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Tornerò

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view post Posted on 21/5/2012, 09:19
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Fabrizia

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Tornerò
Romina Tamerici


Se ne stava lì, immobile, con gli occhi persi e i pensieri sparsi.
Niente aveva più senso.
Solo quella porta sembrava catturare la sua attenzione e lei la fissava, praticamente tutto il giorno, seduta su una panchina poco distante. Quella era stata casa sua e la sola speranza di veder uscire da quell’uscio il volto amato la teneva lì, come inchiodata.

«Non ti preoccupare, tornerò» le aveva detto, ma non l’aveva guardata negli occhi, aveva fissato il pavimento e incurvato le labbra in un sorriso malinconico.
Lei lo sapeva che mentiva, che sarebbe partito con le sue dannate valige e sarebbe andato a vivere altrove per sempre. Glielo aveva sentito dire al telefono qualche giorno prima, ma, mentre lui le mentiva, ignorando tutto quello che avevano passato insieme, lei si sentiva quasi colpevole e non aveva avuto la forza di ribellarsi, di provare a fermarlo. I suoi occhi erano diventati improvvisamente umidissimi, ma non voleva piangere. Forse, se lui l’avesse guardata un’ultima volta, avrebbe capito quanto l’amava. E lui lo sapeva, per questo non alzava lo sguardo e parlava sussurrando, come se una bugia a bassa voce fosse una menzogna meno grave di quelle gridate. Lei l’aveva seguito per un po’ lungo la strada, fino alla macchina, poi si era fermata e aveva osservato l’unica persona che avesse mai realmente amato nella sua vita caricare le valige nel cofano della macchina, salire al posto di guida e mettere in moto. La macchina si era poi allontanata, sparendo tra gli incroci e il traffico.

«Tornerò» ripeteva la voce di lui dentro la sua mente.
«Tornerà» si ripeteva lei, mentre fissava la porta dietro alla quale restavano i soli ricordi belli che avesse mai avuto e che, in quel momento, le sembravano lontani, come le bianche nuvole del cielo nei giorni di pioggia.
Ogni tanto un camion dei traslochi si fermava lì vicino, poi qualcuno entrava in quel luogo a lei ormai inaccessibile e ne usciva portando via dei pezzi di un’esistenza insieme finita per sempre.
Perché non riusciva a odiarlo? Sarebbe stato tutto più facile se la rabbia avesse prevalso sul dolore, se avesse avuto voglia di trovarlo per distruggergli la vita, ma, nonostante tutto, lei lo amava, lo amava così tanto che era disposta all’infelicità pur di saperlo felice, anche se lontano da lei, anche se magari con un’altra. Il pensiero che ora vivesse in un posto più accogliente e non in quella catapecchia che avevano condiviso in quegli anni la rendeva felice e, a volte, sembrava quasi dimenticarsi che lei non avrebbe fatto parte di quel futuro migliore. Come poteva amarlo a tal punto? E poi perché? Proprio lei che si era sempre detta che non ci sarebbe mai cascata, che un uomo non sarebbe mai diventato il centro della sua vita al punto da poterla far soffrire! Lui l’aveva mai amata quanto lei amava lui? Forse no, visto come l’aveva lasciata senza neanche avere la decenza di dirle la verità.
«Tornerò» aveva detto quel bugiardo che, nonostante tutto, non riusciva a vedere come un colpevole.
Aveva finto allora per tutti quegli anni? Le loro carezze, le loro risate, i loro momenti speciali erano stati tutti falsi? Come aveva fatto a non accorgersi di chi aveva al suo fianco? E il senso di colpa condiva la disperazione della solitudine.
«L’amore ci rende ciechi e indifesi, non bisognerebbe mai amare così tanto un uomo» pensava nel silenzio della sua anima ferita, mentre il mondo, ignaro della sua disperazione, continuava a vociare confuso tutto intorno a lei.
Era stanca, stanca di tutto, stanca perfino di vivere. Avrebbe potuto tornare alla sua vita di prima, a quando era libera di fare quello che voleva, di vedere chi voleva, di vivere come voleva, ma tutte quelle libertà riconquistate le sembravano in quel momento solo apparenti. Non voleva essere libera, voleva una vita legata, vincolata, ma con lui, soltanto con lui. Più volte pensò di andarsene lontano, ma quella porta chiusa era tutto ciò che le restava assieme a una promessa falsa e inverosimile: «Tornerò.»

L’apatia si era ormai impossessata di lei come un demone, come un virus. I suoi pensieri si facevano sempre più confusi e le emozioni erano ormai troppo difficili da distinguere le une dalle altre. I ricordi e i rimpianti, le gioie e i dolori, la vita e la morte, tutto pareva confuso in un impasto informe di fiducia tradita e utopica speranza. Come poteva un cuore spezzato in così tanti pezzi continuare a battere? Non aveva neanche la forza di mangiare e pian piano deperiva, si avvizziva come una foglia straziata dal vento autunnale.

Non voleva più restare lì e non voleva andarsene, non voleva ricominciare e non voleva rassegnarsi al fatto che fosse tutto finito, ma il dolore alla fine prevalse su ogni altra cosa.
«Tornerò» ripeté ancora una volta la voce calda del suo unico amore nella confusione della sua mente.
«No, non tornerai» disse lei, come prendendo coscienza del suo abbandono.
Si raggomitolò sulla panchina con la folta coda sotto il muso a farle da cuscino, guardò un’ultima volta quella porta chiusa e si addormentò in un sonno di pace senza risveglio. Chi l’ha detto che non si muore per amore? Forse per amore no, ma per la sua mancanza sì.

Nel vicolo, proprio pochi istanti dopo, tra i soliti rumori, c’era il rombo di una macchina che di certo lei avrebbe riconosciuto se la sua anima non fosse stata ormai già lontana. Lui la vide da lontano, fermò l’auto al bordo della strada e corse verso di lei.
«Sono tornato, non ce la faccio senza di te, perdonami se…» le disse, scuotendola come per svegliarla, ma era troppo tardi.
«Non puoi lasciarmi così» sussurrò, accarezzando il corpo disteso sulla panchina «sono tornato per te».
Il senso di colpa gli scavava sempre più a fondo come un piccolo rivolo d’acqua che nel tempo crea solchi anche nella roccia più dura. La disperazione e l’angoscia della morte erano un dolore insopportabile, ma nemmeno lontanamente paragonabile all’odio che provava per se stesso in quel momento. Davanti ai suoi occhi offuscati da lacrime amare e salate al punto da fargli quasi male, si ripeteva costantemente una stessa scena. Si vedeva mentre salutava per l’ultima volta la sua cara amica senza nemmeno guardarla e le diceva: «Tornerò». Quella parola gli rimbombava dentro come musica ad alto volume in discoteca. Si vedeva e si rivedeva, si sentiva e si risentiva: questa era la condanna a cui lo sottoponeva la sua mente per punirlo dell’atroce gesto, per rendere ancora più crudo il rimpianto.
L’aveva lasciata sola, le aveva mentito, lei lo aveva aspettato. Era tornato, alla fine, ma ora era lei che non sarebbe tornata più.



Edited by abaluth - 22/5/2012, 18:33
 
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view post Posted on 22/5/2012, 10:25
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Romina Tamerici

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Mi sembra che il testo vada bene... non ho controllato le modifiche confrontando questa versione con la precedente, ma in questa tutto sembra filare liscio e non credo che sia tutto merito mio.

Ci sono solo due frasi che mi lasciano dei dubbi, ma credo che tu non le abbia modificate.

I suoi occhi erano diventati improvvisamente umidissimi, ma non voleva piangere.
La frase si riferisce al passato, forse per concordanda dovevo usare "aveva voluto piangere"? Non so, dimmi tu cosa ne pensi...

«No, non tornerai» disse lei, come prendendo coscienza del suo abbandono.
Si raggomitolò sulla panchina con la folta coda sotto il muso come a farle da cuscino, guardò un’ultima volta quella porta chiusa e si addormentò in un sonno di pace senza risveglio

Qui ci sono due come troppo vicini, il primo può essere sostituito con un quasi o tolto del tutto.

Sono pignola all'inverosimile e per coerenza devo esserlo anche con me stessa!
Grazie per l'ottimo editing del testo e per il tempo che hai dedicato al mio racconto!
 
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view post Posted on 22/5/2012, 17:38
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Fabrizia

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Le modifiche nel tuo racconto erano pochissime :)
Ho tolto il come di troppo.
Sul voleva o aveva voluto sono indecisa anch'io; l'ho modificato e poi rimesso come prima. Lasciamo così?


 
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view post Posted on 22/5/2012, 18:16
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Romina Tamerici

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Grazie! Sono davvero contenta! Grazie per aver tolto il "come" di troppo. Per l'altra frase va bene anche così, sono troppo indecisa per aver un'opinione certa da far valere, quindi vedi tu. Non credo che sia quella singola parola a stravolgere il valore (presente o assente) del racconto. Grazie ancora!
 
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view post Posted on 22/5/2012, 18:20
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Fabrizia

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Grazie a te :)
A presto


 
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4 replies since 21/5/2012, 09:19   31 views
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