeva, io strinsi quel pulsante più forte che potei. Venne un infermiera che vedendo la scena diede subito l' allarme. Giordano si placò e si fece arrestare senza opporre resistenza. Non so quale delle due esperienze è stata la peggiore. Sicuramente la terza: essere solo un oggetto nelle mani...quelle mani che mi hanno dato sempre tanto calore, peccato che era solo una mia impressione. So che oggi vedo i miei figli crescere, se qualcuno mi chiede qualcosa rispondo che sono stata investita da una macchina, che per fortuna il conducente mi ha soccorso e che un giorno non lontano mi alzerò da questa sedia a rotelle.
|