Mr WIsh l'omino a caccia di "vorrei" smarriti
Milioni di desideri restano segreti
perché mai nessuno ci aiuta a tirarli fuori….
MISTER WISH
Si infilò la bombetta nera con un fiorellino rosa appuntato nel mezzo, prese l’ombrello e si incamminò verso il ponte. Aveva la faccia bianca e liscia come un uovo e gli occhi erano due biglie color cielo che teneva in tasca e tirava fuori solo in occasioni speciali. La bocca poi, era una fragolina che portava cucita sull’occhiello per poter parlare alla stessa altezza del cuore dei suoi interlocutori. Il naso era una fessura, un taglio inciso lungo il palmo della mano con cui intrappolava gli odori e li teneva chiusi stringendo il pugno. Quando voleva ricordarsi di questo o di quello, apriva la mano e spalmava gli odori sui muri e sui vestiti.
Che strano omino Mr Wish! Il suo lavoro? Specializzato in ritrovamento di “vorrei” smarriti!
Non avete idea di quanti vorrei si smarriscono ogni giorno o vengono bistrattati, violentati o dimenticati.
“Eccolo qui! Il solito distratto del lattaio!” esclama Mr Wish ogni mattina. Sotto l’angolo spiegazzato della busta del latte c’è un vorrei spiaccicato, un : “Ah, vorrei proprio starmene a letto ora…”
Ogni mattina Mr Wish fa la sua solita passeggiata sul Tower Bridge. Ed è lì che si ammucchiano i vorrei scaraventati fuori dai finestrini delle auto in corsa: “…vorrei non andare in ufficio stamattina…vorrei proprio che il capo si ammalasse….vorrei che la segretaria ci stesse….vorrei un cappuccino caldo e otto brioche… vorrei che mia moglie non fosse così brutta al mattino…vorrei starmene in vacanza…al sole…”
Vorrei sfuggiti dalle facce tirate a lucido ma ancora assonnate, vorrei scaraventati e morti tra i buchi dei marciapiedi e i tacchetti delle segretarie.
“Che afa stamattina!” pensò Mr Wish e un vorrei timido timido, un vorrei di primavera fece capolino da sotto alla bombetta, si guardò intorno e si rinchiuse nel cappello dopo aver rubato un petalo di rosa alla fioraia dell’angolo.
Mr Wish trovava vorrei anche quando si recava in visita dai suoi “conoscenti”, un “vorrei” di torta sul musino impiastricciato di cioccolata di un bambino o tra le lacrime di un rimprovero della mamma. A volte, spostando un posacenere, trovava persino un “vorrei proprio che lei non fosse qui, Mr Wish, la sua faccia d’uovo mi è cordialmente antipatica!”
Si rimise la bombetta dopo aver fatto un inchino alla fioraia e riprese l’ombrello, proseguendo sul Tower Bridge quando….sentì un urlo agghiacciante, quello di un vorrei nero come l’ombra più nera della notte, come l’acqua del pozzo più profondo dell’India. “Inconfondibile!” pensò Mr Wish, “è inequivocabilmente un vorrei morire!”.
Si avvicinò al vorrei nero e disperato che si aggrappava strillando al cornicione del ponte per non cadere nell’acqua melmosa del Tamigi.
“Di chi è questo vorrei?”si chiese Mr Wish, inarcando il sopracciglio e ne seguì le impronte.
Era un ragazzo scuro, dalla pelle color oliva e gli occhi come due nocciole, di quelle grandi e gustose che si raccolgono nei mattini freschi d’inverno con l’ansia di sbucciarle sotto l’albero e giocare a chi butta i gusci più lontano. Aveva gli stessi pensieri melmosi del fiume, gli stessi vorrei…
Mr Wish si guardò intorno e si aggiustò la fragolina che aveva all’occhiello: “…uh…voluptas morendi!” esclamò e un vorrei di latino e di cultura arricciò il naso.
Poi Mr Wish tirò fuori le biglie dalla tasca e cominciò a rovistare nel cestino della spazzatura fino a quando trovò quello che cercava: una chiave, non una di quelle importanti o lucide; una chiave gommosa e arrugginita, la chiave di una vecchia 500, quella di Paolo. L’auto che aveva buttato giù in fondo alla discarica, insieme alle scarpe vecchie, al pallone rattoppato e alla foto dei suoi amici un po’ burberi ma sempre con la mano tesa e il sorriso pieno di fiducia. Si era ripulito la pelle ed i calzoni, gli avevano messo una cravatta ed una giacca nuova ed era andato a lavorare in un ufficio elegante al ventottesimo piano. Gli avevano parlato di soldi e di carriera, di felicità a buon mercato, di quella che si compra nei carrelli del supermarket insieme ai pelati, allo shampoo e ai biscottini del mattino. E lui ci aveva creduto e si era ritrovato in un appartamento elegante e un cospicuo conto in banca.
“Vuoi una sigaretta?” gli aveva chiesto sinuosa Miss Noia con una voce carezzevole, insinuandosi tra Paolo e Maria, la sua donna, ed era diventato tutto scuro e fumoso in quell’appartamento in centro. Anche gli occhi di Maria erano diventati grigi e vuoti come il cielo di Londra. Ma lui non lo sapeva e credeva che grigio fosse il colore più appropriato agli uomini della City.
Quella mattina però si era svegliato in modo diverso, forse perché anche Maria se n’era andata senza un motivo, sbattendo la porta o forse soltanto perché, d’un tratto, si era accorto di quanto si sentisse solo e soffocato nel suo colletto inamidato pronto per l’ufficio. E quegli amici che parlavano… parlavano…parlavano senza mai dire niente. Scaraventò nel fiume colletto e cappello e se ne stette lì a guardare l’acqua, senza capire, cercando una risposta.
“…Excuse-me sir…..questa è sua?” gli chiese Mr Wish “deve averla persa l’ultima volta che…”
La chiave gommosa stava nel palmo della mano di Mr Wish ed aveva lo stesso odore di erba e delle baracche del campo in cui Paolo giocava con i calzoni corti e gli amici.
“Ma è la mia 500!” urlò Paolo.
“E’ una chiave, la chiave dei suoi vorrei, quella per aprire questa scatoletta di metallo….ops… mi scusi se le faccio un po’ male…”
Sussurrò Mr Wish e gli tirò fuori dalla camicia una scatoletta rotonda nera, color nocciola, da cui uscì soltanto un immenso silenziosissimo “vorrei giocare….come quando ero bambino”
“Già” soggiunse Mr Wish “è il vorrei più bistrattato di tutti, il più dimenticato, ma è anche il più tenace, quello che non muore mai. Lei ha solo dimenticato che la vita à un gioco fatto di stupore, come quando da bambino si meravigliava delle conchiglie che rubano la voce al mare o che la tengono nascosta, delle biglie colorate, dei gabbiani che volano in alto su….su…. più su del palloncino che è sfuggito di mano e che la mamma le aveva comprato. Ora non si stupisce più di svegliarsi ogni mattina e non si stupisce neppure della vita che sboccia ogni mattina al sole e si bagna di goccioline fresche come fa lei con il sapone, con una manciata di bollicine. E’ pallido e fumoso, omologato al cielo di Londra. Non sa cos’è la rugiada o il sole perché ha dimenticato che un Uomo è soltanto un bimbo cresciuto più consapevole e grato del proprio stupore, con lo stesso bisogno di meravigliarsi della vita, del figlio, della moglie, del cielo e delle stelle…la faccia d’uovo di Mr Wish si voltò un attimo per vedere un vorrei morire che annaspando si metteva a cavalcioni sul parapetto del ponte e stringeva la mano a un vorrei di sole appena sbucato da una nuvoletta distratta, soffocata dalla nebbia di Londra. Poi si voltò di nuovo e vide soltanto due gambe, le gambe di Paolo che correvano lungo il ponte, libere di essere se stesse, con in mano una scatola aperta e migliaia di vorrei liberi che si sparpagliavano nell’aria. Vorrei di cielo e di sole, di quegli strani amici pieni di fiducia, di giochi e di fatica…di dare…degli occhi di Maria…di cielo…di un bacio…
Un piccolo vorrei impertinente, un vorrei curioso di sapere, si rizzò sul palmo della mano di Mr Wish.
“Ma cos’era quella scatola nera Mr Wish?”
Mr Wish alzò distratto la faccia d’uovo e giocherellò con le biglie..”Nulla…nulla, una cosa che si dimentica spesso, anche se è quella che ci mette in moto ogni mattina…”
“Ma cosa?” insistette il piccolo vorrei
“Nulla darling, “ replicò Mr Wish “niente altro che il cuore!”