Abaluth - Scrivere, leggere, arte e cultura

Posts written by Sylvia Green

view post Posted: 24/2/2015, 19:05 Tra sogno e realtà - Sylvia Green - No comment
Sì, infatti, avevo notato quelli, ma temevo di averne saltati alcuni :D
view post Posted: 24/2/2015, 18:47 Tra sogno e realtà - Sylvia Green - No comment
Hai detto che non bisogna essere permissivi, e quindi qualcosa ti dico ;)
Non riguardo al corsivo, sono scelte editoriali.
Più che altro riguardo alle virgolette alte: di solito tendo a odiarle profondamente, perché gli scrittori, specialmente emergenti, tendono a usarle per nascondere il loro tentativo di essere originali. Tipo, io uso un'espressione ardita ma la metto tra virgolette perché ho paura di osare. Quindi in genere, nei testi miei, le virgolette alte non le posso vedere e le uso solo per fare delle citazioni o al massimo per i discorsi diretti.

In conclusione, ti chiederei per cortesia, se non è troppo disturbo, di togliere le virgolette alte in tutti i casi in cui le hai usate, lasciando al loro posto il testo senza virgolette né corsivo, tranne l'unico del "signor Gianni" e poi "signor Gianni signor Gianni", perché lì è una citazione.
view post Posted: 23/2/2015, 17:21 Ebook Mistero - Concorso letterario Mistero
Grazie mille per questo controllo :D Leggerò la vostra revisione, ma anche io sono convinta di non dovervi criticare niente ;)
view post Posted: 20/2/2015, 23:12 Risultati concorso - Concorso letterario Mistero
Wow, vi ringrazio per avermi selezionata tra gli altri e complimenti a tutti! :D
Provvederò domani a inviarvi la mail con nome vero e autorizzazione dei miei genitori ;)
view post Posted: 31/1/2015, 18:05 SONDAGGIO!!! Che lettore sei? - Romanzi e racconti
Tra carta e digitale, darei un 50 e 50. Sono una usmatrice di libri, e sfogliare le pagine è meraviglioso, ma volete mettere andare in giro con LOTR in tasca senza spaccarsi la schiena? In vacanza posso portarmi dieci libri da leggere senza dover riempire millemila borse. E posso iniziarli tutti contemporaneamente!

Allora, i generi al momento mi piacciono un po' tutti. Finora il fantasy è stato il predominante, ma non disdegno fantascienza, gialli, avventura, distopia, classici, thriller, horror... Ho persino rivalutato lo storico, grazie a Ken Follett. L'unico genere che finora non ho apprezzato è l'erotico.

Andando ancora a scuola, leggo per studio e per svago. I libri di scuola mi tocca leggerli, volente o nolente :D
view post Posted: 31/1/2015, 17:51 Cosa stai leggendo? Consigli di lettura - Romanzi e racconti
Al momento sto leggendo un sacco di libri in contemporanea!

1. The Selection, di Kiera Cass. Sono a metà e mi fa schifo, come prevedevo. Lo sto leggendo per confermare una mia teoria su questo libro e in generale sugli young adult fantasy del periodo, e sto avendo ragione più che mai.

2. Don Chisciotte, di De Cervantes. L'ho iniziato per conto mio perché ce ne hanno parlato a scuola ma ci hanno detto che non lo leggeremo. E io mi sono incazzata e mi sono messa a leggerlo. Un libro eccezionale, magnifico in tutto e per tutto.

3. La caduta dei giganti, di Ken Follett. Trama interessantissima, con fondate basi storiche, che parla della prima guerra mondiale e della rivoluzione russa. Il primo della Trilogia del Secolo, per intenderci. I personaggi sono tantissimi, e mi piacciono quasi tutti tranne due che mi stanno molto sulle balle. Lo stile è semplice e lineare, e il suo unico difetto è che mi sembra molto "cinematografico": ci descrive la scena esattamente come se la vedessimo su uno schermo. Il problema è che ció che in una ripresa si vede in due secondi, in un libro può venire descritto anche in quaranta pagine, e quindi l'effetto di queste descrizioni è molto diverso rispetto a quello che vorrebbe essere.

4. C'era una volta la DDR, di Anna Fundir. Ovviamente per la scuola, dato che facciamo una gita a Berlino a Marzo. Bella la ricostruzione storica e tutto, ma la Fundir ha la bruttissima piega di volersi fingere una grandissima scrittrice e poetessa e quindi di essere in grado di creare immagini nuove e incredibili. In realtà sono solo delle supercazzole che non hanno assolutamente senso. Esempio: "C'era un rettangolo più chiaro nella facciata di cemento, un pezzo dell'edificio che lo smog non aveva ancora abbronzato". Ma abbronzare significa "rendere bronzeo" e lo smog non rende bronzeo, rende nero! E questo è solo un esempio, ma il libro è pieno di cose del genere. Magari sono tutti errori di traduzione... Non saprei.
view post Posted: 31/1/2015, 17:41 2014 - classifica di libri! - Romanzi e racconti
Rispondo ormai a 2015 inoltrato...

Libro peggiore: Uno splendido disastro, di Jamie McGuire. Un libro veramente orrendo, maschilista e offensivo sotto ogni punto di vista, senza descrizioni, personaggi abominevoli, trama noiosa.

Libro migliore: penso proprio Io, robot di Asimov :D Una raccolta di racconti interessantissima, scritta in modo semplice e divertente. Le storie sembrano banali (sono dei piccoli gialli fantascientifici) ma sono molto acute e con anche degli spunti di riflessione estremamente interessanti.
view post Posted: 30/1/2015, 21:30 Tra sogno e realtà - Sylvia Green - No comment
NdA in SPOILER qui sotto. Le NdA, a dispetto della finestra in cui sono rinchiuse, non fanno spoiler della storia.
Avrei taaanto voluto partecipare nella sezione laboratorio... ma in questi giorni non ho avuto tempo di commentare tutti gli altri racconti :'(
Il titolo è purtroppo molto simile a un altro racconto pubblicato nella sezione laboratorio, di Francesca Vernazza, ma ho controllato: ciò di cui si parla è completamente diverso. E poi il mio è ovviamente molto più lungo, oltre al fatto che ce l'avevo già pronto da molto prima che vedessi questo concorso su Abaluth. Questo giusto per difendermi dalle possibili accuse di copia.
I caratteri sono la bellezza di 19.614... non vi biasimo se non volete leggere :D


Non appena Gianni afferrò il trancio di pizza appena ordinato per mangiarselo e riposarsi dopo una lunga ed estenuante giornata di lavoro, si rese conto, per la prima volta da quando aveva lasciato il suo ufficio, che si trovava nei guai fino al collo.
Forse era stata la credenza vuota, o il freezer pieno di ingredienti che lui non sapeva mettere insieme, a farglielo capire; o forse gli era caduto l’occhio sulla bolletta della luce che aveva appoggiato sul tavolo della cucina, o sulla lampadina vecchia come Matusalemme che diffondeva solo un debole bagliore nella stanza; qualunque occhiata al suo appartamento avesse scatenato quell’illuminazione, comunque, improvvisamente si era accorto che tutti gli avvenimenti che si erano succeduti uno dopo l’altro dal mese precedente erano stati solo dei piccoli tasselli di un grande disegno divino con un unico scopo: rovinarlo.
Per di più, chiunque si stesse impegnando per perseguire quell’obiettivo doveva essere un grande esperto in materia, perché ci stava riuscendo straordinariamente bene: non capita a tutti di essere buio in viso mentre si mangia un trancio di pizza, neanche se il suo aveva la mozzarella troppo liquida.
Nonostante ciò che stesse mangiando fosse considerato dai più (e da lui) uno dei più buoni cibi mai esistiti, non poteva purtroppo fare a meno di lasciarsi andare a considerazioni sconfortanti sulla sua attuale condizione.
Primo: Laura da tre settimane lo aveva mollato. O meglio, la scusa ufficiale era stata “prendersi una pausa di riflessione”, ma ormai quella frase aveva assunto il significato di “mi hai stancato” per quasi tutte le ex-coppie che Gianni aveva conosciuto, e non capiva per quale ragione per lui dovesse essere diverso. L’unica cosa che cambiava dalle altre storie era che lui non aveva emesso un solo lamento di protesta quel fatidico giorno: l’aveva osservata in silenzio mentre lei raccoglieva le sue cose con cura, le disponeva ordinatamente in una grande borsa e usciva da casa, lasciando la sua copia delle chiavi sullo zerbino. Secondo quel che lui aveva capito e sapeva sull’amore tra loro, la visione di Laura nella strada di fronte alla sua finestra, con la valigia tra le mani e i lunghi capelli castani svolazzanti alle sue spalle, poteva anche essere l’ultima.
Secondo. Sacchi lo aveva convocato nel suo ufficio, si era grattato la sua barbetta bianca e aveva decretato che lui era a rischio licenziamento, e a quanto pareva solo la buona sorte avrebbe potuto far pendere la bilancia a suo favore: il fatto che tutta la sua vita si basasse su quell’impiego da operaio, sia dal punto di vista finanziario che da quello umano, era assolutamente irrilevante nella decisione del suo capo. Quel posto di lavoro era la sua unica fonte di sostentamento quotidiano e il luogo in cui poteva vedere tutti i suoi amici, ma a chi importava? Anche quello non dipendeva da lui, ma dal fatto che praticamente qualunque cosa tendeva a scivolargli via dalle mani … ad esempio, il suo nuovo amico Max: era stato assunto solo due mesi prima, si era trovato benissimo con lui e ora entrambi rischiavano il licenziamento! Probabilmente era Gianni che portava sfortuna … sì, doveva essere così …
Terzo: quella dannatissima bolletta. Possibile che dovesse sempre arrivare puntualissima? Ogni cosa nella sua vita era in ritardo, compreso l’orologio del forno e la consegna della pizza di quella sera, ma quella busta no: nel giorno prestabilito, eccola lì nella casella della posta, come un lontano parente che ogni tanto veniva a salutare e lo seccava con le sue manie.
Quarto, ma non meno importante: avrebbe dovuto continuare a mangiarsi pizze liquide fino a quando Laura non sarebbe tornata, perché non sapeva cucinare. Non che quel trancio facesse schifo, ma gli avevano sempre detto che bisognava variare la dieta.
Tutto considerato, dunque, il suo torturatore personale era a un buon punto del raggiungimento del suo obiettivo.
Gianni sospirò, si alzò da tavola senza molta voglia di controbilanciare la forza di gravità, spense l’interruttore della lampadina e si buttò sul divano del soggiorno, sperando che qualche stupidaggine alla tv potesse distrarlo abbastanza da farlo addormentare senza doversi rigirare nel letto per due ore di fila.
Fece zapping per un bel po’, ma, a parte che il ciarlare dei vari presentatori copriva il rumore della pioggia che scrosciava fuori dalla finestra, niente di ciò che vide contribuì a migliorare il suo umore: una commedia sentimentale con due bellissimi attori che si abbandonavano a un lungo bacio appassionato, di cui lui riuscì a vedere con precisione le lingue che si intrecciavano prima di cambiare canale; un film in cui moriva qualcuno in una stanza, mentre nel giardino di fronte qualcun altro sputava parolacce a ripetizione e si fumava una sigaretta; un gruppo di quattro persone partecipanti a un talent show che provavano a suonare la chitarra da sdraiati, stonando clamorosamente … e poi finalmente si decise a spegnere il televisore, conscio che aveva visto abbastanza dei programmi di quella sera per capire che non c’era assolutamente niente di utile per lui, e si recò stancamente verso il bagno, quasi inciampando nelle scarpe che aveva lasciato sul pianerottolo quando era arrivato.
Sarebbe dovuto andare a letto, e sapeva già che la sua agitazione non gli avrebbe certo permesso un sonno tranquillo; in quel frangente, sarebbe stato già un gran traguardo se la mattina dopo si fosse svegliato abbastanza lucido da poter attraversare Milano per andare al lavoro, alla guida di quel suo catorcio di automobile con il vetro scheggiato: c’erano certi ragazzacci, in centro, che dalle finestre si divertivano a lanciare sassate e a spaccare il suo finestrino ogni volta che passava … ormai quello aveva le crepe come se avesse attraversato chissà quale periodo storico … quasi quanto il suo cellulare, vecchio quanto lui … già, si era dimenticato, all’elenco bisognava aggiungere i punti cinque e sei. Ah, no, ma non era certo colpa sua: c’era qualcuno, lassù in cielo, che ce l’aveva direttamente con lui … sì, era così di certo, perché a nessuna persona normale e innocente come lui poteva capitare una tale serie di disgrazie senza che se le cercasse e senza che nessun giustiziere divino mettesse un po’ di ordine nella sua faccenda … l’unico vantaggio era che, per lo meno, quella sera aveva incominciato a piovere solo quando lui era già entrato in casa, in modo che almeno non aveva macchiato di fango il pianerottolo e i vicini non avrebbero potuto lamentarsi con lui se l’ingresso puzzava inconfondibilmente di cane bagnato … lui non ce l’aveva mai avuto un cane, e gli sarebbe piaciuto … gli sarebbe piaciuto molto …

*


Un fascio abbagliante di luce illuminò la sua camera, e Gianni si affrettò ad alzarsi dal letto e a vestirsi. Era in ritardo, in un tremendo ritardo. Perché la sveglia non aveva suonato? Non riusciva nemmeno a vederla sul comodino mentre, alla debole illuminazione della torcia che teneva in mano, cercava i suoi abiti e se li metteva in tutta fretta. Probabilmente se l’era dimenticata da qualche parte in casa, concentrato com’era nelle sue riflessioni … ma ora non c’era tempo, non c’era tempo! Doveva uscire, ora!
Indossò le prime scarpe da ginnastica all’ingresso che riuscì a trovare, si scaraventò fuori sbattendo la porta e corse sulla strada. Fortunatamente aveva smesso di piovere, perché aveva dimenticato l’ombrello e in ogni caso non avrebbe avuto il tempo di tornare indietro …
Percorse più veloce che poteva tutta la strada, saltando dalla fioca luce di un lampione all’altro, e l’acqua fangosa di una pozzanghera quasi non gli bagnò le calze quando, nella fretta, ci finì dentro in pieno. Ora le scarpe sarebbero state irrevocabilmente macchiate, ma lui non aveva assolutamente tempo di controllare se fosse presentabile, perché doveva andare … doveva correre, correre, correre
E finalmente la vide.
Con il fiatone, si avvicinò alla vetrina vuota della grande agenzia viaggi che si trovava a pochi passi dall’isolato dove viveva lui. Non c’era appeso nessun manifesto di qualche viaggio, e quindi lui riusciva a vedersi nel vetro sgombro come se fosse uno specchio: eccolo lì, sudato e accaldato, con i vestiti sgangherati e i capelli che andavano dove volevano, e alle sue spalle solo i puntini di luce dei lampioni e delle stelle rischiaravano la nottata buia.
Gianni si fissò i piccoli occhi neri per qualche secondo, cercando di prendere fiato e di riordinare le idee.
Le parole gli uscirono dalla bocca quasi da sole.
«Mi è arrivata oggi. Sì, la bolletta della luce, come sempre. Puntuale come un orologio svizzero. Farò fatica a pagarla, lo so già, e probabilmente andrò in debito con la banca … e poi me ne arriveranno altre: quella del gas, dell’elettricità, del telefono …».
Mentre ne parlava, se le figurava lì, davanti ai suoi occhi: una montagna di fogli pieni di numeri e di buste marroni che gli volavano intorno, e lui che cercava di mettere un po’ di ordine in tutta quella carta che volava, volava … ma no, non se lo stava immaginando! Eccole lì, nella vetrina! E volavano disordinate, si dividevano, si spiegazzavano, si muovevano, si scurivano … ed ecco, si erano fermate! Sentiva un’afosa umidità sulla pelle sudata, ma non osò scuotere un po’ il suo nuovo cappellino da esploratore davanti alla faccia a mo’ di ventaglio: non voleva farle scappare. Cercando di fare il minor rumore possibile, si acquattò vicino a un cespuglio verde brillante lì accanto, le scarpe da trekking che sprofondavano nel terriccio bagnato, per godere solo lui del bellissimo spettacolo che gli si era appena presentato davanti agli occhi: una moltitudine di farfalle monarca, dalle ali arancioni e nere, ricopriva come un magnifico vestito gli alberi della foresta pluviale del Messico centrale, ed era lui, di tutto il gruppo che era partito quella mattina, a vederla per primo, e da solo! Non c’era nessuno intorno a lui, nessuno che potesse disturbare quel momento magico di lui e la natura come un tutt’uno …
«Signor Gianni, la prego di ritornare nel gruppo! Questi monti sono pericolosi per chi ci si addentra per la prima volta!», lo richiamò la guida, ma né lui né le farfalle parvero sentirlo e avere qualche reazione …
Eppure quel signor Gianni continuava a risuonargli nelle orecchie, come il ripetitivo motivetto che si continua controvoglia a cantare quando ormai è entrato in testa; e in effetti gli sembrava proprio una musica leggera, il signor Gianni signor Gianni, come se a sussurrarglielo nelle orecchie fosse una delicata e suadente voce di donna … Laura?
Ed ecco, l’immagine cambiò improvvisamente: c’era il profilo della ragazza, con il borsone in mano, che camminava per la strada e si allontanava da casa sua … e i lunghi capelli castani, che a lui erano sempre piaciuti, continuavano a muoversi e a spettinarsi al vento. Sembrava quasi che si allungassero, da quanto erano scossi … sì, che si distendessero sempre più, come un enorme elastico teso al massimo, e che si aggiungesse un po’ di verde e di azzurro, anche nel paesaggio circostante … e lui restava sempre alla finestra, a guardare dall’alto, sempre più in alto … ed era a bordo di un elicottero, con l’autista che gli gridava qualcosa nelle cuffie, e guardava incantato fuori dal finestrino il paesaggio che stava sorvolando a bocca aperta: quasi un chilometro di acqua scrosciante che precipitava da un alto picco di roccia e si incanalava nel Kerepakupay, nel Parque Nacional de Canaima, in Venezuela; un unico, dritto, sgorgo d’acqua in caduta libera, bianco spumeggiante come … come … la barba del suo capo?
Sì, Sacchi, che lo voleva buttare fuori dalla fabbrica, e mentre glielo diceva si grattava quella sua irritante barbetta bianca perfettamente curata, come se fosse l’unica cosa importante nella sua vita. Gianni se lo figurò mentre se la toccava distrattamente e immaginò, per vendetta, di vedergliela crescere: venti centimetri, quaranta, ottanta … un metro, cinque, dieci, venti, cinquanta!
E non era più una barba: era un fiotto di sessanta metri di vapore, puntuale ogni novanta minuti quasi quanto la sua bolletta, nel parco nazionale di Yellowstone … e lui era lì a pochi metri dal getto, reso candido brillante dalla luce che passava attraverso le sue gocce. Quello stesso bianco lucido del suo freezer, gli venne in mente improvvisamente, dove ciò che Laura non avrebbe mai più cucinato per lui restava a congelarsi … e i cubetti di ghiaccio si ingrandivano, diventavano enormi, solidi e scivolosi … ed erano iceberg, che lui stava guardando dal ponte di una nave, coperto da una giacca imbottita di un colore marroncino spento, simile a quello della sua automobile … e il suo finestrino rotto, che i monelli tentavano sempre di distruggere, ad un tratto si allungò e lui non riuscì più a vederne la fine. Si alzò, per vederlo meglio, e chiese all’autista dell’elicottero dentro cui si trovava se fosse così pericoloso vivere lì, dato che lui lo trovava così bello.
«Ah, glielo assicuro, signor Ferrari, glielo assicuro! Attraversa tutta la California, e molti geologi temono che un giorno, a San Francisco, si verifichi un terremoto. Perché arriva fino a lì, sa? Mille e trecento chilometri di faglia, proprio così!».
Lui annuì ammirato e si affacciò di nuovo fuori a contemplare quello che sembrava un’enorme ferita della crosta terrestre, simile a una lesione aperta sulla pelle di un uomo o al graffio su un cellulare … sul suo cellulare. Chissà quante volte gli era caduto … l’ultima volta era stata l’altro ieri, quando lo aveva tenuto in mano fino a pochi secondi prima che gli scivolasse, per via del palmo sudato; e lo teneva ancora stretto tra le dita mentre si allungava sempre più e la terra incominciava a mancare sotto i suoi piedi … e non era il telefono che stava cadendo: era lui!
Stava scivolando giù dal versante di una montagna, perché era la prima volta che provava a scalarne una, e cercava di aggrapparsi freneticamente ad ogni sporgenza che intravedeva, senza successo; fortunatamente la sua guida si voltò, gli sorrise e gli tese la mano, con fare amichevole. Non aveva mai immaginato che Max sapesse scalare una montagna o che avesse questo tipo di hobby, eppure eccolo davanti a lui, a porgergli la mano … sospirò: nonostante si trovasse in una situazione così pericolosa, continuava a temere per lui. E se l’avessero licenziato insieme a lui? E se avessero licenziato – ancora peggio – solo uno dei due? Come avrebbero fatto a risentirsi? Gianni aveva sempre fatto fatica a iniziare un discorso da solo: la bocca gli si paralizzava, i denti si bloccavano, la lingua si attaccava al palato e lui si sentiva soffocare. Era umido e freddo, come se la temperatura fosse calata all’improvviso; e lui avrebbe voluto parlare con Max, ma non poteva, perché lui non c’era, era sparito, e poi, a dir la verità, neanche avrebbe voluto: alzando la testa, decine e decine di stalattiti gli sfioravano la fronte … quanto gli sarebbe piaciuto toccarne una, anche se la guida aveva ripetuto più volte di non farlo … non doveva farlo, proprio no, però se ci avesse provato di nascosto, forse nessuno si sarebbe arrabbiato … ma, ancora prima di toccarla, la stalattite si allontanò inesorabilmente, sempre di più … lui allungò il braccio per sfiorarla e …

*


Gianni si grattò la testa, cercando di fare ordine nel suo cervello confuso. Probabilmente aveva solo bisogno di un buon caffè che gli schiarisse le idee: l’alternativa era il dover ammettere che qualcosa si spostava o appariva dal nulla senza ragione, e lui quello non sapeva né poteva accettarlo.
Strizzò gli occhi, sforzandosi di ricordare, ma tutto sembrava essere andato come al solito: la sera prima, quando era tornato dal lavoro, aveva lasciato il suo paio di scarpe vicino al portaombrelli dell’ingresso e quella mattina, come tutte le altre, le stava ritrovando lì.
Allora perché lui non le ricordava sistemate così vicino alla porta? Si erano spostate durante la notte, per caso? Ma no, non era possibile: sicuramente le aveva messe lì in modo diverso dal normale. Eppure, se veramente fossero state in quel punto lì, non sarebbe potuto inciampare, perché erano troppo distanti dal corridoio per camminarci sopra per sbaglio.
Improvvisamente gli venne in mente che probabilmente c’era dentro un topo che le aveva usate come tana: durante la notte, le scarpe si erano realmente spostate, ma a causa di niente di sovrannaturale. Visto? Problema risolto: nessuna magia in casa, tutto tranquillo, tutto ordinario …
Si chinò per osservarle meglio e per stanare il ratto quando improvvisamente notò un’altra cosa incredibile, che quasi gli fece fare un salto sul posto.
Le scarpe erano sporche di fango.
Su questo era certo: la sera prima, aveva incominciato a piovere dopo che lui era entrato in casa.
Era un punto fermo che riuscì finalmente a porre: le sue scarpe non avrebbero potuto imbrattarsi di acqua sporca delle pozzanghere. L’ultima ipotesi da abbracciare sarebbe stata quindi il dover ammettere che era effettivamente uscito quella notte.
Lo aveva fatto?
A meno che non fosse sonnambulo, e non lo era mai stato, era sempre rimasto nel suo letto. Era certo stata una notte movimentata – in sogno, aveva visto foreste, cascate, un geyser, degli iceberg, la faglia di Sant’Andrea, la scalata di una montagna e persino la visita a una grotta – ma quello solo nella sua testa, e poi si era addirittura svegliato in anticipo.
Come se non avesse avuto abbastanza preoccupazioni, però, sembrava che i suoi pensieri si fossero materializzati in quelle piccole e odiose macchie di sporcizia sulle sue scarpe nuove, che fino alla sera prima erano immacolate.
Sospirando, le indossò e uscì da casa a fare una passeggiata. Poteva sperare che l’aria inquinata del suo quartiere, in cui viveva da anni e dal quale non si era mai spostato, gli avrebbe illuminato il cervello, se solo avesse trascorso quella mezz’ora in più che aveva di tempo a sgranchirsi un po’ le gambe; ma ne dubitava molto: il cielo nuvoloso era esattamente uguale a quello del giorno precedente, e per la strada, oltre alle pozzanghere, non si riusciva a vedere niente di particolarmente innovativo rispetto al solito. Dopotutto, Milano era sempre uguale a se stessa in quel piccolo angolo di città dove lui viveva, e non poteva certo permettersi di sperare in una novità da un giorno all’altro … non gli erano mai piaciute, poi, le novità …
E improvvisamente la vide.
Con il cuore che batteva a mille, si avvicinò alla vetrina della grande agenzia viaggi che si trovava a pochi passi dall’isolato dove viveva. Quel luogo, in quella particolare mattina, gli era stranamente legato: sentiva dentro il petto che lì era successo qualcosa, ma non riusciva a spiegarselo …
Il vetro era talmente lucido che poteva specchiarvisi, e così si osservò sovrappensiero mentre si grattava la testa, mentre alle sue spalle il sole faceva capolino da dietro i tetti delle case … e fu sorpreso di notare, forse per la prima volta, la giovane impiegata seduta al bancone. Era una donna dalle curve delicate, con corti capelli neri a caschetto, e in quel momento stava sfogliando un po’ di fogli scritti fittamente. Non se n’era mai accorto, ma lei era molto carina quando era concentrata: era molto diversa da Laura, ma non per questo meno attraente.
Improvvisamente lei alzò lo sguardo verso di lui e gli sorrise.
Lui ricambiò, perplesso, e fu scosso da un tremito di eccitazione che non provava da molti anni.
Poi si fissò di nuovo le scarpe, chiedendosi come mai fossero macchiate.
Ma alla fine, che importava?
Gianni si osservò un’ultima volta, si sistemò velocemente i capelli ed entrò con decisione nell’agenzia viaggi.

Edited by Sylvia Green - 31/1/2015, 17:36
view post Posted: 30/1/2015, 20:34 Lo chiamavamo "aguzzino" - No comment
E' vero, Lavella, me ne ero dimenticata... vabbé, sarà per la prossima volta ;)
view post Posted: 22/1/2015, 14:33 Sono davvero uno scrittore? - Chiacchiere
Quietrot, io non sono d'accordo con la tua definizione perché credo ancora che uno scrittore sia un artista. Per quanto riguarda Kafka, la storia non si fa con i se: se non avessimo letto le sue opere, nessuno avrebbe potuto definirlo uno scrittore. Magari ci sono un sacco di scrittori latini e greci di cui noi non conosciamo niente, e quindi per noi non sono scrittori. Un artista, secondo me, non può esistere senza un pubblico.

Edited by Sylvia Green - 22/1/2015, 14:54
view post Posted: 21/1/2015, 22:39 Sono davvero uno scrittore? - Chiacchiere
Mi inserisco anche io nella discussione... secondo me uno scrittore è chi sa scrivere, e lo decidono i suoi lettori. Il saper scrivere include il narrare avvenimenti che sono o vengono resi interessanti, creare un mondo fantastico, ideare personaggi coinvolgenti e reali... poi dipende dai gusti del singolo. Scrivere fantasy e scrivere romanzi storici è sempre saper scrivere; ma non necessariamente chi scrive fantasy sa scrivere romanzi storici, e viceversa, e ciò non vuol dire che allora se non si sa scrivere fantasy non si possa essere scrittori.
Chi pubblica, invece, è un autore, ma non necessariamente scrittore: onestamente, non mi sentirei di definire E. L. James scrittrice. Adesso che poi c'è anche la possibilità di autopubblicarsi, cani e porci potrebbero diventare scrittori solo perché vengono pubblicati, e la cosa non mi piace per niente. Prendete ad esempio il recente libro di Francesco Sole...
Chi vive dei suoi romanzi... o è un grande scrittore o è un folle (vedi Jack Bible, che scrive un romanzo al mese).
Chi scrive per passione, invece, ma non ha mai pubblicato niente e quindi non ha lettori che possano giudicare, è un aspirante scrittore.

Per quanto riguarda il test, è risultato 15... mi sento molto importante :D
view post Posted: 21/1/2015, 22:25 Più abiti o più libri? - Chiacchiere
La conoscevo già questa storiella... l'avevo letta su una pagina di facebook e purtroppo in questi casi non si sa mai chi è il vero autore :( Molto carina, comunque :D
52 replies since 21/6/2012