Luna blu
A volte per un momento dimentico tutto quello che è successo, strizzo gli occhi e osservo il disco niveo della luna stagliato contro il buio, la sua luce filtra attraverso le mie ciglia e mi sento di nuovo viva, la mia voce s’innalza in un canto che riempie la notte.
Poi il blu intenso dei suoi occhi si fa strada verso di me ancora una volta; come una lama gelida mi trapassa la mente e il mio cuore ormai morto manca un battito, poi due, infine torna il ricordo e con esso il dolore in cui languisco da anni.
Un’ira terribile invade le mie membra come una scossa e, nel silenzio, sento lacrime di fuoco sgorgarmi sul viso.
Non voglio arrendermi, non posso, ma il richiamo della vendetta è troppo forte certe notti.
Mi rivedo in piedi accanto al grosso ginepro, sotto cui solevamo parlare dei nostri sogni, ho la testa pesante e un nodo in gola, le mie mani tremano, sto singhiozzando, ma lui non pare interessarsene o avvedersene.
Sembra indaffarato, il mio Gregory, il mio amore segreto: si china di fronte a
d un cespuglio e afferra qualcosa, lo osservo flettersi sulle ginocchia e tirare verso di sé
che cosa? e intanto immagini sgranate, violente, impossibili affiorano nel mare di confusione che pare avermi avviluppata,
usi molto le virgole e non in maniera sbagliata, però ogni tanto, come qui, ci starebbe bene anche un punto e virgola o addirittura un punto fermo, a seconda dei gusti le scaccio e torno a chiamarlo per nome.
Nessuna risposta.
Nell’oscurità che ci avvolge, faccio fatica a vedere cosa stia trascinando,
qui ci sta di sicuro, invece distolgo lo sguardo e i miei occhi vagano al di là del giardino, verso la grande magione bianca che troneggia al centro della piantagione, sembra guardarmi a sua volta con muta incredulità come se anch’essa sapesse troppo e non volesse accettare la verità.
Cerco di concentrarmi: ricordo tanta gente, musica e risate.
C’è stata una festa, certo…
Un grande ricevimento con più di cento invitati.
Il signor Porter ha voluto che noi cameriere preparassimo il salone con la massima cura: tutto doveva essere perfetto: i fiori, il complesso, i canapè, le luci…
Suo figlio Gregory aveva un annuncio importante da fare, ci ha detto.
E
d io avevo pensato che...
Ma perché non me ne ricordavo?
Che cosa mi è successo?
Ritorno a guardare Gregory, sta sporcando i pantaloni del suo smoking di terra, ma non sembra badarci, è troppo occupato a fare presa su qualcosa dietro il cespuglio di lavanda che ondeggia irrequieto, scosso dai suoi movimenti concitati.
Si lancia occhiate alle spalle di continuo e il suo volto è così bianco da sembrare spolverato di farina.
Aguzzo la vista e finalmente riesco a vedere cosa sta tentando di smuovere: le sue dita sono chiuse intorno a
d una caviglia color
dell’ togli ebano.
La mia caviglia.
D’un tratto il fragile guscio di caos, trincerato intorno alla mia memoria, si rompe.
Schegge di terrore e panico pugnalano la mia mente e in esse rivedo ogni cosa e di nuovo vorrei non avere ricordo di nulla.
Solo questa mattina mi ha stretta fra le sue braccia, sotto le fronde di questo stesso albero, sotto cui ora giaccio senza vita, per sua mano.
Mi osservo stesa sull’erba, il bianco dei miei occhi riflette la luce delle fiaccole accese ai lati del sentiero poco distante, sono troppo brillanti, eppure sono spenti.
Occhi finti, occhi giocattolo, occhi di bambola.
Non c’è più vita nel mio corpo, ho la testa reclinata da un lato, sul mio collo sottile posso vedere impronte livide, tanto evidenti da risaltare comunque sulla mia pelle scura.
Lo osservo in stato di shock, mentre mi toglie la divisa bianca e nera di dosso e mi sfila tutti gli altri indumenti con fare sbrigativo, come se non ci fosse nulla di sbagliato in quello che sta facendo,
anche qui trovo la virgola inappropriata eppure le sue mani tremano come le mie.
Mi toglie le forcine azzurre a forma di farfalla dai capelli, erano un suo regalo.
Strappa via dal mio collo la sottile collanina di cuoio, intarsiata di tribali bianchi, il mio portafortuna prediletto.
Fa lo stesso con la mia cavigliera d’argento e con il braccialetto che porto al polso sinistro, regali d’anniversario e di compleanno, ancora da parte sua.
Con orrore, osservo mentre ammucchia tutto come fosse spazzatura e vi getta sopra un fiammifero acceso,
punto le fiamme divorano il nailon delle mie calze e accendono di riflessi arancioni la mia pelle illividita.
Una pala compare da dietro l’albero, ricordo che all’inizio non l’avevo notata.
Lo guardo scavare senza posa, sempre lanciandosi alle spalle sguardi smaniosi,
punto o punto e virgola lacrime calde sgorgano sul mio viso a lui adesso invisibile, come tutti avrebbero voluto che fosse sempre stato.
Non posso credere a ciò che vedo: fa rotolare il mio corpo nudo nella fossa approntata in fretta e subito inizia a ricoprirmi.
I frammenti del mio cuore in pezzi mi trafiggono l’anima.
Il fuoco consuma i pochi segni della mia identità, mentre la terra accoglie il mio corpo.
Da allora, ogni notte, uno sconforto che va al di là della mia comprensione mi conduce alla tomba, segreta come era il nostro amore, che racchiude i miei poveri resti.
Chiudo gli occhi sotto il volto freddo della luna e ascolto il pianto dei miei cari: si chiedono ancora dove sia finita dopo tutti questi anni, ma non posso placare il loro dolore né il mio, non posso fare nulla.
Il mio canto vaga sulle ali del buio e intristisce i raccoglitori che si riposano negli accampamenti intorno alla piantagione.
Nessuno mi vede, ma la mia voce in qualche modo sembra sempre raggiungerli e con essa il mio pianto.
Tuttavia non sanno chi io sia, forse non lo sapranno mai.
I miei pensieri ritornano a Gregory che il mio cuore non può smettere di amare e odiare.
Lo vedo prendermi per mano e chiedermi di seguirlo fuori dal salone scintillante di luci dorate.
Sento me stessa parlargli, cercando di sovrastare le note di un assolo di sax,
punto o punto e virgolasto nascondendo la mia bocca con il vassoio d’argento che ho in mano, perché nessuno veda come la cameriera nera stia osando parlare con il figlio del padrone durante una serata di gala.
“Ma Gregory, non possiamo andare via. Devi fare il tuo annuncio!”, gli ricordo.
Una parte di me spera che quell’annuncio non sia ciò che penso o che sia solo un modo per salvare le apparenze, come lui mi ha assicurato.
Una parte di me è ancora abbastanza sognatrice da credere che la segregazione non ci impedirà di stare insieme.
Una parte di me ha fiducia nel nostro amore e nelle sue promesse.
Quante promesse, quanti progetti, quanti sogni!
Mi sono innamorata subito di lui, ma non ho detto nulla per lungo tempo, non potevo rischiare di perdere il lavoro.
Il fatto che sia gentile con te non significa niente -mi ripetevo-
il fatto che non ti tratti come una persona di seconda classe non significa niente. Lui è Gregory Porter, il figlio del padrone, tu sei Jalissa White, la cameriera.
Lui è ricco e istruito, tu lavori dall’età di nove anni per mantenere la famiglia e non sei andata oltre la terza classe.
E soprattutto, lui è bianco e tu sei nera e questo e quanto.
Sei invisibile.Ma non lo ero, non per lui.
Lui era diverso o, almeno, lo era stato.
Forse agli occhi degli altri noi eravamo differenti, ma il nostro amore ci aveva resi uguali l’uno per l’altra.
Per lui non importava il colore della mia pelle: mi amava davvero, diceva, e forse non mentiva allora.
Ma dovevamo tenere il segreto per noi: il signor Porter senior non era esattamente razzista, anzi era un bravo datore di lavoro, ma era cresciuto in un mondo in cui i bianchi e i neri non si innamoravano tra loro.
Gregory diceva che non avrebbe mai capito, dopotutto era pur sempre un bianco del sud che possedeva una piantagione di cotone e la gente di colore per lui era solo uno strumento di lavoro, il braccio che operava secondo la sua volontà, niente di più.
Ci aveva visto insieme qualche volta, solo parlare per fortuna
la virgola va qui e non dopo tollerato e aveva tollerato, quando Greg gli aveva spiegato che eravamo amici.
“Ah sì? E cosa avrete mai di cui parlare?!”, aveva esclamato, come se io non mi trovassi di fronte a lui.
Aveva scosso la testa ridendo e aveva raccomandato al figlio di mantenere gli
scambi con le cameriere al minimo, quando i suoi soci in affari erano presenti.
Ed era quello che avevamo fatto.
Ed eravamo stati felici davvero, per più di un anno, stretti nell’abbraccio del nostro amore proibito che ci conduceva ogni giorno più lontano.
La sera, quando smettevo i miei abiti formali di cameriera, non ero più una delle
ragazze della casa: ero Jalissa, ero me stessa e basta.
Mi esibivo in un piccolo
jazz club e sul palco, quando cantavo, non era importante che non fossi bianca o che fossi nera.
La sera del nostro primo bacio, quella in cui Gregory mi aveva sorpresa venendo al club, avevo cantato
“Blue Moon”.
Spesso mi diceva scherzando che era stato il mio
canto da sirena ad abbattere tutte le sue difese e a spingerlo a confessarmi il suo amore:
“Se mio padre ti sentisse cantare, saprebbe perché ti amo”.La sera della festa, Gregory aveva un annuncio da fare a tutti e
d io ne avevo uno da fare a lui.
Speravo tanto che lui non facesse il suo - non mi andava che fosse costretto a mentire - e che fosse felice di sentire il mio.
Mi ero detta che forse non era così sconsiderato: potevamo andarcene via insieme, in un posto dove nessuno conoscesse il nostro nome, proprio come avevamo sempre sognato di fare.
Credevo che il nostro amore sarebbe bastato, che lui non sarebbe stato dispiaciuto all’idea di lasciarsi quella vita alle spalle.
Mi sbagliavo.
Settimane prima, suo padre aveva ricevuto la visita di un socio molto importante,
punto o punto e virgola erano anni che l’uomo non veniva in Mississippi, troppo occupato con le sue piantagioni di tabacco e di caffè per incontrare il signor Porter, ma l’affare che avevano in corso non poteva che essere sbrigato di persona.
Era arrivato un mese prima della festa per rimanere solo qualche giorno, ma la sua permanenza si era prolungata quando aveva visto in Gregory l’uomo perfetto da presentare alla sua bella figlia Vivian.
Avevo appreso i fatti dalle altre cameriere, Greg non mi aveva detto nulla.
La ragazza era arrivata una settimana dopo il padre, direttamente da New Orleans, con i suoi begli abitini candidi e corposi boccoli biondi che le scendevano sulle spalle esili.
Tutti dicevano che aveva la bellezza di una fata e che era altrettanto dolce.
Io temevo che somigliasse a suo padre, ma mi ero ricreduta in fretta: era davvero gentile, chiedeva sempre per favore e ringraziava anche le cameriere e, soprattutto, quando ti parlava, lo faceva guardandoti negli occhi.
Gregory aveva iniziato a passare molto tempo con lei,
anticiperei il punto e virgola qui diceva di esserci costretto; ma non pareva troppo a disagio,
non ci sta questa virgola quando presentava l’algida Bellezza della Louisiana ai suoi amici.
Avevo paura di affrontare l’argomento, ma, qualche giorno dopo, lui mi aveva tolto d’impaccio: suo padre e il signor Crane desideravano un fidanzamento ufficiale tra lui e Vivian e non poteva rifiutarsi apertamente, ma amava me e quello nulla poteva cambiarlo, mi aveva detto.
Avrebbe finto di acconsentire a tutto, giusto il tempo di sistemare i propri affari e poi ce ne saremmo andati via per sempre.
Allora gli avevo creduto davvero.
La sera della festa, la sera della mia morte, ho scoperto fino a che punto mi fossi sbagliata.
Sapeva che avevo qualcosa da dirgli e voleva parlarmi anche lui, prima del famigerato annuncio, mi aveva teso la mano e l’avevo accettata.
Ricordo di averlo seguito al nostro albero senza riluttanza: ero troppo accecata dalla gioia della prospettiva di scappare via con lui verso una nuova vita.
La valigia era pronta sul mio letto e presumevo che lo fosse anche la sua.
Gli avevo chiesto di che cosa volesse parlarmi e lui mi aveva fatto gesto di precederlo,
punto e virgolasembrava nervoso, ma era comprensibile dopotutto.
Non ero preoccupata, solo impaziente di fargli il mio annuncio.
non compare un po' troppe volte sta parola annuncio? Avevo pensato di aspettare ancora una settimana, fino al suo compleanno, per dargli la notizia, ma visto che stava per lasciare la famiglia per stare con me, avevo deciso di rivelargli tutto quella sera.
Mi ero fatta coraggio e gli avevo detto di essere in attesa,
punto o punto e virgolala sua reazione non era stata quella che mi aspettavo, un’espressione di puro panico gli era scivolata lentamente sul viso e si era appoggiato con un tonfo secco al tronco del ginepro.
Ricordo di essere rimasta in silenzio per un po’, allibita: avevo creduto di farlo felice, comunicandogli la lieta novella.
Poi Greg mi aveva chiesto di quanti mesi fossi, immagino sperasse che ci si potesse ancora occupare del
problema,
qui va rivista la punteggiatura, magari con un punto e virgola dopo fossi e qui un'avversativa la mia risposta lo aveva annichilito.
Il panico aveva lasciato il suo volto per far posto alla rabbia che era calata sui suoi occhi glaciali in un’ombra inesorabile.
Nella mia memoria, a questo punto, tutto si fa confuso, i ricordi si fondono in una macchia indistinta.
Rammento solo di averlo visto scattare in avanti e afferrarmi per le spalle per poi scuotermi con una violenza di cui non lo avrei mai ritenuto capace, ricordo le sue dita premere sulla mia gola e il mio respiro morire nella loro morsa.
Poi ricordo un buio più nero della notte, sceso su di me in lente e voluttuose spire.
E infine eccomi, in piedi, accanto al ginepro, sgomenta e terrorizzata, troppo ferita per accettare l’accaduto,
non ci sta la virgola lo fisso in preda ad un torpore assoluto.
D’improvviso, piccole scintille di luce si alzano in volo dal mio ventre in una scia luminosa.
So che quello è il figlio che portavo in grembo, la sua essenza, troppo innocente e inconsapevole per soffermarsi in quel luogo, abbandona il mio spirito e sale verso le stelle che brillano mute nel cielo fosco.
Lui mi nasconde dietro ai cespugli e ritorna alla festa.
Una provvidenziale amnesia cancella momentaneamente il mio tormento, un privilegio, quello, che non mi sarà mai più concesso.
Ritorna quando tutti gli invitati hanno lasciato la festa per riporre nella terra il suo terribile segreto, perché né la mia morte, né quella di nostro figlio, lo privino dei beni cui non era mai stato disposto a rinunciare.
Lo scruto mentre si disfa del mio corpo e brucia i miei abiti e le mie gioie, per accertarsi che, qualora la mia tomba venga scoperta, i miei resti rimangano senza nome.
So che era una bambina, quella che portavo in grembo, lo sento.
Magnolia.
Questo sarebbe stato il suo nome, l’avrei di certo chiamata così: come il mio fiore preferito, ma non conoscerò mai il suono delle sue risate e non avrò mai il suo affetto.
Anche questo si è portato via il mio Gregory, il mio assassino.
Nelle notti come queste, mentre il mio canto si diffonde fra i campi, nel profondo del mio cuore il dolore si trasforma in furia e mi avvelena.
Non posso lasciare la mia tomba: lo stesso amore che mi legava a lui ora mi lega a
d essa.
Non mi ha dato neppure la possibilità di andare per la mia strada: troppe volte suo padre lo aveva visto intrattenersi con
la cameriera nera, se avessi avuto un figlio illegittimo, avrebbe subito capito e lo avrebbe diseredato e il padre di Vivian, un sudista all’antica, non avrebbe mai permesso che la sua bella principessa sposasse un uomo che aveva avuto un
figlio bastardo, con una cameriera nera per di più.
Non si è mai preoccupato del dolore della mia famiglia, non ha mai avuto rimorsi, non ero che una cosa per lui e come tale mi ha trattata.
Spesso passeggia in questo giardino con la sua ignara moglie e passa a pochi metri dalla mia tomba senza battere ciglio.
La rabbia e l’angoscia mi trattengono presso questo luogo, la vendetta mi chiama a sé: è una forza potente che mi spinge alla pazzia e oltre
ad essa.
Mai avevo conosciuto o creduto possibile una tale tristezza e una tale agonia.
Ogni tanto penso alla mia bambina, vorrei seguirla ovunque sia andata, ma l’odio non mi dà pace, la collera non mi abbandona e la vendetta sempre fa
invertirei udire il suo richiamo, incatenandomi a questa tomba ignota.
Eppure non cederò a
d essa, malgrado tutto il mio essere aneli al desiderio di distruggerlo.
Non tormenterò, né ucciderò il mio assassino, egli ha già preso il mio respiro, la mia vita, la mia unica figlia: non gli permetterò di prendermi anche l’anima e la coscienza.
Ma non posso andare oltre, verso il luogo a cui appartengo, non finché rimango sepolta qui, nascosta nella nuda terra.
mi sembra un po' troppo esasperato questo concetto, lo ripeti troppe volte... è voluto? Egli non parlerà mai, ma non ho più bisogno che lo faccia.
Questa notte, per l’ultima volta il mio canto accarezzerà l’erba di questo giardino, questa notte spezzerò le mie catene e porrò fine al dolore dei miei cari.
Se chiudo gli occhi, posso vederla anche senza muovermi da qui: gli dorme accanto.
Vivian ogni tanto pensa a me e si domanda dove sia finita,
punto o punto e virgola anche lei veniva a sentirmi cantare, forse sapeva persino di noi.
Non l’ho mai odiata: nulla di quello che mi è capitato è stato colpa sua.
Quando chiede a Gregory se sappia qualcosa della mia scomparsa, lui s’irrigidisce.
A volte si arrabbia perfino.
E Vivian lo guarda, non dice niente, lo guarda e basta, con i suoi grandi occhi verdi e in essi vedo galleggiare una muta domanda che lei ha troppa paura di fargli.
Quando passa sulla mia tomba, rabbrividisce, forse percepisce il mio dolore,
punto e virgola dopotutto anche lei sa cosa significa amare un uomo come Gregory.
Credo che sospetti qualcosa.
Userò quel sospetto: questa notte, canterò per lei.
Blue Moon…
you saw me standing alone…La vedo con gli occhi della mia mente: si sveglia e un’inquietudine misteriosa serpeggia fra i suoi pensieri, le sembra di sentire qualcosa.
… without a dream in my heart…
without a love of my own…Si alza dal letto curandosi di non svegliarlo, si avvolge in una vestaglia di seta che ha lo stesso colore della luna.
Blue Moon…
you know just what I was there for…Scende in fretta le scale ed esce dalla villa, stringendosi i lembi della veste al petto.
Cammina verso il giardino.
Verso il ginepro.
Verso la mia tomba, come se sapesse, come se il mio canto guidasse i suoi passi.
Questa notte, è lei la mia luna blu.
… you heard me saying a prayer for…Si ferma sulla mia sepoltura, si china sulle ginocchia e le sue dita candide tracciano un cerchio perfetto sulla terra oscura.
… someone I really could care for…Una leggerezza infinita soffia nel mio spirito e prima che me ne renda conto, sto contemplando la mia tomba dall’alto e il volto della luna sembra sfavillare solo per me.
Blue moon…All’interno del racconto sono riportati alcuni versi della nota canzone del 1934 “Blue Moon” di Richard Rodgers e Lorenz Hart.
Se vi fa piacere, potete ascoltare, seguendo il link, una bellissima cover di questo brano, interpretata da Ella Fitzgerald:
www.youtube.com/watch?v=T3FFOju3VM0