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Vita da quasi-bassotto

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view post Posted on 28/5/2012, 08:31
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Fabrizia

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Vita da quasi-bassotto
Laura De Ferrari


Dal diario di Dylan - 29 gennaio 2012

Stavo comodamente dormendo sul lettone con Massimo e la gatta Sara vicino a me, crogiolandomi nella quiete della domenica mattina e nel tepore del piumino, quando ecco spuntare dalla porta della camera Laura, con il guinzaglio e il mio cappottino in mano, che sorridente ha annunciato: «Vieni, Dylan, andiamo a fare i “passini”!»
Il suo abbigliamento non lasciava spazio a dubbi riguardo alle condizioni metereologiche. Scarponi, sciarpa, guanti, ma a mettermi in allarme era il cappellino, che lei odiava e che usava solo in caso di precipitazioni per avere le mani libere quando andavamo a passeggio.
“Oh no... non ce la posso fareeee!” ho pensato credendo di poterla scampare almeno questa volta, visto che già la sera prima mi era toccato uscire sotto la neve e al solo ricordo sentivo i brividi corrermi lungo la schiena.“Chi, io?” ho domandato alzando a malapena la testa, che nel frattempo avevo adagiato sul cuscino, guardandomi intorno con stupore.
«Dai, coraggio, vieni a farti vestire!» ha insistito lei.
Svogliatamente mi sono alzato, stirato, scrollato e ho guardato l’ora: 8,30!
“Ma sei impazzita a farmi uscire a quest’ora e con sto tempo? Mi hai scambiato per un pinguino? E di domenica, poi!” ho protestato mentre mi rotolavo sul letto a testa bassa con lo sguardo pietoso, tentando di muoverla a compassione.
«Su, forza...» diceva sistemandomi la pettorina sopra al cappottino impermeabile.
Sara si lamentava borbottando: “Uffa, mi hai svegliata; smetti di fare tutti questi capricci e muoviti, così magari riesco a dormire ancora un po’!”
“Eh già, parli bene tu, che il gabinetto ce l’hai in casa! Vorrei vederti al mio posto!” sono riuscito a rispondere mentre uscivo sul pianerottolo. Poteva almeno accompagnarmi fino alla porta! In men che non si dica, eravamo già fuori: la neve scendeva copiosa e un freddo gelido trasformava il mio respiro in cubetti di ghiaccio, o almeno così mi pareva, ma ero accecato dalla tormenta!
“Ma è bagnato! Che schifo!” ho esclamato sollavando la zampa anteriore sinistra, nella speranza di salvare almeno quella.
«Dylan, ma è solo un po’ di neve...» insisteva senza un briciolo di pietà Laura.
“Chiamala poca. Vedi? Sprofondo, soffocherò! Non sono attrezzato, mica sono un San Bernardo! Altrimenti adesso avrei una fiaschetta di buon cognac appesa al collo e potrei farmi un goccetto! Ecco, buona idea: ubriacarmi per dimenticare questo triste momento...”
«Ma va! Non fare il tragico, ci saranno due centimetri di neve!» mi ha rimproverato, pronta a stupirmi per come sapesse cogliere le mie occhiate significative e a comprenderle come se parlassi.
“E va bene, uffa! Però almeno fammi stare sotto ai balconi!” ho contestato dirigendomi deciso verso l’edificio più vicino.
«No, signorino, lo sai che non si fa pipì sui muri; guarda che non è mai morto nessun cane a fare due passi col brutto tempo» continuava inesorabile mentre camminava e io con lei al guinzaglio.
“Questo lo dici tu! C’è sempre una prima volta. E se fossi io? Vuoi che crei un precedente?” ho esclamato avanzando in punta di zampe per non bagnarmi troppo, mentre lei rideva a vedermi caminare così.
“Sadica! Mi verranno i geloni!” pensavo guardandola di storto mentre alzavo la zampa; non aveva torto, però: in fondo avevo bisogno di svuotare la vescica!
“Bene, l’ho fatta, contenta? Adesso possiamo andare a casa o devo diventare il primo cane pupazzo di neve della storia?” ho domadato provando a fare il risentito.
«Bravo, Didy!» ha esclamato lei tirando dritto.
“E se mi restringo? Io sono un incrocio, l’acqua portebbe restringermi! Che figura ci farei piccolo piccolo? Ho una reputazione da difendere, io!” protestavo facendo di nuovo la pipì con celata soddisfazione per non dargliela vinta.
«Tranquillo, non ti rimpicciolirai; non sei mica fatto di cotone, che lavandolo un po’ si restringe!»
“Comunque se mi ammalo è colpa tua! Mi toccherà andare dalla veterinaria, che vorrà misurarmi la febbre; e tu sai bene dove si misura la temperatura ai cani!” ho ribattuto immaginandomi la scena con orrore.
«Su, su, esagerato! Tua sorella Linda è uscita prima di te e senza il cappotto; non si è lamentata e ha fatto il suo giretto.»
“Grazie! Ha il pelo lungo, lei!” mi sono guistificato.
«Ma tu hai il cappotto impermeabile e imbottito!» mi ha risposto, sempre con la battuta pronta e decisa ad avere l’ultima parola. «Su, siamo già a metà strada; se adesso ti va di sporcare, dopo rientriamo a casa. Neanche a me piace la neve, ma non possiamo farci nulla...»
“Sì, ma tu non devi evacuare davanti a tutti per strada! E io dovrei fare la cacca sulla neve? Ma senti che freddo sta facendo, mi si congelerà il sedere...” mi sono lagnato, guardandola con occhi languidi.
«Be’, vedi tu, intanto continuiamo il giro: prima andiamo, prima saremo al calduccio! E poi muovendoti ti scalderai!» ha detto avanzando Laura.
Quanto mi imbarazzava ammetterlo, ma aveva ragione! E così annusando bene tra un’alzata di zampa e l’altra, sono riuscito a trovare un punto buono per svuotare anche l’intestino; anche se ho dovuto fare un po’ di fatica a trovare una posizione che mi permettesse di non sporcarmi e non ghiacciarmi le parti basse.
L’operazione era riuscita con successo, quando dall’angolo ho visto spuntare un pastore tedesco che mi guardava sogghignando; il bullo che è in me ha preso il sopravvento e non ci ho visto più!
“E allora, che cosa hai da guardare? Non la fai la cacca, tu?” ho sbraitato agitandomi per il nervoso e sollevando neve anche sulla povera Laura che era intenta a raccogliere il mio bisognino.
“Certo, ma tu eri così buffo messo in quel modo...” ha risposto con calma.
“Io ci tengo alla mia persona! E non amo sporcarmi, capito? E smettila di sorridere; guarda che vengo lì, eh? Guarda che io...” gridavo d’un fiato.
“Oh, quante storie, mi sembra un po’ tocco, questo qui...” ha proclamato al suo padrone con sussiego.
«Guarda un po’, giovanotto, tanti capricci per arrivare fin qui asciutto e adesso sei zuppo di neve: ne hai anche sul naso! Dai, andiamo a casa, pulce!» mi ha fatto notare Laura.
“Oh oh...” ho pensato. Non me ne ero accorto, ero fradicio ed ero ancora vivo e vegeto! Il mio orgoglio aveva subìto un duro colpo, ma mi sono ripreso subito. Tremante ho ripreso il mio passo in punta di zampe.
“Era ora! Sono sicuro di aver visto un orso polare con la sciarpa per il freddo!”
«Ma smettila, gnoccolone! Cosa dovrebbero dire i cani, tuoi ex colleghi, che vivono ancora al canile? E i randagi?» mi ha rimproverato lei, andando a casa.
Non potevo ribattere, la sua argomentazione era troppo forte, aveva ragione e, ancora una volta, aveva avuto l’ultima parola!
Finalmente a casa, dopo essermi fatto asciugare bene, correndo in camera, ho ripreso il mio posto sul lettone.
Che conquista! Sara, assonnata, mi ha chiesto: “Come è andata?”
“Lascia perdere! Sono stati i venti minuti più lunghi della mia vita! Dopo ti racconto, ora sono stanco, credo che dormirò ancora un po’!” ho detto sbadigliando.
Pensavo che non mi sarei più ripreso dallo shock e, come minimo, quel supplizio mi sarebbe toccato almeno altre due volte quel giorno! Ma quando Laura mi ha raggiunto e, sdraiandosi vicino a me mi ha abbracciato e coccolato, mi sono reso conto, appisolandomi sereno con un sospiro, che la conquista più grande l’avevo fatta facendo breccia nel suo cuore e, in fondo, due passi al freddo erano una condizione più che accettabile!


 
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