| Bolle di sapone
La panchina del parco era la sua casa, da quando aveva perso il lavoro. Si era trascinato giorno dopo giorno rispondendo a tutti gli annunci, ma non era riuscito a trovare un impiego. Così dopo un poco aveva dovuto lasciare la casa dove abitava. Di notte dormiva nelle sale di attesa della stazione e di giorno viveva al parco, contando sul buon cuore di qualcuno. Mentre attraversava il viale del parco, a passi lenti, un bambino si avvicinò a lui e gli chiese: «Come ti chiami?» «Nu!» disse l’uomo a denti stretti. «Vuoi giocare a palla con me?» Nu si guardò intorno incredulo, quel bambino stava parlando proprio con lui. Gli lanciò la palla e giocarono insieme, da quel giorno divennero amici. Nu cercava di curare un po’ di più la sua persona lavandosi come poteva nei bagni della stazione e aspettava con ansia che arrivasse il bambino col pallone per giocare con lui. Lo vedeva spuntare da lontano con le ciocche di capelli castani che gli arrivavano sugli occhi, sempre sorridente e con qualcosa da mangiare per lui. “Strano, non so nemmeno come si chiama” pensava Nu. Ogni volta che glielo chiedeva il bambino trovava il modo di scantonare e andava via. Un giorno il piccolo porse a Nu una strana bottiglietta. «È un regalo per te!» disse. E sorridendo osservò l’uomo che rigirava la bottiglia tra le mani, poi estrasse un bastoncino che terminava con un cerchietto. «Devi soffiare lì dentro!» disse il piccolo. E Nu soffiò e soffiò fino a che nell’aria si sparsero tante bolle di sapone colorate. I bambini che si trovavano nel parco cominciarono ad avvicinarsi e incantati guardavano quelle misteriose bolle diventare sempre più grandi. Il piccolo che aveva fatto il regalo a Nu fece allora una cosa strana: entrò in una bolla e tutti lo videro roteare nel parco. «Anch’io, anch’io…» fecero gli altri bambini e svelti entrarono pure loro nelle bolle di sapone e cominciarono a rotolare. “Che bel gioco hanno inventato…”. Nu cominciò a preoccuparsi, si chiedeva come avrebbe fatto a fermarli, quando quasi meccanicamente schioccò le dita e le bolle di ruppero. Un plof dopo l’atro e tutti i bambini furono liberi. Ogni giorno succedeva la stessa cosa, ma non a tutti piaceva lo spettacolo che Nu allestiva ricevendo in cambio pochi spiccioli e qualcosa da mangiare. Avvertiti da qualcuno vennero i poliziotti. Nu venne accusato di inquinamento ambientale, abuso di suolo pubblico e circonvenzione di minori. Venne portato in prigione. Non si trovava neanche tanto male in verità, aveva un letto, gli davano da mangiare, solo che gli mancavano terribilmente i bambini e il gioco delle bolle di sapone.
Venne il giorno del processo… Nu si guardava intorno spaurito, non era riuscito a capire bene di cosa fosse accusato, aveva nella testa solo un grosso punto interrogativo. Gli fecero giurare di dire la verità, poi cominciò il processo. L’avvocato dell’accusa era un omino insignificante e guardava in cagnesco l’imputato che era invece alto circa due metri. «Qual è il suo nome?» «Nullius Nullii» «E che lavoro fa?» «Cerco una sistemazione». «Dove abita?» «Nel parco» «E come fa a sopravvivere?» «Grazie alla gente.» «È vero che lei fa delle enormi bolle di sapone e i bambini vi entrano dentro, mettendo così a repentaglio la loro incolumità?» «Noi… giochiamo». L’avvocato cominciò a camminare avanti e indietro, declamando a voce alta e con fare cerimonioso. «Signori della corte! L’accusa rivolta all’imputato appare ovvio essere fondata su elementi inconfutabili. Egli è colpevole verso la società, il mondo che lo ospita. È un nullafacente che passa il suo tempo a fare bolle di sapone, che attira i bambini con le sue folli rappresentazioni, turbandone l’equilibro psico-fisico. Per cui ritengo cosa giusta che costui venga allontanato e rinchiuso in una località sperduta per almeno cinque anni.» Il difensore, nominato d’ufficio, attendeva che gli fosse data la parola e rigirava i pollici per la noia. Quando venne il suo turno si alzò e si rivolse al giudice. «Signor giudice, onorevoli colleghi, l’imputato non è del tutto colpevole. Ha forse negato di cercare un’occupazione? No! Egli è vittima della società e di se stesso. Però rinchiudendolo non ruberebbe forse il posto a un delinquente o assassino che ben più di lui merita quel posto. Sì, ha giocato con le bolle di sapone, ma cosa ci può essere di tanto pericoloso in una bolla di sapone? Imputato ci potrebbe mostrare cosa faceva al parco?» Il giudice si aggiustò gli occhialetti sul naso e guardò l’imputato che appariva stranito e confuso. Nel silenzio di tomba che si era creato tutti fissarono Nu che tirò fuori dalla tasca la bottiglietta. E soffiò e soffiò fino a che la bolla di sapone divenne enorme, poi ci entrò dentro. Tutti a bocca aperta videro la bolla tutta colorata che roteava su se stessa con l’uomo dentro. A un certo punto si sentì uno schiocco di dita. La bolla scomparve e con essa anche Nu.
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