| IL VIAGGIO
Un forte stridio di freni accompagnato da un gelido vento annunciò l'arrivo del treno. Si avvicinò alla porta che qualcuno aveva già aperto ed entrò nella carrozza che le era toccata in sorte. Si compiacque di essere su un vagone senza scompartimenti, così poteva osservare le persone senza dare troppo nell'occhio. Più di una volta si era sentita molto a disagio quando in uno scompartimento di sole sei persone era stata sorpresa ad osservarle ricevendo in cambio, nei casi migliori, occhiate incuriosite, e nei peggiori, ostili, tanto che a volte si era sentita costretta a spostarsi. Amava osservare la gente, ma a volte la gente odiava essere osservata. Cercò un posto a sedere vicino al finestrino, con una certa difficoltà mise il proprio borsone nello spazio tra due file di sedili e si accomodò. Una giovane ragazza con le cuffie nelle orecchie e lo sguardo assonnato si sedette di fronte a lei, e non la degnò di uno sguardo mentre si accomodava sul sedile con la chiara intenzione di riprendere a dormire là dove era stata interrotta per poter prendere quel treno. Un giovane in giacca e cravatta invece si sistemò nel posto al di là del corridoio. Mise la valigetta nel comparto sopra il sedile, si tolse il soprabito chiaro, piegandolo con la fodera all'esterno nell'evidente tentativo di non sporcarlo, lo sistemò sopra la valigetta, sbottonò i bottoni della giacca all'altezza della cintura e si sedette, giornale in braccio, pronto ad affrontare il viaggio. Una signora ingombrante, con ingombranti borse, si fece largo tra i sedili con una certa difficoltà perché il treno era ripartito con qualche sobbalzo. Arrivò ballonzolante ad un paio di sedili liberi più avanti del suo e, non senza il rischio di colpire qualcuno con alcune delle sue borse si mise seduta, o meglio, cadde pesantemente sul sedile con un enorme sospiro di sollievo per l'impresa appena compiuta. Guardandosi intorno vide una giovane donna, vestita da bambola, con tanto di nastrini colorati tra i biondi capelli, camicetta con colletto di pizzo, vestitino rosa e ballerine lucide, seduta su un telo che aveva lo scopo di proteggerla dalla scarsa pulizia del sedile. Non era la prima che vedeva stendere un qualcosa tra i perfetti e lindi abiti e i sedili di un treno che per definizione non erano il massimo dell'igiene. Era per questo motivo che quando poteva si metteva una comoda tuta che utilizzava unicamente per il viaggio. La ragazza-bambola però aveva uno sguardo molto triste, guardava il paesaggio correre fuori dal finestrino senza vederlo realmente. Una delusione amorosa? Un lutto in famiglia? No, non era l'abbigliamento per un funerale. Le si strinse il cuore. Le persone palesemente tristi le mettevano angoscia, avrebbe voluto aiutarla, farla parlare, dirle che il dolore che stava provando in quel momento sarebbe passato e che nulla accade per caso. Se adesso le sembrava che il mondo le stesse crollando addosso, domani si sarebbe resa conto che il dolore era servito per accogliere con maggior gioia un evento inaspettato. Ma non si mosse, in fondo lei che ne sapeva davvero di cosa stesse passando per la testa di quella ragazza? Tornò a guardare il ragazzo al di là del corridoio. Stava leggendo il giornale, e facendo una considerazione puramente estetica, concluse che non era affatto male. Guardò la mano sinistra e vide una fede al dito. Chissà che genere di moglie lo stava aspettando a casa, si chiese. Immaginò un'affascinante brunetta, con un grembiule da cucina che preparava la cena mentre un bambino con gli stessi occhi azzurri del padre rincorreva il gatto di casa, poco felice del gioco che si era inventato il bambino. Poi immaginò il suono di chiavi che giravano nella serratura della porta e l'uomo che entrava in casa accolto dalla moglie che lo abbracciava e salutava con un bacio, lui che ricambiava con passione e che un attimo dopo salvava il gatto prendendo il braccio il bambino e dirigendosi in cucina dietro alla moglie. Con un espressione felice si mise ad osservare la sua vicina che era riuscita, o almeno così sembrava, a tornare tra le braccia di Morfeo. Aveva un aria molto serena nonostante la scomoda posizione sul sedile. Sicuramente quando si fosse svegliata avrebbe avuto qualche dolore ai muscoli con cui fare i conti. Guardò fuori dal finestrino e vide che stavano entrando in una galleria, non fece nemmeno in tempo a registrare questa informazione che il treno si fermò di colpo con un terribile stridio di freni. La luce oscillò per un attimo e poi si spense del tutto. Ci fu un lungo momento di silenzio, o così sembrò. Fuori era completamente buio perché anche nella galleria non c'erano luci. Nel vagone cominciarono a accendersi rettangoli luminosi proiettati dagli schermi dei telefonini dei passeggeri che cercavano di fare un po' di luce. Si sentì un urlo agghiacciante attraverso l'oscurità. Più incuriosita che spaventata cercò con la fioca luce emessa dal suo telefono di capire chi avesse urlato, non senza difficoltà. Da quello che poteva vedere con quella debolissima illuminazione, gli altri passeggeri si guardavano intorno cercando di capire cosa fosse successo. Notò che la ragazza-bambola non era più al suo posto. Si alzò urtando delle gambe e diede una forte botta con il fianco destro contro un sedile, ma in qualche modo arrivò là, dove prima della galleria, c'era la ragazza. Notò che non c'era nemmeno più il telo sul sedile. Che la ragazza si fosse alzata era plausibile, ma che in quella situazione avesse anche tolto il telo lo trovava improbabile. Non c'era nemmeno traccia dei suoi bagagli. Una mano le toccò una spalla e fu lei, quasi, a lanciare un urlo stavolta. Era il ragazzo sposato-con-moglie-bruna-e-figlio, il viso illuminato solo dallo schermo del suo telefono sembrava quello di un fantasma. Le chiese se stesse bene, di rimando lei domandò se avesse visto la ragazza-bambola alzarsi. Lui la guardò in un modo strano prima di rispondere che non aveva visto nessuna ragazza, quel sedile era vuoto anche prima di entrare in galleria. Perplessa fece per alzarsi e tornare al proprio posto. Il ragazzo, scherzando sul fatto che nel muoversi gli aveva quasi portato via un ginocchio, la prese per mano e la riaccompagnò al suo posto, la luce prodotta dal suo telefono era maggiore e quindi arrivarono ai propri sedili senza intoppi. Lui però non si risedette al suo, si mise di fianco a lei. Ripensò alle parole del ragazzo: “il sedile era vuoto anche prima di entrare in galleria”. Possibile che si fosse immaginata la ragazza? Eppure ricordava i nastri tra i capelli biondi, il pizzo della camicia, il vestitino un po' d'altri tempi, le ballerine lucide, e soprattutto lo sguardo infinitamente triste. L'uomo la stava osservando perplesso. Lei non sapeva cosa dire, cosa pensare, le persone non svaniscono nel nulla. Il ragazzo continuava a fissarla come per leggerle nella mente. Chiuse gli occhi per sfuggire all'intensità di quello sguardo. Il suo cervello registrò anche che lui le teneva ancora una mano, quasi non volesse perdere il contatto. Pensò che probabilmente pensava stesse per avere una crisi isterica, prima si avviava come un'ubriaca al buio verso un sedile vuoto, poi delirava su una ragazza che lui diceva di non aver visto. Stava pensando ad una giustificazione che non la facesse sembrare una pazza, ma in quel momento la luce tornò, dall'altoparlante si sentì gracchiare ed una voce disse che c'era stato un guasto riparato momentaneamente che avrebbe permesso al treno di arrivare alla stazione successiva. Da lì avrebbero potuto continuare il viaggio con mezzi sostitutivi. Osservarono che la ragazza di fronte, che aveva continuato a dormire serena per tutto il tempo cominciò a stiracchiarsi. Ignara della situazione di potenziale emergenza, nulla l'aveva svegliata fino a quel momento. Si guardarono e scoppiarono a ridere contemporaneamente. Il ragazzo le lasciò di colpo la mano, quasi si fosse reso conto solo in quel momento che la stava tenendo, e sembrava piuttosto imbarazzato. Prese a giocare con la fede che aveva al dito, e non si decideva a tornare al suo posto. Ora, alla luce, si chiese se anche l'urlo che aveva sentito fosse stato reale o l'avesse immaginato. Si guardò intorno e vide gli altri passeggeri discutere tra loro delle difficoltà di prosecuzione del viaggio, ma ascoltava distrattamente continuando a fissare il sedile, ormai vuoto anche alla luce, della ragazza-bambola. Il ragazzo sembrò rilassarsi e seguì con lo sguardo quello di lei, forse facendosi delle domande sulla sua sanità mentale. Quando arrivarono alla stazione, lui si offrì di portarle la borsa, probabilmente non era convinto che lei stesse davvero bene. Scesero in silenzio dal treno, circondati dal rumore procurato dai commenti degli altri passeggeri, ma che le sembravano provenissero da un altro posto. Prima di uscire dalla stazione diede un'ultima occhiata al treno, ormai deserto. Un foglio di giornale portato dal vento rimase incastrato tra le maniglie del suo borsone. Lo prese, facendo attenzione a non strapparlo. La pagina era tutta ingiallita e parlava di un incidente ferroviario accaduto settant'anni prima proprio nella galleria dove si erano fermati e vi erano pubblicate le foto di tutte le vittime. Guardando quei volti ebbe un sussulto: forse era davvero pazza, ma la ragazza-bambola sembrava un angelo quando sorrideva.
*** revisionato 04/11/2012 ***
Edited by missDFP - 4/11/2012, 19:37
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