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Le mirabolanti avventure di Border Joy

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view post Posted on 22/5/2012, 18:24
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Fabrizia

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Le mirabolanti avventure di Border Joy
Camilla Bottin


I. Intervento di Joy alla Riunione dei Palladipendenti anonimi
Siamo in un circolo, come agli alcolisti anonimi.. Che mi debba vergognare? Ma no, dopotutto siamo fra amici! Ecco, sono Joy e sono profondamente malato. Talmente malato che, al solo udire la parola, abbandono qualsiasi riposino pomeridiano e scatto come una molla! Io non saprei descrivere il fremito che provo quando la sento o la vedo, ma gli umani che vivono con me la chiamano palla! È un guaio, non ho altro pensiero, correrei fino a sfinirmi pur di prenderla! Sono perfino arrivati al punto di nasconderla ed evitare qualsiasi accenno... Cavoli! Giocare dieci minuti all’ora è troppo poco per me! Infatti sono arrivato ad esercitare sottilissime tecniche persuasive, tipo appoggiare il muso sulla gamba di Camilla mentre studia e guardarla con i miei grandi occhioni tenerissimi! Di solito vinco io, ma nel caso non bastasse mi avvicino al nascondiglio delle palle (l’ennesimo) ed emetto un sottilissimo “buf” insistente. E se nemmeno questo funzionasse le rubo le ciabatte e corro più che posso! Ah, un consiglio a tutti i cagnotti in ascolto! Se avete un po’ di pietà per i vostri padroni, non prendete le ciabatte, cercare di acciuffarmi sui sassi a piedi nudi è piuttosto penoso! A me piace un gioco pulito, ad armi pari! Mal che vada la ciabatta ti arriva dall’alto, direttamente sul muso! Qualsiasi cosa va bene, dai calzini alle matite, tutto funziona per farsi inseguire! Domenica mi hanno messo in castigo. Capita, ho distrutto le scatole nuove che la mamma aveva appena comprato a caro prezzo! Ma scusa, se le lasciano incustodite sul tavolo, che colpa ho? Mi chiamavano... Ma la mia prima passione resta la palla! Che dite, è grave? Si può far qualcosa per tenermi occupato senza letteralmente rompere le scatole ai miei padroni umani?
Un amico di famiglia ha proposto un ottimo regalo per me: delle paperette da radunare! Ma ci mancherebbe, ho paura persino dei conigli e dei gatti!

II. Carissimi amici guaiolanti e grufolanti, ecco che vi sottopongo un altro atroce dilemma. Essere o non essere? No, niente di così complicato. Solo, tenendo una pallina in una zampa e un teschio nell’altra, vi chiedo: ma dove si dorme meglio? Cucciare o brandire? Ovvero si riposa meglio nella cuccia o nella brandina? Ecco che ora che è sopraggiunta l’estate (e con essa questo caldo che mi promuove per Mister Maglietta Bagnata 2010) ho dovuto con grandissimo rammarico abbandonare la mia confortante cuccia invernale, pelosa e impelosita dal mio dolce peso, e dedicarmi a ristori meno raccolti e asfissianti. Che sia la nostalgia del calore materno? Mah, forse è solo libertà di posizioni meno ortodosse, pancia all’aria e “pudenda” in vista. Certi miei compagni hanno i calzettoni a mo’ di bisnonne ottocentesche, ma il mio sottopelo è poco folto e mi trovo a mostrare ogni mia vergogna! Non ragioniamo di loro, ma guardiamo e passiamo! Sto perdendo il filo del discorso... Cosa dicevo? Ah, che qualche giorno fa mi son visto arrivare una sottospecie di tavola molleggiata. Subito pensai al surf, in Australia molti sportivi canini lo praticano e cavalcano l’oceano con le orecchie al vento. Ah goduria! Gli australiani non sanno quanto son fortunati ad avere nella loro memoria queste ataviche esperienze! I miei antichi avi scozzesi (a quanto pare i Border Collies giungono dalla Scozia) hanno solo imbarazzanti ricordi di uomini in gonnella, e sgradevoli suoni di cornamusa! Brr, vi immaginate il mio padrone Stefano con la gonna? E i peli, e la ceretta dolorosa? Di musiche strazianti sono ancora vittima, quel pianoforte maledetto!
Allora, dicevo che questa sottospecie di tavola molleggiata che non era un surf ma nemmeno una cornamusa era semplicemente una brandina a misura di dente... Ma che era? Ci girai intorno più volte, ci saltai sopra, ci lasciai pure un ricordino (perché no, quello che è mio va segnato come mio) e mi accasciai. Orrore degli orrori! Avevo le zampe sollevate da terra e la testa appoggiata al pavimento! Riprovai. Stavolta fu il contrario, testa dentro e sedere fuori! Feci il morto, allungandomi tutto, con il risultato di essere ancor più scomodo. Che condanna! Alla fine mi volsi e disprezzai il tutto, alla malora! E per finire, offeso contro tutto e tutti, mi ritirai a letto, ma non capivo perché quella donna urlasse tanto: «Scendi, scendi, prima che ti arrivi la scopa in testa!»
Forse lo voleva lei il letto, la mamma mia umana. Va be’, son sceso e mi sono addormentato sul nudo pavimento, trattato come un cane! E quella cuccia, l’adorata cuccia invernale? Col caldo non ci resisto su, ma è il mio rifugio pulcioso... e mi viene pure tolto! Vergogna! E voi amici canini, avete avuto esperienze simili? Preferite la cuccia o la brandina? Voi avrete capito cosa ne penso io delle brandine! Mi raccomando, non esitate a ribellarvi quando vi sentite trattati da cani!
Okay, sarei andato a fare quattro zampe per strada… Andai a svegliare Camilla, la mia sorella umana. Mi avviai sorridente con la lingua di fuori ma non sapevo cosa mi attendeva.

III. Era lì, immobile, con la sua banda nera sull’occhio torvo. Non sapevo che fare se non urlare, urlare come un pazzo, urlare a squarciagola ininterrottamente fino ad infangarmi completamente di fronte a tutto e tutti. Quei pali della luce che tante volte onorai coi miei ricordi freschi ora illuminavano non solo la strada, ma anche la mia vergogna. Volevo scappare, ma non potevo. Io ero un cane e lui un gatto. No, non mi è dato di avere paura, no, no! E fu l’ultimo pensiero mio, quando mi accasciai. Avevo evitato per un pelo una zampata e ora gli voltavo le spalle. Era superiorità sì, la sua! Cominciando dall’inizio, quel pomeriggio di un giorno da cani, me ne trotterellavo ignaro dell’imminente presagio di morte insieme a mia sorella umana, quando un fruscio sospetto destò la mia attenzione. Ah, ricordo pure la via, eravamo a Campo della mostra, una stretta scorciatoia in cui spesso incappavo per ritornare dalle mie palle, un buchetto che disdegnavo di annusare, una fila di caseggiati alti e larghi per un lungo corridoio di verde. Ebbene, penserete voi, ero proprio fregato! Una via stretta, senza possibilità di uscita ai lati, il verde dell’invidia...
E avvenne l’orribile. Sbucò l’infame gatto alla mia destra, pronto ad attaccarmi proprio nelle mie parti basse, il vile! Era bruttissimo a vedersi, bianco e nero, il ritratto speculare del mio folto mantello. Che il destino me l’avesse inviato per costringermi a guardarmi allo specchio e affrontare faccia a faccia le mie paure? Bianco e nero, con un lungo sfregio sull’occhio minaccioso, magro e ostile, quand’io ero (e sono, sempre se non son completamente sbiancato dalla paura) bianco e nero, con un lungo ciuffo d’erba sull’occhio timoroso, magro e fifone. Mia sorella mi tirava con delicatezza, prendendomi per la zampa, convincendomi che non era niente! Ma qualcosa era, un maledetto gatto!
Dovete sapere che a pochi mesi di vita mi ero ritrovato con un grosso gattaccio grigio per la via della scuola... Ah, ancora di notte mi sogno i suoi orrendi occhi gialli!
Una signora quest’inverno spesso mi urlava contro e non capivo perché. Il suo giardino era pieno di gatti, di tutte le brutture e dimensioni e io me ne stavo immobile a contemplarli, incerto se scappare o restare a guardarli nell’ombra. Quegli animali mi inquietano, ma allo stesso tempo mi affascinano. Non so, riescono ad essere così sicuri di sé, così indipendenti. Come se non avessero bisogno di nessuno, nemmeno di un Border come me. Ero solo una pulce sul loro mantello, niente di più!
«Ehi, tu» diceva la Gattara a mia sorella «leva quel cane che mi spaventi i gatti!»
E subito venivo condotto via, ironia della sorte! Io, la vittima, divenivo improvvisamente carnefice! E ne ero molto orgoglioso! Oh, Spirito del Grande Lupo, proteggimi!
Fa’ sì che vinca in un duello a colpi di coda! Fammi diventare un vero cane, un cane figo!
Riguardo all’essere indipendente, io ne so una in più dei gatti. Sbagliano a essere così; la mia tecnica è “più rompi le scatole, più faranno fatica ad abituarsi alla tua assenza.» Io sono un riempitivo, la vita con me è gattalattica!
Nel caso vi domandaste come è finito l’incontro con il gatto, ecco come: scappai, il gatto mi rincorse fino a quando entrai nel giardino di casa mia sano e salvo; rimase appostato sul cancello, incerto se finirmi o no, quando il rumore di una macchina lo spaventò! Porco osso, che pauuuura!


 
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