| I fiori di pesco le adornavano i capelli e il vestito bianco scendeva morbido lungo il suo fisico ancora fresco di giovinezza. Stringeva fra le mani curate un bouquet di girasoli e profumati gelsomini che guardava di tanto in tanto, carezzando i petali di quei fiori strappati alla vita per donare a lei un sorriso. Si affacciò al finestrino dell’auto, che placida la stava accompagnando sulla collina pronta ad accoglierla in festa, mentre l’orologio continuava a segnare lo scorrere cadenzato del tempo.
Lo smoking era perfetto, fresco lana color grigio fumo, la cravatta argentata risaltava in un morbido contrasto e un’impazienza palpabile avvolgeva la tiepida aria primaverile. Suonava l’organo mentre i violini venivano accordati e le mamme erano già pronte a buttar lacrime, con le battute e le risate dei nipoti che riecheggiavano lungo le navate della chiesa. Lui era là, agitato, a guardare verso il portone immerso nella luce del caldo tramonto e screziato di ombre che iniziavano a bisbigliare di ritardi e feste annullate.
La macchina nera tirata a lucido avanzava lentamente percorrendo la strada più lunga, quella che passava per le campagne, come la sposa aveva chiesto con tanta veemenza. Lei non distoglieva lo sguardo dal panorama che si stagliava al di là del suo naso coperto dalla cipria e piccole gocce di dolore iniziarono a rotolare sulla pelle, ma non si doveva preoccupare: in fondo nessuno se ne sarebbe accorto. La chiesa si avvicinava, pochi minuti e la sua nuova vita sarebbe iniziata togliendo il fiato al suo unico sogno.
Lui respirava affannosamente, lo sguardo alla ricerca di un appiglio e di un motivo. Le spalle gravi di pacche di congratulazioni e di felicitazioni, mentre iniziava lentamente a veder svanire il suo sogno di vita con lei. Il prete si avvicinò bisbigliandogli qualcosa all’orecchio; ormai erano passate due ore e doveva far messa, ma lui non volle sentir ragioni: aveva la promessa nel taschino, la cravatta ancora annodata perfettamente e lei sarebbe arrivata. Lei doveva arrivare: era il loro sogno quello, era la loro vita e non sarebbe scappata via all’improvviso.
Lei sorrideva e le labbra ora profumavano di salata sofferenza. Gli occhi azzurri si confondevano nel cielo d’aprile che bieco si annuvolava e lasciava intravedere il sinuoso profilo della luna. La macchina si fermò a una decina di metri dalla gradinata e qualcuno andò ad aprire la portiera per farla scendere. Le campane suonavano a festa e tutti si erano ridotti al silenzio. Si portò una mano al ventre ancora piatto e sentì palpitare in lei il respiro di un amore infedele, il suo cuore ululò bieco al sole morente. Lo sguardo si spostò veloce fin quando non lo vide e un sorriso le incurvò le labbra: forse non tutto era perduto.
Lui iniziò a muoversi avanti e indietro, sistemando i fiori sull’altare in modo maniacale, assicurandosi che le fedi fossero in buone mani. Controllò le incisioni più volte e guardò l’orologio, fin quando le campane non suonarono. Il cuore gli stava scoppiando nel petto. Corse lungo la navata centrale inaugurando il tappeto rosso pronto a coronare il loro sogno d’amore e la vide. Bella come mai l’aveva vista, con gli occhi lucidi d’emozione e un sorriso sulle labbra. E la vide mentre si portava una mano sul grembo ad accarezzarsi e capì sentendosi svenire. Iniziò a correre verso di lei, i gradini scivolarono sotto i suoi piedi ma si fermò a metà strada scioccato dalla scena a cui stava assistendo. Un groppo si formò in gola mentre gli invitati iniziavano a scattar foto e a dar voce ai loro commenti.
Lei avanzò di qualche passo fino a incrociare il suo sguardo e infine gli corse incontro. Lui l’accolse fra le sue braccia e la sollevò appena da terra per baciarla come mai avevano fatto, sotto la luce di quella luna che sensuale prendeva il sopravvento sul tramonto. I giudizi iniziarono a piovere, qualcuno gridò insulti, altri batterono le mani ma loro non se ne curarono: erano ormai sulle ali di quel dolce sogno d’amore che li aveva avvolti dopo anni di attese. E lui rimase seduto sui gradini a guardare la sua ex futura moglie fra le braccia di un altro andar via e correre chissà dove a fare chissà cosa della loro vita. Si sciolse la cravatta e tirò fuori dalla tasca le promesse, le lesse in un sussurro dato al vento e le lasciò cadere, con il suo futuro che appassiva e la rabbia che attecchiva nel petto prima carico di aspettative e programmi. Un bimbo gli corse incontro con una scatolina blu fra le piccole dita e chiese, innocente, dove fosse andata la signora in bianco, perché le doveva consegnare quella cosa! Lui si fermò per guardare il bambino. Prese il piccolo scrigno con le fedi, senza una parola finì di scendere la scalinata, salì in macchina per andare dove più nulla gli avrebbe ricordato quel giorno. «La signora in bianco è stata il mio sogno e ora va a realizzare il mio peggiore incubo, ecco dove va» sussurrò appena, prima di disperdersi nella nebbia del suo nuovo presente.
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