Come ti ho già scritto, questo è il tuo racconto che mi è piaciuto di più. Così ricco di umanità, di amore e anche di dolore, perché spesso l'amore porta dolore e non credo sia una banalità.
L'incipit così folgorante e coinvolgente invoglia il lettore:
Finalmente finiva quell’interminabile galleria! Il sole stava già riempiendo coi suoi colori il mattino e dal lato destro della mia auto si intravedeva il mare. Io mi sentivo il cuore in gola; speravo, tuttavia, che le cose sarebbero presto cambiate, e quella era l’unica motivazione che continuava a farmi spingere sull’acceleratore.
Perdersi e ritrovarsi, ogni settimana, ogni volta con un magone diverso: più aumentava l’amore che ci stringeva, più tornare a casa ci uccideva entrambi. All’andata il sole accompagnava la mia allegria, la voglia incredibile di arrivare il prima possibile; al ritorno, era nostalgia, era voglia di tornare indietro, per sempre… Pensavo che questi continui viaggi non fossero altro che effimeri pensieri gioiosi in una vita triste in cui accontentarsi è impossibile, però mi impegnavo affinché simili considerazioni non saltassero fuori finché eravamo insieme…
Così come bellissimo è il finale:
L’ultimo ricordo nitido che ho di oggi sei tu che mi dici, dopo un intervallo di tempo interminabile: “Andiamo al bar e ti racconto tutto”, poi il ricordo si confonde completamente e non capisco più chi è Andrea, perché lo frequenti da un mese, perché non mi dici più che mi ami, perché paghi il conto del bar e mi lasci seduto a fissarti mentre ti allontani, e perché il sedile accanto a me è vuoto quando mancano ancora quaranta minuti prima di doverti riaccompagnare a casa per imboccare l’autostrada.
Una volta mi dicesti che avevi provato invidia per un mio racconto (mi pare fosse "Congedo"). Leggendo questo tuo, oggi sono io che ti invidio!