Abaluth - Scrivere, leggere, arte e cultura

La nebbia di Ronda - Sata Giuseppina Vanessa

« Older   Newer »
  Share  
Sata G Vanessa
view post Posted on 23/10/2012, 03:05




La nebbia incupiva le strade, in quel freddo ottobre. Erano state delle notti particolari, casi di sparizioni e strani omicidi avevano reso spaventose le strade della città. Eppure vi erano sempre quelle persone che continuavano a sfidare il destino di quelle vie, in cui, erano accaduti fatti orribili.
I tacchi di una donna echeggiavano per le strade vuote; non temeva quei luoghi poiché erano le vie del centro, le frequentava assiduamente e andava sempre a lavoro passando di lì, assassino o no.
I suoi capelli scuri, lunghi alla spalla, risaltavano brillanti alla luce del lampione. Sopra un impermeabile beige, i cui movimenti rendevano i suoi passi eleganti. Si chiamava Ronda Ewin e portava con sé una storia triste, lo si leggeva nei suoi occhi scuri.
Era quasi arrivata all’albergo dove lavorava, l’orologio al suo polso segnava le quattro e mezzo del mattino. Quando per strada, come in una visione, le apparve una donna.
Albina, con gli occhi chiari. Il suo sguardo sembrava implodere in un misto di sentimenti confusi e contorti; il solo incrociarlo voleva dire perdersi in attimi, in cui, il tempo diveniva quasi inesistente.
«Aiutami!» sussurrò in un bisbiglio.
Avvicinandosi Ronda, la fissava. Più camminava verso di lei, più vedeva del sangue sui suoi indumenti.
Quando le fu vicina, distinse chiaramente una cicatrice sul petto, e subito balbettò: «Cos'è successo?»
D’improvviso quella cicatrice esplose, grondando di sangue ogni cosa attorno a loro. Peggio fu quando dei vortici si formarono col sangue e si mutarono sotto forma di tre spaventosi spettri.
Uno era riconoscibile nella tipica figura della morte, falce e mantello nero avvolgevano qualcosa di non visibile.
Il secondo era un orrendo mostro con zanne enormi, peloso e simile ad un muscoloso licantropo; in mano aveva una grande ascia arrugginita.
L’ultimo spettro, invece, era un esserino senza pelle, malconcio e pieno di piaghe.
Fissi alla sinistra di Ronda, la osservavano coi loro occhi crudeli.
La donna tremava, ma non osava dir nulla, non riusciva nemmeno ad urlare; e peggio, dal corpo di quell’albina, si sprigionò un’aura da fare pietrificare, subito dopo dal suo petto uscì un’orrenda mano scheletrica.
Questo riuscì a far muovere Ronda. Urlando corse oltre quelle figure. Distinse che la donna albina aveva fatto un urlo acuto, ma ciò non l’avrebbe fermata.
La strada deserta, faceva eco di quell’urlo, e della corsa disperata di Ronda.
Svoltando l’angolo, la donna guardò l’albergo dove lavorava, era in fondo alla strada e l’insegna brillava, non lontana. “Solo pochi metri!” si ripeteva. Quando fu più vicina all’entrata, delle mani insanguinate sfondarono la strada, sgretolando l’antica pavimentazione di marmo.
Cento, forse mille, mani cadaveriche che cercavano di aggrapparle le caviglie la terrorizzarono. Quando sentì il contatto con una di queste scosse la gamba vociando.
D’improvviso si ritrovò davanti a quel mostro con l'ascia; i suoi occhi sembravano iniettati di sangue e la sua stazza, da vicino, era ancora più imponente. La donna era paralizzata dal terrore. Il mostro oscillò quell'arma verso di lei, che per evitarla si buttò per terra; le mani aggrapparono il suo corpo, fredde più del ghiaccio, e delle voci mostruose urlarono il suo nome.
Distinse una voce che la invitava ad alzarsi e correre, così lontana ma dolce.
Eppure non riusciva, quelle mani le stringevano i polsi e le caviglie, con una forza inverosimile.

Svegliandosi in un sussulto Ronda guardò la sua camera. La finestra illuminava la stanza, i suoi capelli sbucavano appena dalla coperta; si udivano le risate dei suoi figli, e le tende svolazzavano dolci.
Alcuni suoi colleghi l’avevano ritrovata svenuta per strada, così era stata portata in ospedale e poi a casa. Poteva essere stato solo un incubo, provocato dallo stress? A Ronda era sembrato tutto così vivido!

Venne la notte, coi suoi sussurri impercettibili, il sonno di Ronda era disturbato; si rigirava nel letto, digrignando i denti e sospirando. Aveva freddo. Alzò la testa e aprì gli occhi. Allora urlò.
Nel letto, di fianco a lei c’era quell’essere senza pelle, pieno di piaghe e con gli occhietti cupi e gialli. Le sembrava soffrisse ma le sue zanne erano piene di sangue. Mentre questo emetteva dei lamenti striduli, Ronda si alzò dal letto.
Indietreggiò verso la porta, toccando qualcosa con le spalle. Già terrorizzata, fece per voltarsi, lì non avrebbe dovuto esserci nulla.
Fu quasi un sollievo, vedere che dietro di lei c’era la donna albina. Erano faccia a faccia, tanto vicine che Ronda riuscì a distinguere le imperfezioni della sua pelle così chiara.
«Chi siete?» balbettò.
«Uno spettro…uno dei tanti.» sibilò a voce bassa «Mi porto dietro anche la morte, la violenza…» indicò l’esserino sul letto «e la sofferenza». Sorrise e poi spalancò la bocca, con un’apertura non umana, emettendo un orrido sibilo.
Correndo alla porta Ronda continuava a ripetersi che era solo un incubo.
Attraverso le pareti presero ad arrivare spiriti dall’aria agghiacciante, una voce chiamava il suo nome, mentre una fitta nebbia stava riempiendo la stanza. Si potevano udire i versi di quelle entità soprannaturali.
«Trova la verità» ripeteva una voce.
«Quale verità? Chi parla?» ripeteva Ronda. Confusa e spaventata, da tutto ciò che accadeva attorno a lei.
«La verità. È la nebbia che parla!»
Nell’improvviso e tranquillo buio, Ronda si ritrovò in piedi, da sola, con le mani che tremavano per la paura.
Cos’era stato? Un sogno? Una visione? “Dev’essere lo stress!” si ripeté, per convincersi che andava tutto bene.

Stava tornando a casa dal lavoro, la mezzanotte era passata da un pezzo, e le vie erano silenziose. Ora Ronda era tesa. Fissava avanti con preoccupazione.
La donna albina era là, in quella stessa via illuminata da un lampione. I suoi capelli brillavano argentei, annunciando già l’arrivo degli altri spettri; c’era già un’ombra poco lontana.
Piangendo, in preda alla disperazione la povera donna balbettò: «Cosa volete da me?». La strana aura di quelle figure, era riuscita a farla cadere per terra a carponi, già rassegnata al tormento che quegli spettri volevano infliggerle.
Quello spettro con l’ascia, che l’albina chiamava “Violenza” avanzò verso di lei. Con terrore si poteva osservare il sangue sul suo pelo e su quelle zanne, che ad ogni passo sembravano divenire più grandi.
Incapace di rialzarsi Ronda già singhiozzava esasperata; annaspava il respiro come se la paura le avesse fatto scordare persino come si fa a prendere aria. Osservava quell’orrore camminare verso di lei, non c’era nulla che lei potesse fare per sfuggirgli, e nel frattempo la voce della donna albina le rimbombava nel cervello. “Aiutami!” urlava.
Tutto intorno la strada divenne tetra come una tomba. La nebbia infittiva le luci dei lampioni, rendendole sbiadite nel caos.
Quella donna di nome Ronda Ewin era a terra carponi, singhiozzava vittima del terrore mentre un orrendo demone dagl’occhi assetati di sangue camminava, pericoloso, verso di lei.
Lo spettro di un’altra urlava chiamando aiuto; come se fosse ferito o spaventato; eppure chiunque avrebbe visto che non era di carne…si poteva vedere ogni cosa attraverso il suo corpo.
In pochi attimi era apparsa anche la sofferenza. Accucciato in un angolo, l’esserino senza pelle, sembrava digrignare i denti per un dolore che pareva divorarlo dall’interno. Forse osservando i suoi occhi si poteva leggere ciò che provava, magari era proprio questo il suo destino: nessuno avrebbe mai potuto guardarlo negli occhi, perché era impossibile sopravvivere sentendo sulla pelle quel dolore.
Inosservata, ma sempre presente, la morte aleggiava sulle loro teste. Si limitava ad osservare, in attesa di un’altra vita da tagliare. Senza pensieri, né timori, se ne avesse avuti non si sarebbe chiamata Morte.
Gli occhi di Ronda straripavano di lacrime: sapeva che quel mostro era già d’innanzi a lei. Chinò lo sguardo sulle sue mani, le vedeva tremare e sentì come un brivido freddo, quando le sue stesse lacrime le bagnarono.
L’ascia la colpì, il braccio sinistro prese a sanguinare ed il suo animo era intontito; le sembrava di udire il suo nome, ma non riusciva a distinguere altro. Il cuore le batteva forte in petto, e sembrava che il sangue fosse raggelato nelle sue vene.
«Aiuto!» fece in un bisbiglio sordo. E Dio solo sa come, riuscì ad alzarsi e guardare quello spettro; prima di venire uccisa voleva sfidare i suoi occhi terrificanti. «Io voglio capire.» ribadì urlando. Vedendo che quel mostro stava per artigliarla al fianco s’alzò. Prese a correre sicura che nell’impatto, quelle unghie appuntite le avessero strappato un trancio di carne. Non lo guardò. Se si fosse fermata a guardare quella ferita, forse non avrebbe più avuto la forza di fuggire.
Ronda si era trascinata nell’atroce dolore che provava, preda di una ferita forse mortale. Preferiva sapere come avrebbe dovuto aiutare quella spettro di donna, piuttosto che morire senza capirlo... anche se era troppo tardi, anche se non avrebbe più potuto farlo.
Respirando con affanno, corse a più non posso. Si teneva il fianco e con la mano sentiva il sangue sgorgare a fiumi. Niente l’avrebbe fermata.
Una luce fioca cominciò ad illuminare quel parchetto, diveniva più forte man mano che Ronda si avvicinava; quando la donna mise piede in quel posto si fece calda ed abbagliante. Ora si fermò, quella luce rovente l’assalì, calda come il fuoco. Socchiuse gli occhi, quasi fosse un attimo da assaporare e poi si guardò intorno. Sembrava esser calata la notte e le apparve il riflesso di sé stessa… forse un ricordo di qualcosa, che stava per riaffiorare nella sua mente.

Indossava un vestito a maniche corte, fiorato e lungo al ginocchio; ricadeva dolcemente sulle sue curve. Camminava serena, quando un uomo l’aveva aggredita alle spalle. La nauseò l’odore del cloroformio, eppure si assopì in una calma forzata.
In piedi, davanti ad un’altra sé stessa in catalessi, Ronda cominciò a comprendere. Doveva essere già successo. Quell’uomo l’aveva rapita. E solo ora, rivedendo come in un film cos’era accaduto, lei se ne rese conto.
C’era una buca grande quanto un corpo umano, recitando una cupa litania, il suo rapitore l’aveva adagiata al suo interno. Mentre la sua vista era offuscata e il corpo inerme, le aveva ferito il braccio e subito dopo il fianco, proprio come il demone con l’ascia aveva fatto poco prima. Alla fine, con sguardo maligno, le aveva ferito il petto.
Un dolore atroce la colpì. Aveva capito di essere già morta, forse quello era il suo oblio.
Ora la nebbia tornò ad infittire quel luogo, e una voce prese a sussurrare: «Non sei ancora morta. Puoi vivere… liberaci!».

Una luce accecante le offuscò la vista; ed una volta riaperti gli occhi la povera Ronda si rese conto di essere stata seppellita viva. In quella buca, l’unico motivo per cui non aveva la terra in bocca era una specie di scatola di vetro, che le circondava la testa. “Quanta aria ci sarà?” si chiese subito, e la paura s’impossessò di lei. Il terrore era tale da paralizzarla, avrebbe voluto urlare, ma non le usciva un filo di voce; il cuore le stava esplodendo in petto, e l’ansia l’assaliva.
D’improvviso un’ascia penetrò la terra, spaccando quella scatola che le garantiva l’aria. Avrebbe potuto ferirsi coi pezzi di vetro, ma questi frantumandosi si erano tramutati in granelli di sabbia e la terra sembrava non ricaderle sul viso.
Subito dopo, delle mani sprofondarono dall’esterno il terreno; aggrapparono Ronda per le spalle e la tirarono fuori.
L’aria le sembrò fresca e rinvigorente, la respirò come se fosse rinvenuta solo ora. E poi notò colei che l’aveva tirata fuori di lì: la donna albina. Questa la fissava con gli occhi pieni di lacrime e l’aria quasi rasserenata; le sorrise e sussurrò un impercettibile “grazie” poi attraversò il terreno vicino a dov’era seppellita Ronda, alzando così un polverone di terra che scoprì uno scheletro umano. Era tornata al suo corpo, risvegliata dal rituale ormai spezzato.
Il demone con l’ascia emise un verso che sembrò quasi un mostruoso sospiro, lasciò cadere la sua arma e svanì nel nulla.
Diversamente il mostriciattolo senza pelle si avvicinò cauto, digrignando i denti. La fissò in viso coi suoi occhi sofferenti, per un attimo le trasmisero un orrendo dolore al petto; la donna lo guardò mentre emetteva un leggero gorgoglio e dopo, su quelle labbra rinsecchite si creò un sorriso. La sofferenza scomparve dinnanzi agl’occhi della donna, e fu allora che Ronda capì.

Le porte dell’oblio, creato da quella cerimonia oscura, erano state riaperte nel momento in cui Ronda si era risvegliata. Aveva interrotto l’avanzare del rito, sconfiggendo la paura ed ascoltando la voce della vita, che le parlava attraverso la nebbia.
Con la testimonianza della donna sopravvissuta, l’uomo che praticava quei rituali era stato identificato ed arrestato, dopo poco più di due giorni. Probabilmente, sarebbe stato rinchiuso in una clinica psichiatrica per il resto della sua vita.
I corpi delle vittime, furono ritrovati e ridati ai propri cari, per i funerali. Di certo, adesso le loro anime avrebbero potuto riposare in pace; poiché erano state liberate, e avevano ottenuto giustizia. Non avrebbero più vagato in quell’oblio di incubi, cercando di interrompere la serie di rituali, che li aveva resi spettri in cerca del riposo eterno. Ricerca che sarebbe potuta durare per l’eternità, ma che per fortuna era finita…potevano tornare ad essere libere.
Anche Ronda poteva tornare alla sua famiglia, sopravvissuta a una brutta ferita ed all’essere stata seppellita viva; per due giorni la sua anima aveva vagato in un incubo e solo ora poteva vivere.
Di certo, si sarebbe ripresa in fretta, apprezzando ogni sfumatura della vita.





---------------------------------------------------------------------------------
Nello spoiler, lascio la versione precedente.


La nebbia incupiva le strade, in quell’ottobre freddo e cupo. Erano state delle notti particolari, casi di sparizioni e strani omicidi avevano reso spaventose le strade della città. Eppure vi erano sempre quelle persone che continuavano a sfidare il destino di quelle vie, in cui, erano accaduti fatti orribili.
I tacchi di una donna echeggiavano per le strade vuote; non temeva quei luoghi poiché erano le vie del centro, le frequentava assiduamente e andava sempre a lavoro passando di lì, assassino o no.
I suoi capelli scuri, lunghi alla spalla, risaltavano brillanti alla luce del lampione. Sopra un impermeabile beige, i cui movimenti rendevano i suoi passi eleganti. Si chiamava Ronda Ewin e portava con sé una storia triste, lo si leggeva nei suoi occhi scuri.
Dopotutto si era sposata giovane, aveva avuto due splendidi bambini ed aveva vissuto in pace col mondo, occupandosi dei figli e della casa. Quei giorni di serenità, erano durati solo sei anni: ora lavorava come chef, in un albergo a tre stelle, presa dai banchetti ed il dover mantenere la sua famiglia. Era facile per i due bambini, rispettivamente di tre e cinque anni; più difficile era pagare, e seguire, le cure per il cancro di Eric, suo marito.
La cosa che lei apprezzava di più, erano i pomeriggi in quella stanza d’ospedale: con la sua famiglia riunita, ed il suo uomo che le faceva forza, con silenziosi sorrisi che riuscivano sempre a consolarla.
Nessuno poteva aspettarsi che qualcos’altro l’avrebbe tormentata.

Era quasi arrivata all’albergo dove lavorava, l’orologio al suo polso segnava le quattro e mezzo del mattino, e lei doveva allestire un banchetto per i clienti in partenza, entro le sei. Quando per strada, come in una visione, le apparve una donna.
Albina, con gli occhi chiari. Il suo sguardo sembrava implodere in un misto di sentimenti confusi e contorti; il solo incrociarlo voleva dire perdersi in attimi, in cui, il tempo diveniva quasi inesistente.
«Aiutami!» sussurrò in un bisbiglio.
Avvicinandosi Ronda, la fissava. Più camminava verso di lei, più vedeva del sangue sui suoi indumenti.
Quando le fu vicina, distinse chiaramente una cicatrice sul petto, e subito balbettò: «Cosa è successo?»
D’improvviso quella cicatrice esplose, grondando di sangue ogni cosa attorno a loro. Peggio fu quando dei vortici si formarono col sangue e si mutarono sotto forma di tre spaventosi spettri.
Uno era riconoscibile nella tipica figura della morte, falce e mantello nero avvolgevano qualcosa di non visibile.
Il secondo era un orrendo mostro con zanne enormi, peloso e simile ad un muscoloso licantropo; in mano aveva una grande ascia arrugginita.
L’ultimo spettro, invece, era un esserino senza pelle, malconcio e pieno di piaghe.
Fissi alla sinistra di Ronda, la osservavano coi loro occhi crudeli.
La donna tremava, ma non osava dir nulla, non riusciva nemmeno ad urlare; e peggio, dal corpo di quella albina, si sprigionò un’aura da fare pietrificare, subito dopo dal suo petto uscì un’orrenda mano scheletrica.
Questo riuscì a far muovere Ronda, prese ad urlare correndo oltre quelle figure. Sentì che la donna aveva fatto un grido acuto, ma non si fermò.
La strada deserta, faceva eco di quell’urlo, e della corsa disperata di Ronda.
Svoltando l’angolo, la donna guardò l’albergo dove lavorava, era in fondo alla strada e l’insegna brillava, non lontana. “Solo pochi metri!” si ripeteva. Quando fu più vicina all’entrata, delle mani insanguinate sprofondarono la strada, sgretolando l’antica pavimentazione di marmo.
Cento, forse mille, mani cadaveriche che cercavano di aggrapparle le caviglie la terrorizzarono. Quando sentì il contatto con una di queste scosse la gamba vociando.
D’improvviso si ritrovò davanti a quel mostro con l'ascia; i suoi occhi sembravano iniettati di sangue e la sua stazza, da vicino, era ancora più imponente. La donna era paralizzata dal terrore. Il mostro oscillò quell'arma verso di lei, che per evitarla si buttò per terra; le mani aggrapparono il suo corpo, fredde più del ghiaccio, e delle voci mostruose urlavano il suo nome.
Distinse una voce che la invitava ad alzarsi e correre, così lontana ma dolce.
Eppure non riusciva, quelle mani le stringevano i polsi e le caviglie, con una forza inverosimile.

Svegliandosi in un sussulto Ronda guardò la sua camera, ammobiliata in stile etnico. La finestra illuminava la stanza, i suoi capelli sbucavano da quella coperta rossa; si udivano le risate dei suoi figli, e le tende svolazzavano dolci.
Dei suoi colleghi l’avevano ritrovata svenuta per strada, così era stata portata in ospedale e poi a casa. Lo stress era la colpa di tutto, ma a Ronda era sembrato tutto così vivido!
Venne la notte, coi suoi sussurri impercettibili, il sonno di Ronda era disturbato; si rigirava nel letto, digrignando i denti e sospirando. Aveva freddo. Alzò la testa e aprì gli occhi. Allora urlò.
Nel letto, di fianco, a lei c’era quell’essere senza pelle, pieno di piaghe e con gli occhietti cupi e gialli. Le sembrava soffrisse ma le sue zanne erano piene di sangue.
Mentre quell’essere emetteva dei lamenti striduli, Ronda si alzò dal letto. Indietreggiò verso la porta, toccando qualcosa con le spalle. Già terrorizzata, fece per voltarsi, lì non avrebbe dovuto esserci nulla.
Fu quasi un sollievo, vedere che dietro di lei c’era la donna albina. Erano faccia a faccia, tanto vicine che Ronda riuscì a distinguere le imperfezioni della sua pelle così chiara.
«Chi siete?» balbettò.
«Uno spettro…uno dei tanti.» sibilò a voce bassa «Mi porto dietro anche la morte, la violenza…» indicò l’esserino sul letto «e la sofferenza». Sorrise e poi spalancò la bocca, con un’apertura non umana, emettendo un orrido sibilo.
Correndo alla porta Ronda continuava a ripetersi che era solo un incubo.
Attraverso le pareti presero ad arrivare spiriti dall’aria agghiacciante, una voce chiamava il suo nome, mentre una fitta nebbia stava riempiendo la stanza; cominciavano solo a udirsi i versi di quegli esseri sovrannaturali.
«Trova la verità» sussurrava una voce, nascosta in quel terrore. Continuava a dire.
«Quale verità? Chi parla?» ripeteva quella, confusa e spaventata.
«La verità. È la nebbia che parla!»
Nell’improvviso e tranquillo buio, Ronda si ritrovò in piedi, da sola, con le mani che tremavano per la paura.
Cos’era stato? Un sogno? Una visione? “Dev’essere lo stress!” si ripeté, per convincersi che andava tutto bene.

Stava tornando a casa dal lavoro, la mezzanotte era passata da un pezzo, e le vie erano silenziose. Ora Ronda era tesa, e preoccupata.
La donna albina era là, in quella stessa via. Illuminata da un lampione. I suoi capelli brillavano argentei, annunciando già l’arrivo degl’altri spettri; c’era già un’ombra poco lontana.
Piangendo, in preda alla disperazione la povera donna balbettò: «Cosa volete da me?». La strana aura di quelle figure, era riuscita a falla cadere per terra a carponi, già rassegnata al tormento che quegli spettri volevano infliggerle.
Quello spettro con l’ascia, che l’albina chiamava “Violenza” avanzò verso di lei. Con terrore si poteva osservare il sangue sul suo pelo e su quelle zanne, che ad ogni passo sembravano divenire più grandi.
Incapace di rialzarsi la giovane donna già singhiozzava esasperata; annaspava il respiro come se la paura le avesse fatto scordare persino come si fa a prendere aria. Osservava quell’orrore camminare verso di lei, non c’era nulla che lei potesse fare per sfuggirgli, e nel frattempo la voce di quella donna le rimbombava nel cervello. “Aiutami!” urlava e Ronda non riusciva a capirne il motivo.
Tutto intorno la strada divenne cupa come una tomba. La nebbia infittiva le luci dei lampioni, rendendole sbiadite nel caos.
Quella donna di nome Ronda Ewin, era a terra a carponi, singhiozzava vittima del terrore mentre un orrendo demone dagl’occhi assetati di sangue camminava, pericoloso, verso di lei.
Lo spettro di un’altra urlava chiamando aiuto; come se fosse ferita o spaventata; eppure chiunque avrebbe visto che non era di carne…si poteva vedere ogni cosa attraverso il suo corpo.
In pochi attimi era apparsa anche la sofferenza. Accucciato in un angolo, l’esserino senza pelle, sembrava digrignare i denti per un dolore che pareva divorarlo dall’interno. Forse osservando i suoi occhi si poteva leggere ciò che provava, magari era proprio questo il suo destino: nessuno avrebbe mai potuto guardarlo negli occhi, perché era impossibile sopravvivere sentendo sulla pelle quel dolore.
Inosservata, ma sempre presente, la morte aleggiava sulle loro teste. Si limitava ad osservare, in attesa di un’altra vita da tagliare, senza pensieri, né paure…se li avesse avuti non si sarebbe chiamata Morte.
Gli occhi di Ronda, straripavano di lacrime, sapeva che quel mostro era già d’innanzi a lei. Chinò lo sguardo sulle sue mani, le vedeva tremare e sentì come un brivido freddo, quando le sue stesse lacrime le bagnarono.
L’ascia la colpì, il braccio sinistro prese a sanguinare ed il suo animo era intontito; le sembrava di udire il suo nome, ma non riusciva a distinguere altro.
Il cuore le stava implodendo in petto, e sembrava che il sangue fosse raggelato nelle sue vene.
«Aiuto!» fece in un bisbiglio sordo. E Dio solo sa come, riuscì ad alzarsi e guardare quello spettro; prima di venire uccisa voleva sfidare i suoi occhi terrificanti. «Io voglio capire.» ribadì urlando. Vedendo che quel mostro stava per artigliarla al fianco s’alzò, prese a correre sicura che nell’impatto, quelle unghie appuntite le avessero strappato un trancio di carne. Non lo guardò. Se si fermava a guardare quella ferita, forse non avrebbe più avuto la forza di correre.
Ronda si era trascinata nell’atroce dolore che provava, preda di una ferita forse mortale. Preferiva sapere come avrebbe dovuto aiutare quella spettro di donna, piuttosto che morire senza capirlo…anche se era troppo tardi, anche se non avrebbe più potuto farlo.
Respirando con affanno, corse a più non posso. Si teneva il fianco e sentiva il sangue sguazzare sulla mano. Niente l’avrebbe fermata.
Una luce fioca cominciò ad illuminare quel parchetto, diveniva più forte man mano che Ronda si avvicinava; quando la donna mise piede in quel posto si fece calda ed abbagliante. Ora la donna si fermò, quella luce rovente l’assalì, calda come il fuoco. Socchiuse gli occhi, quasi fosse un attimo da assaporare e poi si guardò intorno. Sembrava esser calata la notte e le apparve il riflesso di sé stessa…forse un ricordo di qualcosa, che stava per riaffiorare nella sua mente.

Indossava un vestito a maniche corte, fiorato e lungo al ginocchio; ricadeva dolcemente sulle sue curve. Camminava serena, quando un uomo l’aveva aggredita alle spalle. La nauseò l’odore del cloroformio, eppure si assopì in una calma forzata.
In piedi, davanti ad un’altra se stessa in catalessi, Ronda cominciò a comprendere. Doveva essere già successo. Quell’uomo l’avesse rapita. E solo ora, rivedendo come in un film cos’era accaduto, lei se ne rese conto.
C’era una buca grande quanto un corpo umano, e quell’uomo recitando una cupa litania l’aveva adagiata al suo interno. Mentre la sua vista era offuscata e il corpo inerme, le aveva ferito il braccio e subito dopo il fianco, proprio come il demone con l’ascia aveva fatto poco prima. Alla fine, con sguardo maligno, le aveva ferito il petto.
Un dolore atroce la colpì. Aveva capito di essere già morta, forse quello era il suo oblio.
Ora la nebbia divenne, di nuovo, fitta e la voce di qualcuno sussurrava: «Non sei ancora morta. Puoi vivere…liberaci!».

Una luce accecante le offuscò ogni cosa, ed una volta aperti gli occhi la povera Ronda si rese conto di essere stata seppellita viva. In quella buca, l’unico motivo per cui non aveva la terra in bocca era una specie di scatola di vetro, che le circondava la testa. “Quanta aria ci sarà?” si chiese subito, e la paura s’impossessò di lei. Il terrore era tale da paralizzarla, avrebbe voluto urlare, ma non le usciva un filo di voce; il cuore le stava esplodendo in petto, e l’ansia l’assaliva.
D’improvviso un’ascia penetrò la terra, spaccando quella scatola che le garantiva l’aria. Avrebbe potuto ferirsi coi pezzi di vetro, ma questi frantumandosi si erano tramutati in granelli di sabbia e la terra sembrava non ricaderle sul viso.
Subito dopo, delle mani sprofondarono dall’esterno il terreno; aggrapparono Ronda per le spalle e la tirarono fuori.
L’aria le sembrò fresca e rinvigorente, la respirò come se fosse rinvenuta solo ora. E poi notò colei che l’aveva tirata fuori di lì: la donna albina. Questa la fissava con gli occhi pieni di lacrime e l’aria quasi rasserenata; le sorrise e sussurrò un impercettibile “grazie” poi attraversò il terreno vicino a dov’era seppellita Ronda, alzando così un polverone di terra che scoprì uno scheletro umano.
Il demone con l’ascia emise un verso che sembrò quasi un mostruoso sospiro, lasciò cadere la sua arma e svanì nel nulla.
Diversamente il mostriciattolo senza pelle si avvicinò cauto, digrignando i denti. La fissò in viso coi suoi occhi sofferenti, per un attimo le trasmisero un orrendo dolore al petto; la donna lo guardò mentre emetteva un leggero gorgoglio e dopo, su quelle labbra rinsecchite si creò un sorriso. La sofferenza scomparve dinnanzi agl’occhi della donna, e fu allora che Ronda capì che quella nebbia che aveva sognato era la vita che la richiamava a sé.
Risvegliandosi dalla sua “quasi morte” aveva spezzato quella serie di rituali oscuri e non sarebbe stato difficile riconoscere quel tatuaggio tribale, sul collo del suo carnefice. Una volta fatto arrestare quell’esaltato, appassionato di magia nera, non solo non ci sarebbero più state vittime, ma le anime in pena potevano riposare in pace. Poiché la loro vendetta era stata esaudita, i loro corpi ritrovati.
Ora Ronda poteva tornare alla sua famiglia, dopo che la sua anima era entrata a contatto con degli spettri nell’oblio, mentre il suo corpo era rimasto seppellito per giorni interi. Ora poteva vivere.
Di certo, si sarebbe ripresa in fretta, apprezzando ogni sfumatura della vita.


Edited by Sata G Vanessa - 8/11/2012, 02:03
 
Top
Atropos
view post Posted on 23/10/2012, 08:51




La trama mi è piaciuta,,,,, ma,,,,sarò un po tardo io, o che c'è troppa carne al fuoco,,,, non ho mica capito come fa ad aiutare il fantasma tanto che alla fine vissero tutti felici e contenti,,,, e il killer? Dove è andato?
 
Top
nunziadaquale
view post Posted on 23/10/2012, 08:58




Ciao Vanessa, l'inizio del racconto è stato piacevole in quanto la scrittura è scorrevole ma da un certo punto in poi ho fatto una gran fatica a seguire la trama e ho perso il filo! Veramente una storia "piena" come ha già sintetizzato Atropos, alla sua maniera. Credo che dovrò rileggerlo perchè l'epilogo non mi è chiaro, forse sono io che ancora non ho attivato bene i neuroni...
 
Top
Sata G Vanessa
view post Posted on 23/10/2012, 10:12




Avete ragione, ho dovuto tagliare parecchie parti, perché ero arrivata a 40.000 battiture, e nel farlo forse ho tralasciato alcune svolte fondamentali. Non sono molto portata per essere sintetica. Grazie dei commenti, ora ho notato che avrei dovuto prendere in considerazione l'idea di controllare se il finale era chiaro :)
 
Top
view post Posted on 23/10/2012, 15:47
Avatar

Member

Group:
Member
Posts:
405

Status:


Ciao Sata, la prima parte è scorrevole.

Poi quando incontra la donna piena di sangue la storia si ingarbuglia, forse un pò troppo.

Anch'io ho perso il filo.

Se per caso farai una revisione ricordati di controllare anche le parole ripetute più e più volte.

Alla prossima.
 
Top
marcoad82
view post Posted on 23/10/2012, 17:10




Ciao Sata, ritengo che chi ha commentato prima di me abbia centrato il problema. E' un po' confuso. Una "limatina" ad alcuni elementi non essenziali credo che potrebbe giovare al tuo racconto. ricordati che hai poche righe per conquistare il lettore, devi catturare da subito la sua attenzione senza perderti in ricami superflui...

Puoi migliorarlo!

Marco
 
Top
Lavella
view post Posted on 23/10/2012, 19:17




Non mi piace la nebbia che incupiva l'ottobre cupo, così come una serie di accadeva all'inizio. Per il resto Ok ma un pò troppo intenso, anch'io mi sono un pò confusa, forse dovrò rileggerlo perchè ci sono dei passaggi che mi sono sfuggiti strada facendo. Prova a scremarlo un pochino. In ogni caso ti ringrazio per averci riservato finalmente un lieto fine!!!
 
Top
wyjkz31
view post Posted on 23/10/2012, 21:33




Del tuo racconto mi è piaciuta soprattutto l’idea della donna albina accompagnata dai tre spettri.

Secondo me la storia si perde un po’ troppo nelle descrizioni della vita di Ronda.

Provo a farti un esempio.
CITAZIONE
Si chiamava Ronda Ewin e portava con sé una storia triste, lo si leggeva nei suoi occhi scuri.
Dopotutto si era sposata giovane, aveva avuto due splendidi bambini ed aveva vissuto in pace col mondo, occupandosi dei figli e della casa. Quei giorni di serenità, erano durati solo sei anni: ora lavorava come chef, in un albergo a tre stelle, presa dai banchetti ed il dover mantenere la sua famiglia. Era facile per i due bambini, rispettivamente di tre e cinque anni; più difficile era pagare e, seguire, le cure per il cancro di Eric (suo marito). La cosa che lei apprezzava di più, erano i pomeriggi in quella stanza d’ospedale: con la sua famiglia riunita, ed il suo uomo che le faceva forza, con silenziosi sorrisi che riuscivano sempre a consolarla.

Se proprio vuoi dare qualche particolare, limiterei a poche righe, tipo: Si chiamava Ronda Ewin e portava con sé una storia triste. Nei suoi occhi scuri si leggevano il dolore per la malattia del marito e la preoccupazione per la necessità dover provvedere da sola alla famiglia, ma anche l’amore che la legava a Eric e ai loro due bambini (e per il mio gusto sono già anche troppi particolari).

Per quanto riguarda i brividi, pur essendoci abbondanti particolari horror, non ho tremato molto. Anche in questo caso ti consiglieri di scegliere solo alcuni particolari e concentrarti su quelli.

Ho notato anche degli errori qua e là. Se hai intenzione di rimettere mano al racconto (e se ti fa piacere) proverò a segnalarti quello che ho notato dopo che avrai fatto le modifiche.
 
Top
francesca vernazza
view post Posted on 23/10/2012, 23:59




La storia è coinvolgente ed è scorrevole, in modo particolare mi è piacuto la descrizione degli spettri, mette veramente paura.
Ma non ho capito chi è e che fine ha fatto l'uomo che aggredisce Ronda?
 
Top
Sata G Vanessa
view post Posted on 24/10/2012, 00:50




CITAZIONE (wyjkz31 @ 23/10/2012, 22:33) 
Del tuo racconto mi è piaciuta soprattutto l’idea della donna albina accompagnata dai tre spettri.

Secondo me la storia si perde un po’ troppo nelle descrizioni della vita di Ronda.

Provo a farti un esempio.
CITAZIONE
Si chiamava Ronda Ewin e portava con sé una storia triste, lo si leggeva nei suoi occhi scuri.
Dopotutto si era sposata giovane, aveva avuto due splendidi bambini ed aveva vissuto in pace col mondo, occupandosi dei figli e della casa. Quei giorni di serenità, erano durati solo sei anni: ora lavorava come chef, in un albergo a tre stelle, presa dai banchetti ed il dover mantenere la sua famiglia. Era facile per i due bambini, rispettivamente di tre e cinque anni; più difficile era pagare e, seguire, le cure per il cancro di Eric (suo marito). La cosa che lei apprezzava di più, erano i pomeriggi in quella stanza d’ospedale: con la sua famiglia riunita, ed il suo uomo che le faceva forza, con silenziosi sorrisi che riuscivano sempre a consolarla.

Se proprio vuoi dare qualche particolare, limiterei a poche righe, tipo: Si chiamava Ronda Ewin e portava con sé una storia triste. Nei suoi occhi scuri si leggevano il dolore per la malattia del marito e la preoccupazione per la necessità dover provvedere da sola alla famiglia, ma anche l’amore che la legava a Eric e ai loro due bambini (e per il mio gusto sono già anche troppi particolari).

Per quanto riguarda i brividi, pur essendoci abbondanti particolari horror, non ho tremato molto. Anche in questo caso ti consiglieri di scegliere solo alcuni particolari e concentrarti su quelli.

Ho notato anche degli errori qua e là. Se hai intenzione di rimettere mano al racconto (e se ti fa piacere) proverò a segnalarti quello che ho notato dopo che avrai fatto le modifiche.

Certamente, mi ero buttata già consapevole di dover rimettere mano al racconto, e apprezzo molto i vostri commenti costruttivi, dopotutto è la prima volta che scrivo un racconto così breve.
Riguardo la descrizione, non saprei, mi piace dare uno spessore sulla vita dei personaggi, dovrei essere un po' più sintetica questo è vero, comunque wyjkz31 sei libero di farmi notare tutti i miei errori. il vero motivo per cui ho provato è mettermi alla prova,e penso che mi sia utile imparare dai miei errori ;)


Sono felice che la trama ed il testo, siano buoni. E ringrazio tutti dei commenti :) Modificandolo cercherò di rendere il racconto più fluido e chiaro, e approfondirò meglio la fine, che ho lasciato un po' incompleta per via dei tagli che avevo fatto!
 
Top
Dumah
view post Posted on 24/10/2012, 10:06




Beh, non dirò altro che non sia già stato detto.
In sé la storia non è male, forse soltanto un po' troppo “ingarbugliata”. Dovresti cercare (a mio parere) di scrivere in maniera più “semplice” certi concetti. Per il resto va bene.
Solo una cosa che non mi è piaciuta dal punto di vista fonico è il “Mani zombesche”, sarà corretto forse (non ne ho idea) ma a mio parere non suona bene.

Ciao e in bocca al lupo
 
Top
Sata G Vanessa
view post Posted on 24/10/2012, 10:13




CITAZIONE (Dumah @ 24/10/2012, 11:06) 
Beh, non dirò altro che non sia già stato detto.
In sé la storia non è male, forse soltanto un po' troppo “ingarbugliata”. Dovresti cercare (a mio parere) di scrivere in maniera più “semplice” certi concetti. Per il resto va bene.
Solo una cosa che non mi è piaciuta dal punto di vista fonico è il “Mani zombesche”, sarà corretto forse (non ne ho idea) ma a mio parere non suona bene.

Ciao e in bocca al lupo

Grazie mille, diciamo che è ancora in fase di sfoltitura, ero andata oltre con le battiture e mi sono lasciata prendere la mano.
Per le mani zombesche, ammetto di averlo pensato pure io. Ho cercato di trovare un sinonimo od, una frase alternativa, ma non mi è riuscito.
Grazie ed in bocca al lupo anche a te :)
 
Top
Lupoalfa
view post Posted on 24/10/2012, 10:44




Devo confessare che non ci ho capito molto. Ripeto quello che ho detto molte volte (sembro un disco rotto). Quando i racconti parlano di fantasmi, vampiri, streghe, ecc, mi viene meno la voglia di continuare a leggere. Sono consapevole che è un mio limite, ma non posso farci nulla.
 
Top
view post Posted on 24/10/2012, 13:48

Advanced Member

Group:
Member
Posts:
3,732

Status:


Scusa il mio commento. Non è mia intenzione offendere la tua sensibilità. Io amo l'horror, perciò non mi danno fastidio i mostri, vampiri ecc. Però trovo la trama così confusionaria. Se devo essere sincera non ho capito molto della storia, che è dispersiva e assolutamente non chiara. Forse hai messo troppa carne al fuoco. O forse, come hai detto tu, questo racconto era molto più lungo e nel tagliarlo è diventato tutt'altro che agevole.
Scusa per la critica.
Gli darei unaltro taglio.
In bocca al lupo!

Non vorrei essere fraintesa "glid arei un altro taglio", significa lo aggiusterei diversamente, gli darei un'altra forma.
A volte mi esprimo male e rischio di offendere le persone quando non è mia intenzione.
Un grande in bocca al lupo, Vanessa! Benvenuta-
Pat
 
Top
Linda2012
view post Posted on 25/10/2012, 07:36




Ciao, direi anch'io che la storia è uin po' ingarbugliata, si fa fatica a seguire il succedersi degli eventi. Ci sono anche alcune imperfezioni riguardo alla punteggiatura, a volte dividi il soggetto dal verbo, però l'idea di questi tre mostri e della donna albina è davvero originale!
 
Top
47 replies since 23/10/2012, 03:05   581 views
  Share