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Nel buio del vicolo - Caterina Russo

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caterina.russo
view post Posted on 15/10/2012, 11:45




Premessa: questa è la seconda versione del 06/11/2012, la prima la trovate in fondo come spoiler.




Non so perché mi trovo in strada a quest'ora della notte, forse avevo solo bisogno di passeggiare per schiarirmi le idee: è stata una settimana pesante al lavoro e un po' di sano relax non può che farmi bene.
L'aria è già molto fresca e io indosso solo una leggera sottoveste; eppure sono certa di essermi cambiata prima di uscire. Ricordo benissimo di aver indossato i miei jeans preferiti e una felpa nera... o l'ho solo sognato?
In ogni caso così sto proprio comoda, mi vien voglia di andare al mare.
Invece mi dirigo verso la stazione, ho proprio voglia di fare un bel viaggio.
Le strade della mia città sono strette vie collegate tra loro da ampi cortili dove i bambini crescono giocando a palla avvelenata, proprio come ho fatto io.
Per fortuna l'illuminazione è buona grazie anche alla splendida luna che mi fermo ad ammirare di tanto in tanto.
Decido di prendere una scorciatoia attraversando uno di quei cortili ma me ne pento subito. Una donna bionda, tutta trafelata, infila di corsa un bambino in auto cercando di allacciare bene il seggiolino mentre un uomo, presumo suo marito, le urla dietro a pieni polmoni che non la passerà liscia, che lui non è così violento come lei lo descrive.
Mi faccio piccola piccola sperando di passare inosservata e tuttavia non posso fare a meno di sbirciare, curiosa come sono; lei, capelli sfibrati e tinta per niente naturale, indossa una tuta blu sgualcita da troppi lavaggi, a guardare bene potrebbe anche essere un pigiama; lui, magro all'inverosimile, ha il viso scavato, gli zigomi sporgenti e gli occhi che sembrano voler uscire dal loro posto.
L'auto parte e l'uomo rientra in casa sbattendo la porta.
Io mi addentro nel vicolo dietro di me per allontanarmi da quella brutta situazione e tornare così a godermi la passeggiata in silenzio.
Che illusa! L'uomo, ancora più sconvolto e sudato sbuca da una porta seminascosta nel buio del vicolo che solo adesso mi rendo conto essere cieco.
Non ho nemmeno il tempo di alzare le mani per ripararmi il viso, lui mi colpisce con un martello e perdo subito i sensi.

Spirali colorate, quadrati incastrati uno nell'altro, equazioni complicate, lampi di luce accecante, un televisore sintonizzato su una trasmissione in bianco e nero, ciocche di capelli, un orsetto di pezza, le mie gambe nude legate con una corda stretta: questo è ciò che vedo prima di ritrovare la lucidità necessaria per capire dove sono.

Mi trovo in un salotto scialbo, grigio; la tappezzeria è scolorita e a tratti anche strappata. Il pavimento è cosparso di vari oggetti (tra cui riconosco il martello che mi è arrivato prima in faccia) e di stracci impregnati di sangue.
Appena mi rendo conto che si tratta del mio ho un piccolo shock! La stanza inizia a ruotarmi intorno e nel frattempo il mio carnefice mi osserva come un topo da laboratorio.
Sento la nausea salire dallo stomaco e un ronzio nelle orecchie, segno che sto per svenire di nuovo, ma l'uomo me lo impedisce piazzandosi di fronte a me e urlando come un ossesso.
Inizialmente non capisco quello che dice e penso sia colpa del sangue che ho perso o di qualche droga che mi ha iniettato. Rimango a guardarlo a bocca aperta per qualche minuto mentre cerco di mettere ordine nella mia testa.
Allora mi guardo intorno evitando di soffermarmi sulla pozza scarlatta a pochi centimetri dai miei piedi.
Un souvenir di Firenze poggiato sul tavolino vicino al divano, un quadro raffigurante un veliero appeso sulla parete dietro di me (lo vedo attraverso uno specchio dell'ingresso), e piantine grasse di tutte le forme disposte in modo meticoloso negli angoli della stanza.
D'un tratto il coraggio che credevo di avere mi abbandona, il mio respiro si fa più pesante e veloce, sì, sto per avere un attacco di panico!
Calmati! Respira! Non è come sembra! Non sei stata rapita da uno psicopatico!
Non è possibile! Proprio a me doveva capitare!
Piagnucolo come una ragazzina e questo viene interpretato come un invito a fare conoscenza.
Il maniaco si siede su uno sgabello a pochi centimetri da me e inizia a parlarmi confidenzialmente; probabilmente mi ha scambiata per qualcun'altra... oddio! Mi parla come fossi sua moglie.
Si accorge certamente della mia disperazione ma la ignora continuando a rimproverarmi questo atteggiamento fastidioso e quell'episodio spiacevole.
Provo quindi a dire qualche parola ma ora sono certa di essere drogata: la mia lingua è intorpidita, non riesco a impostarla in modo da dire una parola sensata. Riesco a mettere insieme solo due lettere per dire semplicemente... no.
Basta questo per scatenare la sua reazione del tutto irrazionale.
Ma non posso fare altro che guardarlo, inerme, mentre riprende in mano il martello e, senza una spiegazione, mi colpisce più volte.
Vedo gli schizzi di sangue sui mobili, i suoi occhi spalancati e rabbiosi, la sua mano ossuta che mi viene incontro ripetutamente con violenza.
Eppure non sento dolore, non mi sfugge nemmeno un grido di terrore: mi sembra di osservare la scena dall'alto e penso che quella povera ragazza non merita una fine così meschina solo perché assomiglia vagamente alla moglie di un pazzo.
Ecco questo è l'ultimo colpo, me lo sento: mira proprio in mezzo agli occhi...

Spirali colorate, quadrati incastrati uno nell'altro, equazioni complicate, lampi di luce accecante, un televisore sintonizzato sulla replica notturna di “Striscia la Notizia”, ciocche di capelli, un orsetto di pezza, le mie gambe nude distese sul divano: questo è ciò che vedo prima di ritrovare la lucidità necessaria a capire dove sono.

Mi trovo nel salotto di casa mia; la tappezzeria familiare è ancora fresca di ristrutturazione. Il pavimento è cosparso di vari oggetti tra cui riconosco le mie ciabatte e la scatola della pizza con cui ho cenato ieri.
Mi guardo intorno un po' stordita, stropiccio gli occhi e, sollevata, recupero il telecomando poggiato sul tavolino vicino al divano.
Grazie a Dio, mi dico, era solo un incubo.



Non so perché mi trovo in strada a quest'ora della notte, forse avevo solo bisogno di passeggiare per schiarirmi le idee.
L'aria è già molto fresca e io indosso solo una leggera sottoveste; eppure sono certa di essermi cambiata prima di uscire. Ricordo benissimo di aver indossato i miei jeans preferiti e una felpa nera... o l'ho solo sognato?
In ogni caso così sto proprio comoda, mi vien voglia di andare al mare.
Invece mi dirigo verso la stazione.
Le strade della mia città sono strette vie collegate tra loro da ampi cortili dove i bambini crescono giocando a palla avvelenata, proprio come ho fatto io.
Per fortuna l'illuminazione è buona grazie anche alla splendida luna che mi fermo ad ammirare di tanto in tanto.
Decido di prendere una scorciatoia attraversando uno di quei cortili ma me ne pento subito. Una donna bionda, tutta trafelata, infila di corsa un bambino in auto cercando di allacciare bene il seggiolino mentre un uomo, presumo suo marito, le urla dietro a pieni polmoni che non la passerà liscia, che lui non è così violento come lei lo descrive.
Mi faccio piccola piccola e spero di passare inosservata ma non posso fare a meno di sbirciare, curiosa come sono; lei, capelli sfibrati e tinta per niente naturale, indossa una tuta blu sgualcita da troppi lavaggi in lavatrice, a guardare bene potrebbe anche essere un pigiama; lui, magro all'inverosimile, ha il viso scavato, gli zigomi sporgenti e gli occhi che sembrano voler uscire dal loro posto.
L'auto parte e l'uomo rientra in casa sbattendo la porta.
Io mi addentro nel vicolo dietro di me per allontanarmi da quella brutta situazione sperando di tornare così a godermi la passeggiata in silenzio.
Ma mi ero illusa. L'uomo, ancora più sconvolto e sudato sbuca da una porta seminascosta nel buio del vicolo che solo adesso mi rendo conto essere cieco.
Non ho nemmeno il tempo di alzare le mani per ripararmi il viso, lui mi colpisce con un martello e perdo subito i sensi.

Spirali colorate, quadrati incastrati uno nell'altro, equazioni complicate, lampi di luce accecante, un televisore sintonizzato su una trasmissione in bianco e nero, ciocche di capelli, un orsetto di pezza, le mie gambe nude legate con una corda stretta: questo è ciò che ricordo prima di ritrovare la lucidità necessaria per capire dove sono.

Mi trovo in un salotto scialbo, grigio; la tappezzeria è scolorita e a tratti anche strappata. Il pavimento è cosparso di vari oggetti (tra cui riconosco il martello che mi è arrivato prima in faccia) e di stracci impregnati di sangue.
Appena mi rendo conto che si tratta del mio ho un piccolo shock! La stanza inizia a ruotarmi intorno e nel frattempo il mio carnefice sembra inscenare un ballo rituale.
Sento la nausea salire dallo stomaco e un ronzio nelle orecchie, segno che sto per svenire di nuovo, ma l'uomo me lo impedisce piazzandosi di fronte a me e urlando come un ossesso.
Non capisco quello che dice e penso sia colpa del sangue che ho perso o di qualche droga che mi ha iniettato. Invece, facendo uno sforzo di concentrazione, mi rendo conto che sta parlando un'altra lingua. Rimango a guardarlo a bocca aperta per qualche minuto mentre cerco di mettere ordine nella mia testa.
Allora noto un Corano poggiato sul tavolino tra i divani, un tappeto persiano appeso sulla parete dietro di me (lo vedo attraverso uno specchio dell'ingresso), e diverse statuine raffiguranti non so quale dio straniero disposte in modo meticoloso negli angoli della stanza.
Mi costringo a pensare che no, non sono razzista ma, oddio, proprio in casa di un musulmano dovevo capitare?
Lo guardo recitare quella che sembra una preghiera, dopodiché prende in mano il Corano e lo sfoglia velocemente; arrivato alla pagina che cercava si siede su uno sgabello a pochi centimetri da me e inizia a parlarmi in italiano della bellezza delle tradizioni islamiche, mi descrive le feste e i colori e io provo un altro shock, questa volta più grande, quando gli sento proclamare orgoglioso che anch'io potrò godere di tutto questo quando mi porterà nella sua città, dalla sua famiglia, in Africa!
Si accorge certamente della mia disperazione ma la ignora continuando a parlare di cous cous e palme centenarie e stoffe pregiatissime.
Provo quindi a dire qualche parola ma ora sono certa di essere drogata: la mia lingua è intorpidita, non riesco a impostarla in modo da dire una parola sensata. Riesco tuttavia a mettere insieme due lettere per dire semplicemente... no.
Basta questo per scatenare la sua reazione che io trovo del tutto irrazionale.
Ma non posso fare altro che guardarlo, inerme, mentre riprende in mano il martello e, senza una spiegazione, mi colpisce e io perdo subito i sensi ancora una volta.

Spirali colorate, quadrati incastrati uno nell'altro, equazioni complicate, lampi di luce accecante, un televisore sintonizzato sulla replica notturna di “Striscia la Notizia”, ciocche di capelli, un orsetto di pezza, le mie gambe nude distese sul divano: questo è ciò che ricordo prima di ritrovare la lucidità necessaria a capire dove sono.

Mi trovo nel salotto di casa mia; la tappezzeria familiare è ancora fresca di ristrutturazione. Il pavimento è cosparso di vari oggetti tra cui riconosco le mie ciabatte e la scatola della pizza con cui ho cenato ieri.
Mi guardo intorno un po' stordita, stropiccio gli occhi e, sollevata, recupero il telecomando poggiato sul tavolino tra i divani.
Grazie a Dio, mi dico, era solo un incubo.


Edited by caterina.russo - 10/11/2012, 15:13
 
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view post Posted on 15/10/2012, 12:01

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Era pesante la pizza, vero? Però è servita a darti l'ispirazione giusta per creare un bell'incubo! E' una storia nuova. nessuno aveva toccato questo argomento, non così almeno.
Mi piace la tua scrittura, semplice, chiara, lineare, che non si disperde troppo in particolari inutili ed arriva diretta al cuore della storia e, di conseguenza al lettore. A me è piaciuta.
L'idea di perdere la libertà, per ritrovarsi schiava in un harem o barattata per qualche cammello, penso che abbia fatto inorridire chissà quante donne.
Grazie per il tuo originale contributo.

Benvenuta ed in bocca al lupo!
 
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parenti.eva
view post Posted on 15/10/2012, 13:23




Che dire è bellissimo, io invece ho qualche difficoltà con i verbi come una bambina delle elementari. Sei grande Moon :D
 
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sparmio
view post Posted on 15/10/2012, 13:37




ciao Caterina,

il tuo racconto fa riflettere, fa molto riflettere... Se andiamo avanti cosi' mi sa tanto che l'incubo della protagonista del tuo racconto diventera' realta'... Mi fermo qui perche' non vorrei essere accusato di razzismo.

QUOTE
Non so perché mi trovo in strada a quest'ora della notte, forse avevo solo bisogno di passeggiare per schiarirmi le idee

la prima parte della frase e' al presente (mi trovo), la seconda e' al passato (avevo).
Secondo me faresti meglio ad usare lo stesso tempo per entrambe.

Benvenuta e in bocca al lupo!
 
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davide2283
view post Posted on 15/10/2012, 14:17




CITAZIONE
Allora noto un Corano poggiato sul tavolino tra i divani, un tappeto persiano appeso sulla parete dietro di me (lo vedo attraverso uno specchio dell'ingresso), e diverse statuine raffiguranti non so quale dio straniero disposte in modo meticoloso negli angoli della stanza.
Mi costringo a pensare che no, non sono razzista ma, oddio, proprio in casa di un musulmano dovevo capitare?

Posto che il Corano e il tappeto persiano fanno un po' clichè, nella religione islamica non esistono statuine raffiguranti "dei stranieri", perchè il loro dio non può essere raffigurato in alcun modo, quindi questo passo non è verosimile.
Per quanto riguarda la frase dopo, è proprio una frase razzista: una ragazza si sveglia drogata, incatenata e sanguinante in una casa sconosciuta, e si rammarica del fatto di essere nella casa di un musulmano? Perchè se invece fosse stata nella casa di un prete cattolico, sai che sollievo!
CITAZIONE
Si accorge certamente della mia disperazione ma la ignora continuando a parlare di cous cous e palme centenarie e stoffe pregiatissime.

Alè, vai con la fiera del luogo comune. Se fosse stato italiano, avrebbe raccontato di mafia, pizza e mandolino, se fosse stato tedesco di oktoberfest, wurstel e crauti, se fosse stato svizzero di orologi e cioccolato?
CITAZIONE
Spirali colorate, quadrati incastrati uno nell'altro, equazioni complicate, lampi di luce accecante, un televisore sintonizzato su una trasmissione in bianco e nero, ciocche di capelli, un orsetto di pezza, le mie gambe nude legate con una corda stretta: questo è ciò che ricordo prima di ritrovare la lucidità necessaria per capire dove sono.

Non capisco né la necessità di ripetere questa frase quasi uguale alla fine, né tantomeno il suo contenuto. Vede delle cose a caso o queste cose che vede hanno un senso, un significato? Parlo soprattutto delle spirali, dei quadrati, delle equazioni (forse stava studiando analisi e geometria?), e dei lampi di luce.

Scusa ma non ho trovato un gran significato nel tuo racconto, forse non mi è piaciuto com'è stato trattato un tema tutt'altro che superficiale come i rapimenti delle donne, tant'è che ne emerge una visione un po' bigotta e razzista di una cultura straniera, che sinceramente non condivido. Ma probabilmente sono io ad essere bacchettone.
Avrei preferito che le motivazioni alla base del rapimento fossero altre, tipo il fatto che il rapitore è un pazzo schizofrenico, invece così sembra un comportamento normale per un musulmano rapire donne martellandole in faccia per portarle in Africa. Scusa, ma no.

Edited by davide2283 - 15/10/2012, 16:00
 
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view post Posted on 15/10/2012, 14:53

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Caterina, io penso che chiunque rapisca una persona, la droghi e la maltratti per farla sua, sia un maniaco, uno squilibrato, al di là della razza alla quale appartiene.
Io ho visto il bruto, non il musulmano. Io penso che siamo tutti uguali, però la cultura islamica non é certo benigna con le donne, costrette spesso a lottare per i loro diritti.
L'argomento è delicato ma sarebbe stato diverso se il bruto fosse stato il "buon" vicino di casa? o il prete cattolico?
Ribadisco che non sono razzista.
Commenta i nostri punti di vista, così faremo più chiarezza.
 
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caterina.russo
view post Posted on 15/10/2012, 14:59




Ecco questa era la mia paura, di venire fraintesa.
Iniziamo dalle statuine. Bisogna vederle con gli occhi della ragazza che si confronta con una cultura che non conosce e scambia semplici statuine con rappresentazioni di dei (ricordati che la storia è raccontata dalla ragazza in prima persona).
Riguardo la frase in cui si scopre che si tratta di un musulmano, lo so è forte e sono anche disposta a modificarla se a molti da fastidio ma credimi non volevo assolutamente dare l'idea della razzista, anzi di una ragazza sempliciotta cresciuta in un paesino di provincia che ha "paura dell'uomo nero".
Infine le spirali, i lampi di luce ecc erano solo un modo per descrivere il risveglio un po' confusionario. La ripetizione fa parte del mio stile, mi rendo conto di usare spesso questa tecnica per rafforzare i punti che preferisco.
Davide capisco il tuo punto di vista, ma il protagonista del racconto non è il musulmano ne il rapimento ma l'incubo!
Infine ci tengo a precisare che il racconto non è bigotto ne razzista visto che descrive molte bellezze delle tradizioni islamiche.
Mi spiace tu abbia frainteso e spero non succeda ad altri.
 
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view post Posted on 15/10/2012, 15:07

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Certamente la frase: proprio nella casa di un musulmano dovevo trovarmi? Beh, non è il massimo...

Facci sapere la tua opinione.

Ciao Pat

Scusa ma il mio secondo commento è arrivato quasi contemporaneamente alla tua spiegazione, altrimenti l'avrei evitato.
Comunque sono contenta di avere bene interpretato il tuo racconto e le tue intenzioni. Lo psicopatico, lo squilibrato è tale, al di là della razza a cui appartenga.
Non siamo razziste.

Grazie.
In bocca al lupo!
 
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davide2283
view post Posted on 15/10/2012, 15:17




Caterina, se mi dici che le tue intenzioni erano altre, io ci credo, però ovviamente io commento il risultato, che solo in teoria dovrebbe coincidere con le intenzioni. Forse in questo caso non è così chiaro, soprattutto ho trovato parecchi luoghi comuni che sembrano tutt'altro che "celebrazioni". Forse dovresti caratterizzare di più questo rapitore, rendendolo meno stereotipato, facendo vedere al lettore che il suo essere musulmano è solo una sfaccettatura del suo essere psicopatico. Il tuo racconto è molto breve, puoi senza dubbio allungarlo caratterizzando meglio i personaggi e le situazioni in modo da non farlo sembrare un elenco di luoghi comuni, che sono un po' di cattivo gusto.
Ciao!
 
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view post Posted on 15/10/2012, 15:54
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@ Caterina, poteva essere un bel racconto, ma ti sei andata a impantanare in una situazione un pò complessa.

Mi hanno insegnato che prima di scrive di qualche cosa che non si è certi, bisogna fare delle ricerche.

Quindi la miglior strada è quella di scrivere di ciò che si sa, altrimenti il lettore, se lo prendi in giro.

Sai cosa fa?

Chiude il libro e lo accantona e perde fiducia in quello scrittore.

Mi hanno inculcato questa frase:

"Scrivi solo di ciò che sai." :D :D e ti troverai sempre bene. ;)





 
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wyjkz31
view post Posted on 15/10/2012, 18:36




Il racconto mi è piaciuto molto. Una storia semplice e ben condotta, con il giusto grado di brividi e un sogno che richiama paure non riconosciute razionalmente.
C’è un’unica cosa che mi ha dato proprio fastidio; prima di leggere il racconto ho visto di sfuggita la frase finale e mi sono persa buona parte del divertimento. Accidenti!

Questo è il commento che avevo scritto prima di leggere quelli già inseriti e devo dire di essere rimasta molto stupita dall'interpretazione che è venuta fuori del tuo racconto. Tutta la parte, diciamo così, "razzista e stereotipata" io l'ho interpretata come un emergere nel sogno di paure che in qualche modo covano nel profondo di molte persone che non hanno il coraggio di dichiararle apertamente (e forse non ne hanno nemmeno coscienza). Insomma, siamo tutti tolleranti fino a quando non ci troviamo il "diverso" come vicino di casa.

Ti segnalo un paio di cose
CITAZIONE
Basta questo per scatenare la sua reazione del tutto irrazionale, penso.
Ma non posso fare altro che guardarlo,

Ho avuto un attimo di incertezza leggendo questa frase. Basta questo per scatenare la sua reazione – è un fatto
Che sia “del tutto irrazionale” è il pensiero della protagonista (o almeno io ho interpretato in questo modo)
ma scritto così il "penso" si riferisce entrambe le cose.
Toglierei anche il ma iniziale, non perché mi disturbi particolarmente a inizio frase, più che altro perché mi sembra che non sia necessario.
CITAZIONE
lo scatolo

perchè non la scatola?

 
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bibina74
view post Posted on 15/10/2012, 19:12




CITAZIONE (caterina.russo @ 15/10/2012, 12:45) 
Non so perché mi trovo (presente) in strada a quest'ora della notte, forse avevo (passato) solo bisogno di passeggiare per schiarirmi le idee. (schiarirmi le idee x cosa? Aveva avuto un problema? Bastava dire che aveva voglia di prendersi del fresco)
L'aria è già molto fresca e io indosso solo una leggera sottoveste; eppure ricordo di essermi cambiata prima di uscire. Ricordo (ripetizione) benissimo di aver indossato i miei jeans preferiti e una felpa nera... o l'ho solo sognato?
In ogni caso così sto proprio comoda, mi vien voglia di andare al mare.(ma che c'entra qs frase? Basta dire che passeggia!)
Invece mi dirigo verso la stazione.
Le strade della mia città sono strette vie collegate tra loro da ampi cortili dove i bambini crescono giocando a palla avvelenata, proprio come ho fatto io. (anche qs frase non la trovo funzionale alla narrazione)
Per fortuna l'illuminazione è buona grazie anche alla splendida luna che mi fermo ad ammirare di tanto in tanto.
Decido di prendere una scorciatoia attraversando uno di quei cortili (virgola) ma me ne pento subito. Una donna bionda, tutta (toglierei il tutta) trafelata, infila di corsa un bambino in auto cercando di allacciare bene il seggiolino (virgola) mentre un uomo, presumo (meglio probabilmente) suo marito, le urla dietro a pieni polmoni (toglierei a pieni polmoni) che non la passerà liscia, che lui non è così violento come lei lo descrive. (scusa ma le dice che non la passa liscia e subito dopo che non è così violento come lei dice???)
Mi faccio piccola piccola e spero di passare inosservata ma non posso fare a meno di sbirciare, curiosa come sono(toglierei curriosa come sono); lei, capelli sfibrati e tinta per niente naturale (se è una tinta è ovvio che non è naturale) , indossa una tuta blu sgualcita da troppi lavaggi in lavatrice (superfluo dire in lavatrice) , a guardare bene potrebbe anche essere un pigiama (togliere qs frase); lui, magro all'inverosimile, ha il viso scavato,(spazio) gli zigomi sporgenti e gli occhi che sembrano voler uscire dal loro posto.
L'auto parte e l'uomo rientra in casa sbattendo la porta.
Io mi addentro nel vicolo dietro di me per allontanarmi da quella brutta situazione sperando di tornare così a godermi la passeggiata in silenzio.
Ma mi ero illusa (prima tempo presente adesso tempo passato) . L'uomo, ancora più sconvolto e sudato sbuca da una porta seminascosta nel buio del vicolo che solo adesso mi rendo conto essere cieco. (qs frase è troppo contorta)
Non ho nemmeno il tempo di alzare le mani per ripararmi il viso, lui mi colpisce con un martello e perdo subito i sensi.

Spirali colorate, quadrati incastrati uno nell'altro, equazioni complicate(cos'è? algebra?) , lampi di luce accecante, un televisore sintonizzato su una trasmissione in bianco e nero, ciocche di capelli, un orsetto di pezza, le mie gambe nude legate con una corda stretta: questo è ciò che ricordo (perchè ricordo? semmai qs è ciò che vedo) prima di ritrovare la lucidità necessaria per capire dove sono.

Mi trovo in un salotto scialbo, grigio; la tappezzeria è scolorita e a tratti anche strappata. Il pavimento è cosparso di vari oggetti (tra cui riconosco il martello che mi è arrivato prima in faccia) (via qs frase) e di stracci impregnati di sangue.
Appena mi rendo conto che si tratta del mio sangue (ripetizione) ho un piccolo shock! La stanza inizia a ruotarmi intorno e nel frattempo il mio carnefice sembra inscenare un ballo rituale. (mio Dio, si fa pure un balletto???)
Sento la nausea salire dallo stomaco e un ronzio nelle orecchie, segno che sto per svenire di nuovo, ma l'uomo me lo impedisce piazzandosi di fronte a me e urlando come un ossesso. (linguaggio poco consono al contesto)
Non capisco quello che dice e penso sia colpa del sangue che ho perso o di qualche droga che mi ha iniettato. Invece, facendo uno sforzo di concentrazione (meglio concentrandomi), mi rendo conto che sta parlando un (apostrofo)altra lingua. Rimango a guardarlo a bocca aperta per qualche minuto mentre cerco di mettere ordine nella mia testa.
Allora noto un Corano poggiato sul tavolino tra i divani (e quanti ne ha?), un tappeto persiano appeso sulla parete dietro di me (lo vedo attraverso uno specchio dell'ingresso) (via qs frase), e diverse statuine raffiguranti non so quale dio straniero disposte in modo meticoloso negli angoli della stanza. (eviterei anche il dettaglio delle statuine... che statuine hanno i musulmani?)
Mi costringo a pensare che no, non sono razzista ma, oddio, proprio in casa di un musulmano dovevo capitare? (qs frase è costruita male se la vuoi scrivere devi cmq sistemarla)
Lo guardo recitare quella che sembra una preghiera, dopodiché prende in mano il Corano e lo sfoglia velocemente; arrivato alla pagina che cercava si siede su uno sgabello a pochi centimetri da me e inizia a parlarmi in italiano della bellezza delle tradizioni islamiche, mi descrive le feste e i colori e io provo un altro shock (provo un altro shock va cambiato ti prego!), questa volta più grande, quando gli sento proclamare orgoglioso che anch'io potrò godere di tutto questo quando mi porterà nella sua città, dalla sua famiglia, in Africa!
Si accorge certamente della mia disperazione ma la ignora continuando a parlare di cous cous e (virgola e togli la e) palme centenarie e stoffe pregiatissime.
Provo quindi a dire qualche parola ma ora sono certa di essere drogata: la mia lingua è intorpidita, non riesco a impostarla (perchè, la lingua si IMPOSTA?)in modo da dire una parola sensata. Riesco tuttavia a mettere insieme due lettere per dire semplicemente... no.
Basta questo per scatenare la sua reazione del tutto irrazionale, penso (via il penso).
Ma non posso fare altro che guardarlo, inerme, mentre riprende in mano il martello e, senza una spiegazione, mi colpisce e io perdo subito i sensi ancora una volta.

Spirali colorate, quadrati incastrati uno nell'altro, equazioni complicate, lampi di luce accecante, un televisore sintonizzato sulla replica notturna di “Striscia la Notizia”, ciocche di capelli, un orsetto di pezza, le mie gambe nude distese sul divano: questo è ciò che ricordo prima di ritrovare la lucidità necessaria a capire dove sono. (capisco che con la ripetizione volevi ricreare il punto in cui ti eri interrotta, ma è un po' pesante da rileggere)

Mi trovo nel salotto di casa mia; la tappezzeria familiare è ancora fresca di ristrutturazione. Il pavimento è cosparso di vari oggetti tra cui riconosco le mie ciabatte e lo scatolo (la scatola) della pizza con cui ho cenato ieri. (scusa ma qs tipa mangia la pizza la sera prima e lascia la scatola per 2 giorni sul tavolo?forse ti sei dimenticata che usi il presente quindi la pizza l'ha mangiata quella sera e non la sera prima)
Mi guardo intorno un po' stordita, stropiccio gli occhi e, sollevata, recupero il telecomando poggiato sul tavolino tra i divani.
Grazie a Dio, mi dico, era solo un incubo.

Ciao
ti ho segnato delle cose che non mi convincono, ma la cosa principale che non mi torna e spero mi spiegherai è questa: ripeti 2 volte la frase delle stelline e quadrati ecc per far capire al lettore che la ragazza ha sognato tutto, ma stando a come le inserisci nella storia sembrerebbe che la prima parte del racconto sia realmente accaduta alla protagonista, cioè che esce a farsi un giro, vede la donna che litiga con l'uomo e poi lui le dà una martellata in testa... poi usi la fatidica frase quindi è da lì che io capisco che la ragazza ha l'incubo, infatti quando la fai ritornare alla realtà usi la stessa frase.
Quindi non capisco il senso del pezzo precedente alle stelline, perchè non è possibile.
Usando il tuo ragionamento e la tua idea avresti potuto costruire la storia così:
1)La ragazza è sola a casa e fa zapping annoiata.
2)Si addormenta davanti alla tv
3) Suonano alla porta allora lei ricorda stelline quadrati ecc e va ad aprire
4) lì c'è il vicino di casa maniaco che le dà la martellata e sviluppi tutto quanto
5) poi di nuovo stelline e quadrati e lei si sveglia a casa col telecomando in mano e il suo vicino non ha mai suonato alla porta


Spero di essermi spiegata e di esserti stata d'aiuto.
In bocca al lupo.

Edited by bibina74 - 29/10/2012, 15:38
 
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missDFP
view post Posted on 16/10/2012, 10:06




Ciao Caterina,

l'idea di base mi è piaciuta un sacco e anche il ripetere la stessa frase iniziale anche alla fine è una cosa che ho apprezzato, ma come ti è già stato detto ho trovato il riferimento ad una razza specifica un po' troppo forte.
L'argomento è delicato in sè per la mostra storia attuale, ed un riferimento così specifico in effetti può indurre molti nell'errore di pensare ad una sorta di razzismo, anche perché la ragazza sottolinea proprio che non vuole esserlo.
Sembra un mettere le mani avanti per qualcosa che pensa davvero in realtà. Anche se sono sicura che non fosse questo l'intento.
Comunque i commenti in tal proposito già li hai visti per cui se rendi il "cattivo" più psicopatico che altro, senza specificare la razza, di sicuro la storia ci guadagna.

In bocca al lupo!

D.
 
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Atropos
view post Posted on 16/10/2012, 10:12




,,,temo anch'io che la pizza sia stata troppo pesante, ,,,il racconto?! boooooooooh resto un po' apatico, non mi ha conquistato,,,,forse sarà perchè alla fine tutto svanisce ,,,ormai le storie degli incubi ne ho le ,,,,, piene, sembra quasi che l'uso dell'incubo sia come un colpo di spugna per pulire lo sporco lasciato dall'horror,,,mah,,,,
,,,per via del razzismo o no,,,,hai ragione tu, a mio avviso il racconto non è razzista,,,ma freud o qualche suo discepolo forse avrebbe detto il contrario,,,,,
 
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Linda2012
view post Posted on 16/10/2012, 10:19




Ciao, il tuo racconto è scritto molto bene, ma in verità non mi ha coinvolta più di tanto. Non mi intrometto nelle questioni di religione, parlo proprio dello stile: mi sembra che tutta la scena sia vista da un narratore esterno, non dalla protagonista, e questo narratore in modo pacato descrive la scena che vede. Ecco, pacato è proprio l'aggettivo giusto, mentre forse mi aspettavo reazioni più irrazionali, istintive, violente! Il tema dell'incubo è proprio originale, complimenti!
 
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51 replies since 15/10/2012, 11:45   664 views
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