| CITAZIONE (pleiadi @ 9/7/2012, 10:19) File Stampa Ok Spense il computer e posò la lettera sul tavolo del soggiorno. Stava per andarsene, quando volle rileggerla ancora una volta: su carta le sembrava più vera, più concreta, più definitiva. Amore mio, questa è una lettera d'addio. O d'amore, se preferisci. Non scriverò pagine e pagine per spiegarti cose alle quali soltanto tu potrai rispondere con consapevolezza: a ogni mio perché, alle mille domande senza parole, al tuo far finta che tutto sia normale, come hai sempre fatto. Oggi chiudo. Facendo venire un po' di più la donna delle pulizie non dovrei mancarti molto. La TV è la compagnia di mezzo mondo, anche quando non si è soli. Ora resto sola almeno per scelta, senza far finta di avere chi si occupa di me. Questa lettera poteva essere scritta anni fa, era lo stesso, ma ora i figli sono grandi. Prova a chiederti chi ero, che cosa volevo, che cosa non ho avuto; le promesse non mantenute, le bugie infantili, il disinteresse per il mio essere persona, l’indifferenza per il mio essere donna. Tu sai di che cosa parlo: se con te stesso farai finta di non capire, o se ti si dovessero aprire squarci di verità di cui non hai mai voluto prendere atto... non arrivare alla fine di questo scritto, fa lo stesso, intantointanto o "tanto"? ti assolveresti comunque, tu ti sei sempre assolto. Ho dato per scontato che tu sapessi che cosa volevo, forse perché erano le solite cose. Ti ho detto invece chiaramente che cosa non volevo, ma anche quelle erano le solite cose tre volte in così poco spazio, e poi anche "le solite cose", diventa un po' pesante; non volevo essere l’interprete di ruoli scontati: la moglie del marito importante, la padrona di casa attenta e vigile, la madre gratificata da figli belli e intelligenti. Mi volevi madre anche per te e non lo sono stata, tua madre basta ed avanza. Donna di casa, domestica, cuoca… Niente di tutto questo. Certo ho sbagliato, ti ho chiesto di crescere troppo in fretta, ma se a trent’anni era già tardi, tu a cinquanta non sei ancora adulto, la virgola non è del tutto necessaria e te ne vanti. Ti incensi tuttora per non essere mai sceso a compromessi, e mi hai imposto tua madre per tutta la vita, facendo finta che il problema non esistesse. Il male che ci ha fatto non te lo racconterò, non sei in grado di reggerlo. Ma se siamo arrivati qui, lei può veramente cantare la sua demenziale vittoria. La paternità l’hai scoperta in ritardo, eri senza modelli, l’hai inventata tutta; ci sei quasi riuscito, anche se il meglio di te lo dai tuttora con il gatto, che ho voluto per te. Avevo ragione, ti ha fatto bene. Hai scoperto in ritardo anche l’infedeltà, e ti ci sei buttato recitando consapevolmente una parte dalla quale non vuoi liberarti, perché ti piace e ti gratifica; e poi ti rende “uomo" secondo canoni classici, il che fa sempre bene. Hai speso il tuo tempo in mille modi, ma l’obiettivo di ogni tuo attimo è sempre stato altro da me. Non sono mai cosi sola come quando sono con te. la mia frase preferita Se non ci sei, sono sommersa da anni di bugie, ma se ci sei, sei la testimonianza del non saper amare. Il meglio di te lo dai certamente in storie distanti, poche ore la settimana e qualche telefonata, il quotidiano non lo reggi; ma, del resto, sono pochi gli uomini che conosco che ce la fanno. Sono stanca di aspettare, di illudermi, di saperti altrove, di misurare i miei gesti per non sbagliare, di parlare da sola. Voglio un uomo che si occupi di me, e tu non sai farlo. Per comprarmi scusa? non mi piace sto verbo, seppure collegato al mettersi insvenditasarebbero bastate poche frasi, anche solo la verità, che da qualche parte avrai pure, dentro di te. Qualunque verità. Come vedi, anche se mi sono messa in svendita, per te sono sempre troppo cara, come le cose che non servono. Mi hai detto che la tua ultima storia è finita per “problemi di ordine pratico”. Per una donna è il massimo della gratificazione. Ogni volta che stai fuori qualche giorno, torni a casa e manifesti una grande contentezza per qualcosa di positivo che ti aspetta e che ti è tanto mancato: il tuo letto, il tuo gatto, la cucina casalinga. Ma il mio turno, quando verrà? Semplicemente, mai. Vengo sempre dopo qualcosa o qualcuno. Voglio un uomo che torni a casa perché ha voglia di me. Ho sperato di esistere per te come donna, ma il recupero di me, se c'è stato, è avvenuto grazie alla famiglia, allo status, al controllo sociale, che per me non sono valori. Ogni volta che ti vedo metter su la pantomima del convegno con il borsone dei libri, avanti e indietro, hai un'aria patetica e, stranamente, perdente. Malgrado io viva il tutto come un'umiliazione, in definitiva l’ometto sei tu. Per tirarmi fuori, dovrò trovare una carica di odio che non mi appartiene. Ma tua madre, ancora una volta, sta facendo degnamente la sua parte.Si guardò attorno. I bagagli erano già in macchina, il cellulare spento. Tirò la porta e istintivamente fece il gesto di dare i giri di chiave. Ma la chiave era stata lasciata sul tavolo del soggiorno, accanto alla lettera, raccomandata senza ritorno. Il mio commento in aggiunta alle osservazioni di Romina, anche sul finale che comunque, richiamato dal titolo, credo ci stia. Allora, finalmente inizio anch'io i commenti, ovviamente in ordine di invio (e spero di leggerli tutti entro il 31, così da potermi rendere utile nelle eventuali segnalazioni). In genere, ritengo il genere epistolare molto difficile, soprattutto per la difficoltà di catturare il lettore. Per chi scrive è invece più facile: non ci sono dialoghi, non deve curare la credibilità dei personaggi perché quando si scrive si usa un registro completamente diverso da quando si parla, talvolta. Così è nel tuo racconto, e direi che sei riuscita a pieno nel tuo "esperimento", visto che lo hai definito così. Un consiglio è che, comunque, usi troppe volte la parola "cose" e c'è qualche ripetizione di troppo. Per il resto non ho molto da dirti se non che proprio la mancanza di rabbia della protagonista (ne convengo) rende il racconto credibile e interessante. Ben fatto
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