Abaluth - Scrivere, leggere, arte e cultura

Posts written by tera

view post Posted: 6/9/2013, 10:35 ... dell'anima di Alessandra. - 4-Fine del cammino
Questa era la storia della mia nonna.
La mia nonna è morta pochi mesi fa, a 97 anni. A 38 anni dall’ambientazione che ho dato all’ultimo racconto. Non ha mai smesso di servire. Era in perfetta salute, viveva da sola, badava a se stessa e alla casa perfettamente (meglio di me!). Curava persino l’orto, e continuava a dispensare le verdure ai figli. Certo, era aiutata da suo genero Luigi, rimasto vedovo. Sì, mia nonna ha perso un’altra figlia, Rosalia, due anni fa.
La mia vita sta interamente dentro quei 38 anni: nel 1975 non ero neanche nata. Da allora Alessandra ha avuto altri nipoti e una miriade di bisnipoti (sedici, quasi diciassette). Andavamo a trovarla tutti, io con i miei cinque figli. E lei non si spazientiva del disordine che facevano i bimbi piccoli, anzi, serviva loro l’aranciata nei bicchieri della festa, e insisteva con me di non star lì a lavarli io, che lo voleva fare lei («non ho niente da fare!»).
Più di ogni cosa ricorderò il presepe, di mia nonna. Le statuine di una volta, tutte. La capanna vecchia, le pecore di gesso senza zampe (l’umido del muschio le corrodeva). Qualche mio zio ad un certo punto le aveva regalato una capanna nuova. Così lei ne metteva due. E poi ecco che aggiungeva ognuna delle sue statuine di porcellana, le foto di figli, nipoti e nipoti bis, e ogni soprammobile che aveva raffigurante persone o animali. Tutto metteva, nel presepe.
«Nonna, hai messo anche il passerotto di ceramica?»
«E sì,» diceva ai bimbi. «Tutti vanno da Gesù. Tutti.»

Mia nonna ha guardato il mondo cambiare dalla sua casetta di via Vittorio Veneto. Nella sua semplicità fuori moda, fatta di doveri quotidiani, Famiglie Cristiane, Sante Messe, Coop, visite dei figli. E nel dolore che ha passato, come quello di tutti, da sempre, che la moda invece non riesce a cambiare.
Io la penso con dolcezza. Lei aveva detto: «Lo so che tocca a me. Tocca a me, ormai. Prego e cosa chiedo. Un giorno? Una settimana? Un mese? No, basta, tocca a me adesso. Io chiudo gli occhi, il Signore mi prende.»
Cara nonna, capisco la tua vita man mano che percorro la mia.
La tua non è stata una vita straordinaria. Anzi, è stata davvero ordinaria. La forza, la rettitudine e l’ottimismo con cui l’hai vissuta sono state straordinarie. La tua anima, è stata straordinaria.
view post Posted: 29/8/2013, 13:27 Partecipanti al torneo - Torneo letterario Sfida all'ultima penna
Vero quiet, fantasma dagli occhi verdi, chiaro, ma intendevo restare sull'idea che mi dava l'"ed" di eyed. Mettiamola così: Fantasma verde-occhiuto. Intendevo quello. Ma io l'inglese non lo so mica, infatti l'ho detto per ridere. :)
view post Posted: 29/8/2013, 12:48 Partecipanti al torneo - Torneo letterario Sfida all'ultima penna
ahah! Dovrei scriverlo ancora.
Magari in versione ridotta...
Complimenti fantasma verde occhiuto! Sei stato bravissimo!
view post Posted: 14/8/2013, 11:49 Partecipanti al torneo - Torneo letterario Sfida all'ultima penna
Bravi finalisti!
Grazie a tutti anche alla giuria.
Non avrei saputo continuarla, la mia storia. Ci ho provato, forse con troppo poca convinzione, forse invece con incoscienza (senza potercela fare fin dall'inizio). Delle idee di "vita" che mi erano venute in mente ho scelto la più ambiziosa, che mi coinvolgeva troppo, emotivamente. Risultato è stato che ho scritto con difficoltà e senza essere libera. Si conclude qui la storia della mia nonna. L'ultimo capitolo l'avrei intitolato "dell'anima.", lo dico solo a onor della cronaca, per chi si starà uccidendo per la curiosità. C'erano altri 38 anni di vita, tutti uguali. Perchè la mia nonna mi ha offerto da bere nei bicchieri belli del servizio (facendo tutto lei) fino al giorno prima che il suo cuore si fermasse. A 97 anni.
Ok, ok, vi passo i fazzoletti e la smetto. :)
A presto!
view post Posted: 11/8/2013, 14:05 Partecipanti al torneo - Torneo letterario Sfida all'ultima penna
acc., e io che speravo nell'abbandono da parte degli avversari. Illusa!
BRAVI a tutti, ce l'avete fatta!
Poi avrei una domanda per la giuria: ogni volta giudicate il singolo racconto o tenete conto dell'insieme che ne sta uscendo (ovvero anche di quelli prima)?
Potete rispondermi anche dopo aver giudicato. Grazie.
view post Posted: 7/8/2013, 09:27 Partecipanti al torneo - Torneo letterario Sfida all'ultima penna
Ce l'ho fatta. L'ho postato.
Scusate il ritardo, montagna, malattie dei figli, poca concentrazione... e un gran caldo.
view post Posted: 7/8/2013, 09:24 ... dell'amore, ... - 3-Maturità
La büseca, o “trippa” come la chiama la mia nipotina che va già a scuola, la so fare ad occhi chiusi. I fagioli sono freschi di quest’anno, non serve neanche ammorbidirli. La trippa è quella del macellaio. Che tempi quelli in cui le trippe erano le nostre! Devo dire che comprarle già pulite ha i suoi (numerosi) vantaggi.
La preparo tagliata e la metto a soffriggere con la cipolla nel burro, con un pochino di lardo.
Intanto preparo anche la torta paesana. Apro il pensile, tiro fuori dal sacco il pane secco e lo metto in ammollo nel latte. Lascio lì affinché si inzuppi bene.
Dopo un attimo sento già il profumo del soffritto di carne e cipolle, quindi aggiungo rondelle di carota, il sedano tagliato, un pochino di brodo, sale e pepe. Qui mettono anche la salsa di pomodoro, ma io sono fedele alla modo di farla di mia nonna. Far la trippa senza la passata mi da il senso d’appartenenza al mio paese (che poi è a non più di dieci chilometri da qui, in realtà).
Ora devo aspettare un buon quarto d’ora per far stufare bene il tutto, dopodiché aggiungerò i fagioli e il resto del brodo, per poi coprire e lasciare andare per almeno un’ora.
Intanto posso preparare quello che ho in casa per la torta: ho un pochino di frutta secca, qualche biscotto da sbriciolare, zucchero e cacao. Credo possano bastare.
Accendere il forno è un attimo: fiammifero, gas ed ecco che con una comoda manopola decido la temperatura. Non è la stufa economica della cascina che avevamo con mia suocera, né il forno a legna dei miei genitori, in comune a tutta la corte.
Questa cucina con forno l’ho vinta con i punti dei questionari. Così come il frigorifero e la lavatrice.
La lavatrice soprattutto è un miracolo della tecnologia. L’inventore dovrebbe passare alla storia come eroe mondiale. E anche questa macchina da cucina non scherza: si decide la temperatura, si spegne quando si vuole, si alza e si abbassa la fiamma dei fornelli a piacimento.
Ma non divaghiamo, che lo so che tra poco inizierà la processione dei figli.

Tranne Diego che vive ancora in casa, gli altri si presenteranno con i loro pentolini da qui a due ore massimo, a ritirare come tradizione vuole, la loro porzione di büseca e “se c’è grazie, mamma”, il loro trancio di torta. Anche Adriano viene su con la pentola, e abita praticamente nella mia stessa casa, al piano di sotto. Ci fosse una figlia o una nuora che avesse imparato a farla, la trippa! O la torta paesana… Niente! Le nuove generazioni sono così. Magari sono anche capaci, ma non gli interessa farlo.
I miei figli le scuole medie le han fatte tutti e Teresa persino le superiori (ragioneria serale). Adriano ha fatto un professionale di disegno tecnico, ed ha aperto un laboratorio con un paio di macchinari. E’ qui nel cortile, ha costruito un capannone sacrificando un pezzo del mio orto. Ci lavora anche Diego e devo dire che sta andando bene. Una continua espansione, parla di assumere qualche operaio.
Però sono tutti chiusi nei loro appartamenti, senza neanche un giardinetto per metter giù due pomodori. E alla sera guardano la televisione, che in casa nostra è entrata meno di dieci anni fa.
Io ho passato quasi cinquant’anni senza televisore, e la sera lo sapete, mio papà ci faceva dire il rosario in stalla. E adesso nessuno ne riesce a fare a meno, della tivù, nemmeno i bambini.
Io la guardo poco, preferisco passare la mia serata a sferruzzare babbucce e maglioncini, altra cosa che le mie figlie saprebbero anche fare, ma che morire a prendere in mano i ferri (sempre a dire che non hanno tempo, ma se nemmeno lavano a mano!). Oppure produco centrini e presine a uncinetto per la pesca di beneficenza della parrocchia. Questo mi fa venire in mente che domani pomeriggio ho il turno al banco.

Per intanto facciamo la torta: teglia imburrata e cosparsa di farina pronta da parte, un grande cucchiaio di legno e la pentola del pane ammollato nel latte. Giro bene per sentire se si è imbevuto tutto, poi intervengo con le mani ben pulite a rompere i grumi più ostici, fino a che la zuppa non è omogenea. Poi pian piano aggiungo un paio di uova, il cacao, lo zucchero e gli altri ingredienti che ho: biscotti sbriciolati, frutta secca, qualche scorzetta di arancia che avevo caramellato a suo tempo, dell’uvetta che ho comprato al negozio. Poi, mio tocco personale, un po’ di marmellata di albicocche (la mia, fatta il mese scorso). Verso il tutto nella teglia e inforno. Ho imparato a mie spese che questo forno non è il forno a legna della corte dove tutte le famiglie facevano un’infornata collettiva profumata e, chissà come, sempre perfetta. Torte alte e soffici, un aroma di cioccolato che era il paradiso, e senza morire di caldo dentro casa, come adesso. Con questa cucina serve tenere la torta non troppo alta, e inserire una teglia con l’acqua, perché non faccia la crosta secca. Se questa è la torta paesana della festa patronale, e se la maggior parte delle parrocchie festeggiano l’Assunta, mi chiedo se non si possano aggiornare le tradizioni ai tempi moderni ed eleggere come torta paesana un semifreddo, tipo un budino.
Intanto che la sudata del quattordici agosto ha inizio (trippa a stufare e forno acceso, con fuori un sole da Africa) continuo il mio solito tran tran di questo periodo: i fagiolini da pulire e lessare, le zucchine da far andare (comincerò a tagliarle, almeno), l’insalata da lavare e asciugare, e avrei persino da fare la passata, ma rimando a domani pomeriggio.

Mentre sto finendo di pulire l’insalata, arriva Rosalia con suo marito Luigi e la loro figlia Antonella. Antonella è la mia nipote più grande, a settembre inizierà la seconda elementare. Luigi, il mio genero, è il contrario di tutto quello che ho detto finora: lui fa l’orto (l’unico!). Del resto è di una generazione ancora di mezzo: lavora in fabbrica e vivono in un palazzo, ma i suoi genitori avevano un pezzetto di terra (proprio vicino alla cascina in cui stavamo con Antonio e mia suocera), che adesso è suo e dei suoi fratelli.
-Buongiorno Sandra, sta lavando l’insalata?
-Sì, ma sta per andare in pianta.
-È il caldo sicuramente, sta facendo così anche la nostra.
-Ne volete un po’?
-No mamma, ce l’abbiamo- interviene Rosalia. -Piuttosto hai delle uova?
-Oh, le ultime le ho usate per la torta. Ma se hai un attimo vado a vedere.
-Nonna, nonna, vengo con te!- grida Antonella. Io rido e la prendo per mano: so benissimo che sulla porta del pollaio la dovrò prendere in braccio per la paura che ha sempre avuto delle galline.
-Andiamo piccolina!

Stiamo ritornando con ben cinque uova quando Antonia si affaccia dalla porta del piano di sotto.
-Ciao Antonella!- grida contenta. -Siamo appena stati alla fiera, la mamma mi ha comprato un pesciolino rosso!! Vieni a vederlo!!- Non riesce a fare a meno di urlare, cara la mia seconda nipotina, anche se in casa sicuramente il suo fratellino sta facendo la nanna.
Lascio Antonella a casa dalla cuginetta e salgo le scale verso il mio appartamento.
-Mamma- mi chiede Rosalia che intanto è andata sul terrazzino del pianerottolo –stai facendo seccare le aromatiche?
-Sì, tu non le hai? Prendine pure.
Stiamo a chiacchierare un po’, beviamo un’aranciata, e appena la trippa e la torta sono pronte prende la sua porzione e si congeda.
-Cosa fai domani mamma?
-Vado alla prima Messa, perché dopo ho il turno alla Pesca di Beneficienza.
-Allora veniamo anche noi, così portiamo Antonella alla fiera.

Mentre Rosalia è ancora al piano di sotto a casa di Adriano (sento che sta cercando di convincere Antonella a tornare a casa), arrivano contemporaneamente Teresa e Nicoletta, con i loro figli. Quello di Teresa ha tre mesi, il mio quinto e ultimo nipote, per ora. Nicoletta invece ha un bambino di due anni: pur essendo più piccola di Teresa si è “sbrigata” prima, per così dire, in un modo che né mia nonna né mia mamma avrebbero approvato. Ma l’importante è che sia felice e che il bambino stia bene. Suo marito, in effetti, è un uomo d’oro che viene dal Meridione e lavora in fabbrica.
-Ciao mamma- dice Nicoletta.
-Ciao mamma- fa eco Teresa. –Che profumo delizioso.
Mi baciano entrambe.
Ed entrambe hanno in un braccio il loro bambino e nell’altra mano… il pentolino!
-Dammene tanta mamma, che l’anno scorso Giuseppe l’ha divorata tutta lui. Dice che sua madre non la fa così buona!- dice Teresa.
-Che profumino mamma, hai fatto anche la torta?- sta chiedendo Nicoletta
-Oh, stai lavando l’insalata! Buona! Me ne dai un po’?- Teresa.
-E i fagiolini!- Nicoletta, sollevando il coperchio di un’altra delle pentole sul fornello. –Sei proprio in gamba mamma!
-Quanti pomodori! Fai la salsa? Dammene un po’ da mangiare in insalata!
Non faccio neanche in tempo a rispondere all’una e all’altra che stan già facendo tutto loro. Prendono, trigano, si spartiscono la verdura, notano le aromatiche, prendono anche quelle.
E io non posso fare a meno di essere contenta. Compiaciuta. Felice anche quando Gabriele scende dalle braccia di sua mamma per mettermi sottosopra la casa, felice anche quando mi chiedono da bere, e io le servo coi bicchieri belli. Anzi, ancora più felice.


Il giorno dopo, quindici di Agosto, festa dell’Assunta, sono piena di compiti da fare. Mi preparo in fretta per andare alla prima Messa, anche se non è quella principale della solennità, per guidare i canti, perché altrimenti non ci sarebbe nessuno a farlo.
Subito dopo la funzione mi fermo in piazza con le altre donne a preparare il banco della pesca. Si lavora e intanto si parla di quanto sono belli i ricami della Mariuccia, di come sono calde le coperte a quadrettini della Nerina e di come sono brava io a fare centrini. Poi si parla anche del nuovissimo “supermercato” che aprirà tra un mese, dove si potrà comprare tutto, e del prete che “forse ce lo cambiano”. Poi i soliti pettegolezzi e aggiornamenti di morti e matrimoni. Sono le mie amiche. E’ il mio paese.
La pesca, tra l’altro, va benissimo: pare che tutti abbiano dei soldi da spendere. Un buon periodo, che sembra debba ancora migliorare, dove la gente è serena e non ha preoccupazioni economiche.

Quando la Messa grande è finita vedo avvicinarsi al banco le mie due nipoti femmine, insieme, vestite della festa. Mi danno la loro moneta e estraggono un fogliettino, uno solo per tutte e due. Controllo il numero, verifico a cosa corrisponde ed ecco la loro vincita: una bellissima composizione floreale, fresca, di rose e margheritone.
-Ohi ohi, e adesso come fate a dividerla?- chiedo alle bimbe.
Si guardano furbe, le cuginette, e subito decidono:
-La diamo a te!
-A me?
-Sì, per il nonno!- dice Antonella.
-Sì, portali al nonno!- dice Antonia.
E scappano via felici.

E tornando a piedi dalla Piazza verso casa, devio per il cimitero. Il pranzo per Diego e per la sua morosa è già pronto, gli altri figli hanno la loro famiglia, io non ho da pensare ai bisogni di nessuno, per ora.

Anche la strada per il loculo di Antonio la potrei fare ad occhi chiusi. Mi fermo davanti alla lapide.
“20 aprile 1963” dice la scritta. Dodici anni fa. Quell’aneurisma improvviso ci ha messo solo tre giorni a portarcelo via.
Penso alle mie nipotine, che portano il suo nome, e appoggio delicatamente la loro bellissima composizione. Come sarebbe stato fiero di veder crescere i suoi nipoti!
“Tonin,” penso “un giorno sarò qui con te. Per ora, fin quando il Signore mi lascia, ho da fare qui. Devo servire.”
E aggiungo: “Tu stammi accanto, sempre. E aspettami. Finché non arriverò anch’io.”
view post Posted: 29/7/2013, 13:49 Partecipanti al torneo - Torneo letterario Sfida all'ultima penna
Stavolta non posterò per prima. Devo farlo ancora tutto! Vero Lupo, ero seconda dietro di te, ma solo di pochi minuti.
Grazie della fiducia giudici. volete un caffè, un thè, qualche pasticcino?
view post Posted: 28/7/2013, 14:04 D eufonica - Lessico, grammatica, sintassi
Meglio scrivere "E Edoardo" o "ED Edoardo"?
La D eufonica in questo caso mi pare cacofonica.
view post Posted: 15/7/2013, 15:37 ...della vita, ... - 2-Giovinezza
Il dolore arriva all’improvviso, lancinante. Per un attimo mi sembra di morire.
Sapevo che sarebbe arrivato questo momento, anzi, si può dire che lo aspettavo.
Solo che ora non mi sento pronta. Non ancora.

Antonio si accorge che sto male e mi è accanto in un attimo.
-Manda via i bambini- sussurro -mandali a Messa con Pierina. Mi sa che è ora.-
Pierina è mia suocera, vive con noi. È una brava donna, due volte vedova. Le è rimasto un figlio e Antonio che, a voler esser precisi, non è neanche figlio suo.

Poco dopo Adriano e Rosalia mi vengono a salutare con un bacio prima di uscire, puliti nei loro abiti della domenica e con le scarpe della festa. Mi vengono le lacrime agli occhi, ma non sospettano nulla. Pierina invece ha capito ma non dice niente, mi stringe forte la mano e poi va con loro. Dalla finestra li vedo avviarsi a piedi per la campagna verso il paese.

-Coraggio Sandrina….
Anche Antonio non sa bene cosa dire. Troppi sottointesi, troppo dolore.
-Dai sbrigati Tonin, vai via anche tu! Corri a chiamare l’ostetrica!

Finalmente sento la bicicletta partire. Forza Tonin, fai presto. Signore, fa che la signora Giovanna possa venire subito. Oh mamma che male!
Nonna, nonnina, nonnetta cara aiutami tu… Respiro profondamente, la testa e i pensieri in un limbo confuso.
Nonna ti prego, intercedi da lassù.
La contrazione si affievolisce. Il ricordo della mia cara e severa nonna riaffiora. Quanto ha sofferto, povera donna, l’ho capito solo crescendo, quando di soffrire è stato il mio turno.

Di nuovo sento montare la contrazione.
Forza Sandra, non pensarci. Pensa a qualcosa di bello, qualcosa di caro. Ecco il volto di Teresa. Teresa cara, che mi facevi quasi da mamma. Il volto di Teresa nella foto della lapide, serena, buona. Teresa guarda giù. Oh, la mamma lo diceva: “Beata Teresa, che è morta prima di tutto questo”. Lo diceva quando ci sono stati i bombardamenti, quando i tedeschi hanno cominciato a mitragliare i nostri partigiani, quando nessuno si è più salvato dalla fame.
Teresa guarda giù. Sono stata tanto male quando sei morta. Avessi saputo quanto avrei dovuto soffrire dopo!

La contrazione passa ma Antonio non è ancora tornato. O Signore ti prego, fa che arrivi presto con la signora Giovanna.
La signora Giovanna, Dio la benedica, fa la levatrice da tre generazioni. Ha visto nascere tutti, praticamente. Me no, perché sono nata in un altro paese, però ha fatto nascere i miei tre figli.
La vita prima di toccare il mondo passa nelle sue mani buone, ormai dure e callose. È stata un punto fermo negli anni di guerra appena passati, l’unica portatrice di notizie di vita.
Anche Cesare era stata una buona notizia.

Ecco che torna il dolore. Forte, totale, prende la pancia, i fianchi, le gambe, ammazza il respiro. Un dolore fisico e completo. E mi fa bene. Mi fa bene soffrire fisicamente perché il cuore è già stato spezzato. Mi fa bene per poter pensare a Cesare. Cesare, Cesare, Cesare, il pensiero segue il ritmo del respiro. Il mio piccolo bambino, bello, sveglio, solare. Finita la guerra sembrava che più giù non potessimo andare, avevamo pianto già tutto. Un nuovo bimbo, la repubblica (ne parlavano tutti con entusiasmo)…tutto avrebbe dovuto essere una speranza. Invece è arrivato il morbillo, quando Cesare aveva solo due anni.
“Il Signore dà, il Signore toglie”. Respiro.
“Il Signore dà, il Signore toglie”. Altro respiro.
“Il Signore dà….” sento il campanello della bici, Antonio è tornato. Sì, sento la voce: c’è anche la signora Giovanna. Dio la benedica.

-Sandra, sono qui, stai tranquilla.
Poi si rivolge ad Antonio:
-Tonio, metti l’acqua a bollire, una bella pignatta. Poi aiutami a portare Sandra in camera.
-Come va?- aggiunge poi dolcemente rivolta verso di me
-Adesso bene, ma i dolori sono molto forti, e sempre più vicini.
Mi aiutano a salire in camera, mentre sono investita da un’altra contrazione. Antonio mi sorregge, E quasi sorrido nel vedere com’è alto rispetto a me, è sempre stato così.
Posizionano gli asciugamani, preparano le pezze e la fasce pulite, Antonio porta l’acqua calda così che possa raffreddare.
-Andrà tutto bene- si è chinato su di me per posarmi un bacio lieve sulla fronte, prima di uscire, come gli ha chiesto di fare la signora Giovanna.
-Tonin ho paura…- sussurro mentre arriva un’altra contrazione. Di nuovo il dolore. Di nuovo la paura. Come quando andava in fabbrica durante la guerra, unica alternativa all’esercito: l’acciaieria per la costruzione di carri armati, sorvegliati dai soldati tedeschi col fucile. Quanti lunghi anni nella paura che non tornasse a casa, con tutti i mitragliamenti e i bombardamenti che ha subito la stazione ferroviaria… Quando il picco passa e riapro gli occhi, Antonio non c’è già più.
-Sandra, ci siamo quasi. Non aver paura. Il bambino ha la testa posizionata. Vedrai che andrà tutto bene.
La voce della signora Giovanna è sempre stata così rassicurante! Forse perché cosa si ha da perdere in momenti come questi a non crederle? Conviene farlo.
Cosa si ha da perdere a non credere in Dio? Conviene farlo: ne abbiamo bisogno. Arriveranno mai anni in cui l’uomo starà così bene da non aver bisogno del Signore? Lo spererei quasi, per i miei figli: spererei davvero che non debbano soffrire più la fame, la guerra, la malattia. Ma so che non succederà mai.
-Non ho forze signora Giovanna, non me la sento.
-Dai, Sandra, non dire così. Sei sempre stata bravissima. Tra una contrazione e l’altra riposa. Poi, quando arrivano le spinte, grida tranquillamente e assecondale.

Aiuto! Ma come ha fatto mia mamma a partorire sette volte!? E la nostra vicina ne aveva undici, di figli. Qualcuno mi dica come hanno fatto!! Oh mamma, se fossi qui… Grido con tutta la forza che ho in corpo, finché il dolore non passa.
Pausa. Respiro.
Mia mamma abita ancora al paese dove siamo cresciuti. Sta con i miei fratelli e le loro mogli. Lei è ancora in gamba, mio papà invece è invalido e sta a letto, accudito dalle mie cognate.
Anche le mie cognate hanno figli, anche loro ne hanno persi uno ciascuna, ancora piccoli.
Perché mia mamma non mi ha spiegato come si fa?! Non ce l’ho con lei perché non mi ha detto cosa avrei dovuto fare con mio marito, quello è una piccolezza in confronto, che si può benissimo imparare da soli. Io avrei voluto che mi insegnasse a sopportare la sofferenza, quella fisica e quella del cuore. Tutti si arrangiano, tutti non ne parlano, tutti ce l’hanno, ma vanno avanti. Io non ho ancora capito come si fa.

Di nuovo l’ondata di dolore, di nuovo grido.
E devo spingere, non posso farne a meno. Con una forza che non sapevo (o non ricordavo) di avere, urlando con una voce che chissà da dove mi esce, come se tutte le energie fossero arrivate in quel preciso punto. Sento uscire mio figlio, lo sento sgusciare fuori lasciando dietro di sé la sensazione di vuoto, come di respiro mozzo. E lo sento piangere.
Ossignore grazie.
Grazie.

Chiudo gli occhi, mi riposo un filo, cosciente dei rumori intorno a me, della signora Giovanna che l’ha preso in mano e sta annodando il cordone…
-Sandra, complimenti, sei stata bravissima. E… è una bambina!
Ossignore una femmina. Grazie.
Grazie.

-Adesso lo sai cosa succede, devi avere pazienza.
Inizia la tortura. Espulsione della placenta, schiacciamento della pancia, lavaggi per disinfettare eventuali lacerazioni. Per fortuna la signora Giovanna è proprio brava.
Passa poco tempo che ha finito: ha già fasciato la piccola, mi sta aiutando a mettere le bende assorbenti per il sangue che ancora perderò.
-Chiamiamo Tonio?- mi chiede poco dopo.
-Va bene, lo chiami- le sorrido.

Antonio arriva commosso, impaziente.
-Ecco Teresa- gli dico mostrandogli la piccola.
Lui non dice niente, si limita a sorridere raggiante. So che anche lui pensa a Cesare, lui che ha sempre avuto il buon senso di andare avanti, di essere allegro con gli altri bimbi, di tenermi il morale alto. “Cesare ci aspetta in cielo”, mi ha sempre detto. E io ci credo? Sì. Certo che ci credo. Cos’ho da perdere?
Antonio la solleva delicato, la guarda negli occhi stranamente spalancati.
-Sandra, ha gli occhi di due colori diversi!
-Ma va Tonin, poi i bambini li cambiano, gli occhi.
Resta un attimo perplesso. Poi la culla dolcemente e la porta alla finestra.
-Stanno arrivando gli altri.- mi dice.

-Ci vediamo al prossimo Sandra- sta dicendo intanto la signora Giovanna sorridendo.
-Oh no!- esalo io esausta. –Non credo proprio!
-Dicono tutte così. Vedrai…- mi strizza l’occhio. -Riposa adesso. Mandala a battezzare subito, intanto che non ha ancora fame, così poi quando torna la puoi attaccare al seno.
-Signora Giovanna grazie. Dio la benedica.
-Se non la finite voi mamme di mandarmi benedizioni, non muoio più!- ride lei facendo per uscire. Poi aggiunge perentoria ad Antonio:
- No, non accompagnarmi: state qui un attimo insieme.

Mi sento debole, forse ho un po’ di febbre, le gambe ancora mi tremano, ma sono leggera, sono felice, sono vuota da ogni pensiero negativo. Sento Antonio che mi stringe la mano mentre culla Teresa ed è come quel primo giorno dopo tanti anni, quando l’ho incontrato mentre tornavo a piedi alla filanda, lui sulla bici che pedalava dai campi verso casa. Che gioia quel giorno, forse uno dei più belli della mia vita. Mi ha riconosciuto, è smontato dalla bici e mi ha accompagnato per un bel pezzo di strada. Il giorno dopo ancora e il giorno successivo anche.
-I miei fiori?- solo il quarto giorno aveva osato chiedermelo, anche se sapevo che avrebbe voluto farlo subito, ma aveva paura me ne fossi scordata.
-Tonin, sono stupendi! Vieni a vederli?
E così eravamo tornati insieme alla sua vecchia casa, io in canna alla sua bicicletta, lui che pedalava.
Il roseto era cresciuto e prosperava rigoglioso, i tulipani e gli iris sarebbero fioriti di lì a un mese.
-Torneremo per portarli alla Madonna- mi aveva promesso.
Io l’avevo fatto tutti gli anni, senza la speranza di rivederlo, solo con la preghiera che Maria lo proteggesse.
E ora quanta grazia! Quanta felicità sentivo di avere. Mi raccontava tutto, dei suoi nuovi fratellastri, di Pierina, del suo lavoro, di suo papà che era presto mancato, di sua zia che si era sposata.
E poi lì al capitello della Vergine del Carmelo ci fidanzammo.
-Sandra, ti porterò via presto dalla filanda. Verrai a casa mia.
Alla filanda dovevo allevare quantità di bachi da seta, ingrassandoli a forza di foglie di gelso, per poi lessarli una volta che si fossero chiusi nel bozzolo. Ero costretta a lavorare perché sapevamo che la guerra era vicina ed eravamo poveri, ma io detestavo uccidere animali ed Antonio lo sapeva.
Ci sposammo per fortuna in fretta, nel ‘39. E per fortuna Antonio poté lasciare i campi per andare a lavorare in fabbrica, dove stavano assumendo moltissimi uomini. Mia sorella Elisa non fu così tempestiva: il suo fidanzato Francesco fu chiamato alle armi e restò via sei anni. Tornò a piedi dalla Germania dov’era prigioniero: era riuscito a scappare, ma dovette continuare a restare nascosto fino alla fine della guerra. Si sono sposati due anni fa. Adesso fa la pettinatrice con mia sorella Maria.
Del giorno delle mie nozze con Antonio ricordo mia sorella Teresa… sarebbe morta pochi mesi dopo.

E ora questa bimba porta il suo nome, che era anche il nome della nonna, anche se tutti la chiamavano Tea.
Se fosse stato un maschio l’avrei chiamato Cesarino, simile a Cesare ma un po’ diverso. Forse è meglio che sia una femmina.

Sono così stremata che quasi non mi accorgo che i nostri bambini sono tornati, sono entrati in stanza e il papà sta mostrando loro la nuova sorellina.
Apro le palpebre, mi sollevo un pochino e li vedo tutti insieme. Che bella famiglia che siamo… mi si apre il cuore. Rosalia ha sette anni, sarà già una bravissima mammina. Adriano ne ha dieci: potrà fare il classico, odioso fratello grande, come i miei hanno fatto con me!
Viene in camera anche Pierina, su invito di Antonio, timida, quasi che per troppo rispetto non osi varcare la porta (non credo che mia mamma usi queste accortezze con le sue nuore). Bacia la bambina, bacia me, poi si dà da fare per occuparsi della casa e del pranzo per garantirmi il riposo. E’ davvero una cara donna. Anche lei fa parte della mia stupenda famiglia.

Chiudo gli occhi e mi sento in paradiso.
Cesare, prima o poi arriverò davvero in paradiso, e staremo insieme, mio amato bimbo, con il tuo papà e con i tuoi fratelli. Per il momento sto qui, ancora una volta la speranza mi ha fregata ben bene, e sono ritornata ad essere felice.
view post Posted: 14/7/2013, 13:21 Partecipanti al torneo - Torneo letterario Sfida all'ultima penna
acc... ne avete fatti fuori parecchi! Quindi mi tocca finirlo davvero, questo racconto numero due. Ok, mi metto all'opera.
view post Posted: 8/7/2013, 15:28 Sulla morte, ... - 1-Infanzia
Stai cercando di ammorbidire l'avversario con lusinghe e caramelle? In guardia! Che poi finisce che ai complimenti ci credo davvero...
view post Posted: 3/7/2013, 16:11 Bando del concorso letterario Sfida all'ultima penna - Torneo letterario Sfida all'ultima penna
Quindi io sono giusto alla porta tre la giovinezza e la maturità.... e dire che mi sento ancora così bambina!
Grazie per i chiarimenti. Tempestiva ed efficiente!
view post Posted: 3/7/2013, 15:42 Bando del concorso letterario Sfida all'ultima penna - Torneo letterario Sfida all'ultima penna
Stavo pensando agli altri tre racconti, nel caso io vada avanti ovviamente, e mi si è presentata una difficoltà.
Giovinezza e maturità: come considerarli? La vita che racconterei io è davvero abbastanza lunga, quindi collocherei la giovinezza ai trenta e la maturità ai sessanta su per giù. Può andare come interpretazione o mi devo attenere ad un modo di pensare classico per cui sei giovane a diciotto-circa e adulto a trenta? Perchè sulla fine del cammino non ci sono dubbi, ma se il cammino sfiora il secolo capirai che i quattro capitoli bisogna cercare di distanziarli un po'.
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