| La storia è carina ti segnalo alcune imperfezioni: Quando aprii gli occhi mi ritrovai spaesata, ero dentro una stanza completamente bianca,tutto (manca spazio) al suo interno era incolore, di un neutro così profondo da far venire voglia di scappare. Ero sdraiata in un letto con i polsi legati,(no virgola) ed avevo una camicia da notte bianca che non ricordavo di possedere. Di fronte a me c'era una porta con una piccola finestra, da cui vedevo gli occhi di qualcuno che mi osservava. Non capivo cosa stesse accadendo, così (virgola)in preda al panico (virgola)iniziai a dimenarmi cercando di liberarmi usando tutta la forza che avevo. Purtroppo però questo non fece altro che attirare le attenzioni degli uomini che mi osservano al di là della stanza (del vetro). Entrarono, mi osservarono e scriverono (scrissero) su un blocchetto; avevano un camice bianco che mi fece immediatamente capire che erano medici e che mi trovavo in un ospedale. "Perchè mi trovo qui?" chiesi loro, dimenandomi sempre di piu', ma non ottenni risposta. "Cosa sta succedendo? Non potete farlo!" urlai, ma ancora nulla, venni completamente ignorata. Dopo alcuni minuti uno di loro finalmente aprì bocca, ma disse agli altri due :"La paziente presenta nuovamente comportamenti violenti, la dose di Aripiprazolo è terminata, dobbiamo somministrargliene un'altra immediatamente.". Le lacrime iniziarono a rigarmi il volto, mi avevano drogata e lo avrebbero fatto ancora; pensando a questo cominciai a singhiozzare. Così il medico che aveva parlato poco prima mi guardò dritta (dritto) negli occhi, poi distolse lo sguardo e disse "Doppia dose di Aripiprazolo visti i comportamenti depressivi presentati dalla paziente.", (senza virgola) ed uscì dalla stanza. Improvvisamente però ricordai il motivo del mio ricovero...
Un giorno prima...
Tornai a casa felicissima, avevo preso nove in latino. Quando aprii la porta però trovai mia madre che mentre preparava il pranzo, (no virgola) piangeva per l'ennesima volta (come spesso accadeva); succedeva sempre così quando scopriva che papà aveva un' amante. Ormai non sapevo piu' cosa dirle, le avevo consigliato un sacco di volte di lasciarlo, ma lei non aveva un lavoro e lo amava ancora così tanto... Sapevo che appena sarebbe tornato ci avrebbe picchiate nuovamente, come faceva sempre quando io e mamma ci lamentavamo del suo comportamento. Così le dissi che questa volta ci avrei pensato io, che ci avrei protetto, permettendoci di sentirci finalmente libere. Lei però mi sgridò, "Ma cosa ti passa per la testa? Non se ne parla nemmeno" mi aveva detto (togli mi aveva detto), ma io avevo già pensato a tutto. Dopo questa piccola discussione era finalmente pronto il pranzo (da mangiare) , io e lei pranzammo sole, aspettando con ansia che arrivasse quell'uomo che chiamavo papà ma che non aveva nulla di un padre. Desideravo (Avevo desiderato) tanto essere coccolata, ricevere attenzioni, ma purtroppo non succedeva (era mai successo) mai: mio padre era sempre fuori per "lavoro" e mia madre era troppo impegnata a risolvere i suoi problemi con lui, così fui (ero stata costretta) costretta a crescere da sola. Per fortuna però c'erano le voci nella mia testa a farmi compagnia, mi dicevano cosa dovevo fare, come comportarmi, ed erano proprio loro che mi avevano consigliato come vendicarmi contro papà. Erano le mie uniche vere amiche, infatti io non parlavo con nessuno, mi fidavo solo delle voci nelle mia testa; ne avevo tante, ma quella a cui davo sempre ascolto era quella piu' affettuosa con me, mi diceva quanto tenesse a me e quanto non avessi bisogno di altro affetto. Le mie amiche però ogni tanto mi facevano arrabbiare perchè avendo tutte opinioni diverse, (no virgola) erano gelose del fatto che ascoltassi sempre la stessa. Mamma a volte mi sentiva urlare contro di loro mentre ero in camera, così (senza così) entrava dentro spaventata, (senza virgola) ma per fortuna non si preoccupava di queste mie amiche speciali. Mentre raccontavo alla mia migliore amica del voto preso in latino, sentii la porta di ingresso aprirsi. Era arrivato papà, così le mie voci iniziarono ad urlare, non capivo piu' nulla, gli urlai di fare silenzio, ma purtroppo non mi ascoltarono. Aspettai alcuni minuti per cercare di fare ordine nella mente, ma improvvisamente sentii mia madre che urlava. Mi feci forza, andai a controllare cosa stesse succedendo, mia madre era sdraiata per terra e mio padre la stava riempendo di pugni. Così corsi in cantina, presi un'ascia che lui usava per tagliare la legna, risalii in soggiorno ma mio padre non c'era piu'. Sul pavimento però c'era mia madre con un occhio nero. Iniziai ad urlare, volevo ucciderlo, dovevo ucciderlo. Andai a cercarlo in camera sua, era proprio lì, era una sensazione bellissima vederlo così indifeso, terrorizzato dall'odio che avevo negli occhi. Finalmente ero io (la più forte) quella ad essere potente. Chiusi a chiave la porta alle mie spalle, e (la virgola qui non dopo spalle) seguendo le istruzioni delle mie amiche, mi avvicinai a lui. Aveva un'espressione in volto che non gli avevo mai visto prima; purtroppo però la avevo sempre vista su di me e su mia madre. Mi avvicinai sempre di piu' e finalmente gli sferrai un colpo dritto sul petto. Lui si accasciò a terra, finalmente ce l'avevo fatta. Ero così felice che mi misi ad urlare. Dopo aver urlato a squarciagola lo abbracciai, in fondo era lui che mi aveva regalato questa grandissima emozione. Quando aprii la porta però vidi mia madre che purtroppo aveva un'espressione sconvolta in volto, io le raccontai tutto (sicura che sarebbe stata fiera di me) per vedere quanto sarebbe stata fiera di me. Ma non fu così, lei si mise ad urlare ininterrottamente, io non capivo perchè fosse così delusa: avevo semplicemente salvato le nostre vite. Lei però corse in soggiorno, prese il telefono è (e senza accento) chiamo (chiamò) un'ambulanza, mentre lo faceva io presi l'ascia ancora sporca del sangue di mio padre, corsi verso di lei e la colpii. Non doveva farmi questo, ero stata sempre gentile con lei. Era morta, erano tutti morti nella mia famiglia, ma non mi importava perchè non erano mai esistiti per me. Erano esistite solo le mie voci, e loro sì che erano fiere di me!
IN BOCCA AL LUPO!
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