| Abaluth, ho letto il tuo racconto "Aspiranti scrittori". Mi è piaciuto molto, anche se io sto dalla parte degli scrittori (più o meno aspiranti). Un paio di anni fa scrissi anche un racconto sul rapporto editore-scrittore. Non è lungo e te lo scrivo qui di seguito (è il punto di vista opposto al tuo). Del resto in ogni discussione bisogna dare la parola anche all'avversario!
L’editore (ED) ha preso in mano il fascicolo e ha cominciato a leggere il primo racconto della raccolta. Sarà perché è stato il primo che ho scritto, ma per me è quello più bello, che mi emoziona ancora quando lo leggo forse per la centesima volta.
Io al Dante mi ci sono trovato per caso verso la fine degli anni ‘50, perché al mio babbo, che faceva l’elettricista alla Galileo, non sembrava giusto che in questa scuola ci andassero solo i figlioli degli ingegneri sotto i quali lavorava.
“Mi scusi, lei ha fatto il classico al liceo Dante? Com’è possibile che faccia errori di ortografia?” Non me la sentivo di controbattere. Una zanzara mi ronzava intorno, finché pensò bene di posarsi sulla punta del mio naso. Non sapevo se era il caso di scacciarla, perché temevo che ED potesse pensare che fosse una critica alla sua stanza, in cui le zanzare volavano numerose. ED continuava a leggere, seguendo le righe con un lapis, quasi per correggere le frasi e le parole. …io un amico ce l’avevo… “Questo non è un italiano corretto. Doveva scrivere io avevo un amico.” “Non si preoccupi, la correggerò, anche se mi sembra che così la frase perda la sua efficacia.” Non mi stava neppure ad ascoltare e continuava a scartabellare il manoscritto. Si è fermato su un altro racconto: “Meriggio”. Non ha cominciato neppure dall'inizio:
Mi incamminai, accompagnato da Tosca, per la solita stradina di campagna che conduceva alla stazione di Pracchia. Era una domenica pomeriggio e il sole picchiava forte sulla strada deserta. Mentre camminavamo in silenzio, tenendoci per mano, Tosca esclamò: “Sto provando le stesse sensazioni che D’Annunzio prova nel “Meriggio”. Mi sento come un piccolo frammento della natura che mi circonda. Com’è piacevole annullarsi e non esistere più.” Non so perché lo feci, fu un gesto istintivo, naturale. Mi voltai e le detti un bacio, un bacio casto e dolce, uno sfiorare di labbra. Mentre le nostre labbra si toccavano, vidi che Tosca sorrideva e impercettibilmente scuoteva la testa. Mi voleva dire che era contenta, ma che la sua ferita era ancora aperta. Siamo rimasti immobili per alcuni minuti, senza profferire una parola, perché l’amore, come una bella poesia, non si può commentare.
“Sì, la storia è carina, ma lo sa quante persone fanno racconti sul loro esame di maturità. È un argomento scontato.” Sono rimasto in silenzio, con l'umore che stava affondando. ED ha continuato il suo lavoro frenetico sul manoscritto. È rimasto colpito da uno degli ultimi racconti, o meglio dal suo titolo: Niccolò. “Chi è questo Niccolò?” “È il mio nipotino, nato da pochi mesi.” Ha cominciato a leggere:
Tu sei molto pallido e stai dormendo, imbottito come sei di sostanze chimiche che non ti fanno sentire il dolore. Non capisco se tu ti stia arrendendo o se tu abbia deciso di combattere fino in fondo questa guerra. Fuori da questa stanza ci sono molte persone che desiderano che tu rimanga con noi: i tuoi genitori, gli zii, gli amici, ma soprattutto i tuoi nonni, perché loro hanno già percorso molta strada, sono stanchi, e non hanno più molto tempo per aspettare il cambio. L’hai vista anche tu la coda gigantesca di bambini e bambine che fanno la fila per entrare in questo mondo e, prima che arrivi un’altra occasione per i nonni, chissà quanto tempo dovrà passare. Ti racconterò una storia, la storia di un bambino che, nato da poco, volle tornare indietro, perché aveva capito che il colore della sua pelle gli avrebbe causato molti problemi nella vita. Lo hanno rimesso in fondo alla fila e ci sono voluti più di mille anni perché arrivasse di nuovo il suo turno. E sai che cosa è successo?Anche dopo mille anni il colore della sua pelle è stato un problema, forse addirittura più grave di quanto non lo sarebbe stato prima.
“Sì, è commovente, ma lo trovo troppo sentimentale e soprattutto troppo personale.” Dopo quest'ultima veloce lettura, ED si era già stufato di me e dei miei ricordi. “Facciamo così. Questo manoscritto ha bisogno di una bella ripulita, per cui devo darlo a un editor. Da questi racconti verrà fuori un libro di circa centoquaranta pagine.” Ha preso un libro della collana e ha misurato lo spessore che ne sarebbe venuto fuori con questo numero di pagine. Ecco che cosa era diventato il mio lavoro. Un pezzo di formaggio da incartare ed ED stava verificando quanta carta ci volesse per l’operazione. Prima di congedarmi, mi ha detto che avrei dovuto partecipare alle spese dell’edizione e mi ha sollecitato a fare più pubblicità possibile al libro, presso amici, colleghi, parenti e anche presso i miei studenti dell’università. Sono uscito fuori all’aria aperta scombussolato, ma soddisfatto. Si era avverato un sogno: ero riuscito a strappare un contratto di edizione, il primo, magari di una lunga serie. Immaginatevi cosa vuol dire vedere un proprio libro stampato e messo in bella vista in una libreria, accanto ad autori famosi. Gli amici che si congratulano, anche se il libro non lo leggeranno mai, gli studenti che ti stimano di più, perché vedono che non hai solo la chimica nella testa. Era venerdì sera e come al solito sull’autostrada c’era una coda di qualche chilometro. La fregola da pubblicazione stava cedendo il passo a un pensiero più consapevole. Ma chi me lo ha fatto fare, alla mia età, di umiliarmi in questo modo? Per un peccato di superbia, vedere il libro pubblicato, mi sono dovuto umiliare. Un controsenso, una contraddizione. Tutta la mia vita, con i miei ricordi più cari, adesso si trovava distesa, inerme, sul tavolo operatorio di ED, sezionata da chissà quali mani indelicate. Avrei dovuto tenermeli stretti questi racconti, non farli leggere a nessuno, spargerli sul mio letto e prenderne uno a caso ogni sera per rivivere le mie emozioni, mie e solo mie. Mentre ero prigioniero in quella autostrada infernale, nella mia mente ha preso corpo un’idea che mi ha fatto volare al di sopra dei TIR e dei SUV che mi circondavano: “Gli dirò di no!” Mi sono sentito inondare da una soddisfazione incredibile, una fregola più forte di quella da pubblicazione: la fregola di uno scrittore, che non ha mai pubblicato niente, come me, che dice di no ad un editore.
Complimenti per l'organizzazione del concorso!
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