Abaluth - Scrivere, leggere, arte e cultura

ALCOLISTI ANONIMI

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view post Posted on 2/4/2013, 10:57

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Il sogno è quello di liberarsi dalla dipendenza dell'alcool, lavorando su sè stessi, con tutte le proprie forze e con l'ausilio degli altri.
E' un grande sogno, che purtroppo raramente si avvera.
Grazie per il commento, Kinsky.
 
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Lily White
view post Posted on 6/4/2013, 12:31




Ciao Pat!
Il tuo racconto è molto carino :) L'unica cosa che posso dirti è che forse ci vedo troppo "ottimismo"...penso che nella realtà Luca non sarebbe mai venuto all'incontro. Però proprio perchè è un "sogno" ci sta portare un po' di ottimismo :P anche se io sono più una da "requiem for a dream" (è un film, se non volete angosciarvi non vedetelo!)
 
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view post Posted on 6/4/2013, 14:49

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Già. Il racconto si presta giustamente a questo tipo di commenti.
L'alcool è una brutta bestia. Il racconto è postato però nella sezione Sogni.
Grazie per il commento.
Ciaooooo!!!!
Pat
 
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view post Posted on 7/4/2013, 15:42
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CITAZIONE (Lily White @ 6/4/2013, 13:31) 
io sono più una da "requiem for a dream" (è un film, se non volete angosciarvi non vedetelo!)

Subito messo a scaricare :wub:
 
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view post Posted on 28/4/2013, 13:24
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Fabrizia

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Poche modifiche, per la maggior parte alla fine...

Sono nato ribelle, insofferente alle regole prestabilite. Mi sono sempre sentito diverso, perennemente arrabbiato con me stesso e con il mondo intero. Dopo la scuola ho provato mille mestieri ma nessuno di questi è mai durato molto. Ho litigato con i colleghi, con i superiori e me ne sono andato via sbattendo la porta. Sono sanguigno e mal tollero gli sgarbi quotidiani della vita. La mia vena malinconica e disfattista sembra prevalere su tutto. Quando anche la mia ragazza mi ha lasciato, sono caduto nel baratro della disperazione e ho cominciato a bere, fino a diventare alcolizzato.
Non ho più nulla di mio, neanche un centesimo e vivo in un monolocale pagato da mio fratello Giovanni. Lui ha tre anni più di me e per fortuna non mi assomiglia affatto. È uno a posto: laureato in economia a pieni voti, poi un immediato impiego in banca e il matrimonio con Sonia, una bella ragazza con cui ha fatto due marmocchi.
Se non è serietà e perseveranza la sua… Io non riesco ad avere un’esistenza ordinata, vivo alla giornata e anche questo comincia a pesarmi. Sono stato molto male a causa dell’alcol e Giovanni è riuscito a convincermi a frequentare un centro per alcolisti.
È solo una presa in giro, mi son detto la prima volta che ho partecipato a una di quelle riunioni. Però mi sentivo così solo e disperato che ci sono tornato. Tanto, peggio di così non poteva andare. Pian piano ho preso confidenza con l’ambiente e con le persone. Una sera, quando mi sono sentito pronto, mi sono sfogato. Ho parlato liberamente lasciando che le emozioni fluissero: rabbia, dolore, angoscia, rimpianto.
Franco, uno degli iscritti, mi incoraggiava. Mi sorrideva e mi diceva: «Forza, sfogati. Poi starai meglio. Te lo assicuro.» È un uomo buono. Grazie a lui sono uscito dal mio guscio.
Quella sera sono tornato a casa frastornato ma ho davvero provato sollievo. Ascoltare ed essere ascoltati è importante. Certo, la battaglia quotidiana contro l’alcol è tua, solo tua, ed è paragonabile a un inferno. Però, se non hai il sostegno di qualcuno, non ce la fai.
Devi riprendere i contatti col mondo esterno e riappropriarti di te stesso. Dopo il confronto con le altre persone non mi sentivo più solo.
I ricordi brutti cominciavano a riemergere ma pian piano diventavano più tollerabili, scontati, sbiaditi.
Ora che avevo accettato la realtà mi sentivo forte e fiducioso. Quella che prima era rabbia, ora si trasformava in energia positiva.
Decisi di riprendere in mano le redini della mia vita. È un percorso durissimo. Rinunciare all’alcol è una sfida quotidiana fatta di continue tentazioni. Durante le crisi di astinenza vorresti urlare, gettare al vento tutti i buoni propositi e dare libero sfogo al tuo desiderio di bere. Lo desideri sopra ogni cosa, non pensi ad altro, tutti i tuoi sensi sono proiettati verso quella maledetta bottiglia!
Ora, però, è da quasi otto mesi che non bevo più. Sono sulla buona strada. Clara, una delle sventurate del gruppo alcolisti anonimi, ha detto che sono un tipo maturo e interessante. È una ragazza dolcissima e sensibile, travolta da un destino infame. Ha perso l’unico figlio in un incidente stradale e non riesce a farsene una ragione. Mostra la fotografia di quello sventurato figliolo a tutti.
Sandra, invece, mi ha definito “bello e maledetto”. Sento ancora l’eco delle sue risate. Lo psicologo, durante i nostri incontri, interviene raramente. Nel caso di Sandra a volte è necessario. È una ragazza dal cuore d’oro, ma spesso esagera. Non sa contenere le emozioni. Quando viene ripresa piange, si sente umiliata. Poi, però, se ne fa una ragione e si riaggrega al gruppo in maniera più adeguata.
Adeguata… Oh, che linguaggio forbito! Tutto merito del nostro giovane psicologo, Alessandro. All’inizio l’abbiamo tartassato, offeso, deriso. Abbiamo messo a dura prova la sua pazienza ma lui non si è lasciato smontare. Ci ha dimostrato con i fatti che non era il novellino imbranato che credevamo. No di certo! Il signorino ha dimostrato carattere ed è riuscito ad ammansire anche il più ostinato del gruppo. È sincero, leale: ci piace. Il giovedì sera è il primo ad arrivare al Centro Alcolisti Anonimi e ci aspetta. Quando arriviamo lo troviamo sempre e in lui vediamo un amico, una guida.
Bere è un pessimo vizio, una brutta bestia che ti divora giorno dopo giorno. È difficile, dopo anni di dipendenza, riuscire d’incanto a non pensare più alla bottiglia. Nei primi mesi la immagini costantemente lì davanti a te, bella e invitante. A dire il vero mi sta accadendo anche adesso. Sì, lo ammetto: in questo momento avrei voglia di farmi un goccetto. Che dico? Potrei scolarmi una bottiglia intera! Invece no. Tutte le volte che nella mia mente s’insinua quella tentazione, la caccio via con forza. Mi rendo conto che, in fondo, non la riconosco più.
Penso intensamente a Franco, a Clara, a Sandra, al nostro giovane eroe Alessandro e agli altri. Penso che abbiamo cominciato una battaglia tosta tutti insieme. Mi convinco, anzi sento che non sono più solo. Capisco che la mia vita sta cambiando. Combatto insieme a tanti amici e ci aiutiamo a vicenda. Ci teniamo in contatto, ci incontriamo, ci telefoniamo spesso durante la settimana. Siamo uniti, forti, determinati. Non voglio tradirli e non voglio che loro tradiscano me.
Un paio di settimane fa, davanti a un bar, ho visto un ragazzo. Era così giovane. Avrà avuto poco più di vent’anni. Beveva e piangeva. Era pallido e non si reggeva in piedi. In lui ho rivisto me, ciò che ero e che non volevo più essere. Mi sono offerto di portarlo a casa. Quando siamo arrivati mi ha detto di lasciarlo davanti al portone. Io però ho parcheggiato la macchina e l’ho portato a braccia fin dentro casa. Ha tentato di ribellarsi ma gli girava la testa e aveva un disperato bisogno di aiuto. Viveva solo, in un appartamento fatiscente. Che caos! Una pila di piatti sporchi nel secchiaio, il letto sfatto, una montagna di cd sparsi sul pavimento, accanto allo stereo. Mi ricordava tanto il mio piccolo mondo disperato.
Così ho preparato la moka e l’ho messa sul fornello. Ho fatto un caffè forte e amaro. L’ho aiutato a berlo e ho lasciato che si stendesse. Poi sono uscito a comprare una confezione di analgesici e un po’ di cibo.
Gli ho appoggiato tutto sul tavolo e me ne sono andato, dopo avergli detto semplicemente ciao.
Non sapevo neanche il suo nome, ma in quel momento non era importante. Ci eravamo conosciuti e avevamo comunicato in maniera più incisiva di quanto le parole possano fare.
Il giorno dopo sono tornato da lui. Erano le undici di mattina. Si è alzato dal letto con un certo disappunto e mi ha fissato con gli occhi assonnati.
«Cosa vuoi?» mi ha chiesto bruscamente. Il suo non era certo un atteggiamento amichevole, ma lo capivo. C’ero passato anch’io e sapevo esattamente cosa provava. Soffriva di un male profondo che parte dal cervello, ti penetra fin dentro le ossa e ti divora l’anima. Aveva toccato il fondo.
Io gli stavo tendendo la mano. Lo stavo aiutando con i fatti, con le parole, con la mia costante presenza. Ora però toccava a lui scegliere: continuare a bere o smettere, morire o risorgere. Gli dissi: «Ti aspetto stasera alle nove al Centro Alcolisti. Non mancare!» Una sola, lapidaria frase e poi me ne andai.
Quella sera lo attesi con ansia. Erano già le nove e un quarto. Avevamo appena cominciato quando sentimmo la porta che si apriva. Era lui. Rimase fermo sulla soglia, intimorito da tutta quella gente.
«Vieni» dissi andandogli incontro. Gli sorrisi, lo abbracciai e lo presentai agli altri.
«Questo è Luca» esclamai con orgoglio.
«Benvenuto» gli disse Alessandro. Franco si affrettò a portargli una sedia e le ragazze lo guardarono con simpatia. Ora Luca è uno di noi, fermamente deciso a uscire per sempre dal suo maledetto incubo.
 
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view post Posted on 28/4/2013, 14:00

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Ok, stray!
 
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view post Posted on 28/4/2013, 14:18
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Fabrizia

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:)
 
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